(di Alessandra Moneti)
(ANSA) - ROMA, 02 MAR - L'export agroalimentare italiano
corre e, come sottolinea il presidente di Federalimentare Paolo
Mascarino alla presentazione di Cibus Connecting in cartellone
alle Fiere di Parma il 29 e 30 marzo con un migliaio di brand in
vetrina e 1300 top buyer da 90 Paesi, "nemmeno la pandemia e il
conflitto bellico in Ucraina sono riusciti a frenare questa
tendenza al rialzo delle nostre esportazioni nell'ordine del
+300% dal 2000 al 2022". "Performance importanti per il food &
beverage made in Italy: nei primi 11 mesi del 2022 - rimarca il
presidente di Agenzia Ice Matteo Zoppas - l'export aumenta del
16% rispetto al 2021 e supera i 54 miliardi. Ora è prioritaria
la lotta all'agropirateria: dobbiamo andare a riprenderci quello
che gli altri dicono loro", sprona. Con la stima di complessivi
60 miliardi di vendite all'estero nell'ultimo anno che si
consolida tra gli operatori del comparto. Imprenditori che non
vogliono tuttavia incensarsi davanti a una fetta di mercato
impensabile solo un decennio fa, ma anzi attrezzarsi insieme al
governo per superare questo tetto di cristallo e le debolezze di
sistema. L'imminente "Salone internazionale dell'alimentazione"
alle Fiere di Parma, oltre a definire una piattaforma unica
fieristica con Tuttofood della Fiera di Milano, ha l'ambizione
di mettere attorno a un unico tavolo esperienze di produzione e
innovazione nel comparto agroalimentare, industria e
distribuzione. "L'italian sounding è un problema che erode
potenzialità di vendite all'estero, ma lo è anche la fragilità
distributiva. Siamo forti in Austria perché ci andiamo
direttamente a vendere. Cibus è la fiera della
disintermediazione: vuole dimostrare l'importanza del contatto
diretto con la distribuzione e la ristorazione estera. E' questa
l'unica via di sviluppo dell'export autenticamente italiano" ha
detto Antonio Cellie, Ceo di Fiere di Parma, delineando, numeri
alla mano, una nuova geografia dei mercati da aggredire. "I più
alti numeri di spesa pro capite per le produzioni agroalimentari
made in Italy - ha precisato Cellie - si registrano in Svizzera,
Austria e Germania. In un anno un cittadino svizzero spende 177
euro per mettere in tavola cibo italiano, in Austria la spesa
pro capite si attesta sui 128 euro, mentre negli Usa la spesa
pro capite è equivalente a 14 euro e in Cina 0,2 euro. Il
potenziale è in Paesi affini, dove capiscono la nostra cultura
agroalimentare, e in Germania il nostro export può crescere. I
produttori italiani devono quindi guardare a queste geografie".
Altra leva di crescita per l'industia alimentare riunita a Cibus
Connecting è l'innovazione. "Non parliamo di insetti, il novel
food non esiste - per Cellie - di fronte alla qualità: se voglio
delle proteine ci sono le farine di piselli o gli italianissimi
lupini come vegetable ready meal. E per fortuna in Italia finché
resiste l'esperienza delle grandi aziendi familiari, non in
portfolio della finanza, il pericolo di successo del cibo
sintetico non si pone". "A Cibus - conclude Luca De Carlo,
presidente della Commissione Industria, Commercio, Turismo,
Agricoltura e Produzione agroalimentare al Senato - la grande
attenzione all'innovazione ci consentirà di affrontare le sfide
con un approccio scientifico, dando inoltre visibilità a giovani
imprenditori, università e incubatori di idee". (ANSA).