(di Barbara Marchegiani e Paolo Rubino)
(ANSA) - ROMA, 17 APR - Nessuna risposta sulle questioni più
attese, dai salari alle pensioni, al rinnovo dei contratti
pubblici. I sindacati vanno all'attacco e bocciano il Def,
varato la scorsa settimana dal governo, e nel corso delle
audizioni davanti alle commissioni Bilancio di Senato e Camera
cristallizzano il giudizio che, a partire dalla Cgil, è
"negativo". Pertanto, a loro avviso, restano tutte le ragioni
per andare avanti con la mobilitazione unitaria che vedrà Cgil,
Cisl e Uil in piazza a maggio per tre volte di fila, di sabato
(il 6 a Bologna, il 13 Milano, il 20 a Napoli).
Sul Documento di economia e finanza arriva anche la posizione
di Confindustria, che "valuta positivamente" il fatto di
destinare tre miliardi quest'anno al taglio dei contributi per i
lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi anche se, dice il
direttore del Centro studi, Alessandro Fontana, "si tratta di un
ammontare esiguo che dovrebbe essere integrato con altre
risorse" da recuperare attraverso "un'attenta revisione" della
spesa pubblica. Un punto su cui da tempo insiste viale
dell'Astronomia, con la proposta rilanciata più volte dal
presidente Carlo Bonomi di un taglio da 16 miliardi con la
riconfigurazione del 4-5% della spesa pubblica. Ora, se
l'equilibrio dei conti è "cruciale" e le risorse di bilancio
saranno "limitate, le uniche vere" a disposizione sono quelle
previste da Pnrr e RepowerEu e dai fondi di coesione, che dunque
vanno utilizzate "tutte e in modo efficiente", torna ad ammonire
Confindustria.
Sono "insufficienti" i tre miliardi sul taglio del cuneo,
attaccano ancora i sindacati, che pure sostengono un intervento
in questa direzione ma per una riduzione di 5 punti e subito
(non nell'arco della legislatura, come intende fare il governo)
sui redditi medi e bassi, che sia strutturale e quindi
finanziato con almeno 10 miliardi in legge di Bilancio, insieme
al fiscal drag, "l'indicizzazione delle detrazioni". Intanto non
c'è ancora la riforma delle pensioni con il superamento della
legge Fornero e l'introduzione di regole più flessibili e,
sostengono, non ci sono le basi per il rinnovo dei contratti
pubblici per il triennio 2022-2024. Il Def "non è adeguato alla
fase che sta attraversando il Paese. Mancano risposte
strutturali per limitare i prezzi, sostenere i redditi da lavoro
e pensione anche attraverso la via fiscale e per sostenere la
coesione sociale", afferma la vicesegretaria generale della
Cgil, Gianna Fracassi, parlando davanti alle commissioni. "Ci
sembra un documento troppo difensivo, che non aiuta a far
agganciare al Paese la sfida della ripartenza", sostiene il
segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga. E' "una
occasione mancata", dice il segretario confederale della Uil,
Domenico Proietti. Nel Def "non ci sono le risposte che
attendevamo. I lavoratori dipendenti e i pensionati continuano a
subire una perdita del potere d'acquisto", rimarca il numero uno
Pierpaolo Bombardieri. E, a loro avviso, manca anche la svolta
nella lotta all'evasione fiscale.
Ma è sul Pnrr che si concentra l'attenzione anche delle altre
associazioni d'impresa, oltre che dei sindacati. Da
Confcommercio che chiede di riportare su "un sentiero virtuoso
il percorso di realizzazione" del Piano nazionale di ripresa e
resilienza, all'Alleanza delle cooperative che, in questo
scenario di prudenza, avverte che "il destino del Def dipende
dal Pnrr, i cui ritardi di attuazione destano una forte
preoccupazione". Fondamentali le riforme e "su tutto va
garantita la piena attuazione del Pnrr", sostiene anche
Confartigianato. Dal fronte delle imprese in molti sottolineano
la prudenza del Governo: da un lato garantisce l'equilibrio dei
conti pubblici, dall'altro pesa per l'esiguità di risorse, la
dipendenza da altre partite (come Pnrr, Repower Ue, e Fondi
Coesione), l'attesa rinviata al 2024 per risorse da investire
nella riforma fiscale, "grande assente del Def" come sottolinea
Confesercenti. (ANSA).