L'ultima trattativa con ArcelorMittal è finita contro un muro. Così Invitalia ha chiesto al governo di ricorrere all'amministrazione straordinaria per Acciaierie d'Italia. L'arrivo del commissario è ora praticamente certo. Servono ancora alcune verifiche tecniche e poi domani il governo lo annuncerà ai sindacati dei lavoratori dell'ex Ilva e ai rappresentanti dell'indotto, convocati nel tardo pomeriggio a Palazzo Chigi. Ma Acciaierie d'Italia ha già in serbo una mossa protettiva che annuncia subito dopo il comunicato di Invitalia. Venerdì sera ha già presentato istanza di Concordato con Riserva per la capogruppo e le controllate. E' una procedura che prevede altri 60-120 giorni prima di presentare il Corcordato Preventivo che serve ad evitare un fallimento. Di fatto una contromossa preventiva - il cui esito è difficile da valutare e che secondo alcuni non bloccherebbe il commissariamento - che avvia una procedura diversa, che richiede tempi lunghi, da quella dell'amministrazione straordinaria.
Il confronto è arrivato al capolinea nel fine settimana e che fosse arrivato il momento delle scelte era chiaro. "Invitalia - ha scritto il socio pubblico di Acciaierie - dopo aver esperito negli ultimi mesi e da ultimo in queste settimane, in costante dialogo con il Governo, ogni tentativo possibile di accordo con il socio privato, preso atto dell'indisponibilità di quest'ultimo a contribuire a garantire la continuità aziendale o a sciogliere la joint venture in modo equilibrato e conforme alle normative vigenti anche di fonte europea nell'ambito di una situazione di crisi non dipendente dalla volontà né da responsabilità gestionali della parte pubblica, ha inoltrato oggi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, un'istanza per le conseguenti valutazioni tecniche e amministrative per la procedura di amministrazione straordinaria per Acciaierie d'Italia". Una richiesta decisa accompagnato da un duro j'accuse. Anche il ministro Adolfo Urso ha ricordato chiaramente che "l' investitore straniero che guida l'azienda (ArcelorMittal. ndr), e che ha la maggioranza delle azioni, non intende mettere risorse nell'azienda". E ne ha tratto la conclusione che "se non intende investire sull'impresa, credo che sia giusto che il Paese si riappropri di quello che è il frutto del lavoro, del sacrificio di intere generazioni". Non era in forse che il governo volesse ArcelorMittal fuori dall'ex Ilva. Si è trattato nelle ultime settimane sulle modalità dell'uscita.
Questo era l'obiettivo da definire. Per evitare l'amministrazione straordinaria sarebbe stato necessario che il gruppo franco-indiano decidesse di cedere la propria quota ad un altro acquirente. Che sciogliesse la joint venture. E sembra, a sentire le indiscrezioni, che l'interesse di acquirenti esterni non sarebbe mancato. Ad esempio quello del magnate ucraino Rinat Akhmetov, patron di Metinvest, che controllava l'Azovstal di Mariupol distrutta dai russi. Ovvio che un'acquisizione impegnativa come quella dell'ex Ilva dovesse passare per una due diligence, cioè un'esame attento di dati, produttività, dipendenti, commesse, magazzino, passitività. Un tema, quello dell'accesso ai dati, che è apparso complicato anche nel ping pong che Acciaierie d'Italia ha avuto con la Sace sull'applicazione del decreto per l'attivazione di garanzie per le società dell'indotto. Ma sul tappeto del confronto ci sarebbero stati anche altri nodi, che si è tentato di sciogliere per evitare che il braccio di ferro possa finire - come in parte è già accaduto - davanti ad un tribunale. La palla ora passa al Governo che scoprirà le carte, di una partita che oramai appare scontata, con i sindacati. Che premono e non nascondono la preoccupazione. "Nell'incontro di domani con il governo - dice il Segretario generale Fim Cisl Roberto Benaglia - ci aspettiamo soluzioni definitive da varare e attuare già da martedì e non ulteriori analisi, rinvii o nuovi approfondimenti". I sindacati vedono una situazione ulteriormente deteriorata dopo l'ultimo incontro di un mese fa. "Queste settimane hanno visto il Governo cercare ulteriori soluzioni - spiega la Fim Cisl - Ma il confronto ulteriore con i Mittal non ha aiutato la situazione. Per noi è finito il tempo dei capricci di una multinazionale e c'è solo da garantire il rilancio dell'azienda e soprattutto, di salvare la continuità produttiva e l'occupazione che per noi sono fondamentali". Già perché l'arrivo dell'amministrazione straordinaria non sarà una passeggiata. Non lo sarà per i fornitori, che rischiano di non vedersi ripagati e dovranno essere tutelati da Sace. Non lo sarà per i lavoratori esposti alle incognite che comporta un altro cambio di gestione e la gestione di una crisi.
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