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Un anno dopo il disastro, l'ANSA girò un reportage all'interno del sito
11 marzo del 2011, ore 14,46: una potenza devastante di magnitudo 8.9 innesca una serie di tsunami. Un autentico muro di acqua alto 10 metri si abbatte sulla prefettura di Fukushima, con almeno 1.800 case spazzate via. Miyagi è devastata.
Sono passati otto anni da quel terribile sisma/tsunami di magnitudo 9. A un anno da quella apocalisse, nel 2012, l'ANSA entro' nella centrale nucleare.
Ecco il racconto e le immagini di quei momenti.
28 FEBBRAIO 2012 - Il 'mostro' fa meno paura. Almeno all'apparenza. ''La situazione e' molto diversa rispetto a un anno fa, ora e' piuttosto stabile'', cerca di rassicurare Takeshi Takahashi, il manager della Tepco a capo della disastrata centrale di Fukushima, incontrando nel bunker antisismico dell'impianto un pool di media stranieri, tra cui l'ANSA, prima testata italiana a visitare il sito.
Takahashi parla di volonta' di ridurre la contaminazione, di difficolta' nel recupero delle barre di combustibile (''c'e' il precedente di Three Mile Island, ma ci sara' un lavoro molto difficile da fare'') e di ritorno nel piu' breve tempo possibile dei residenti nelle aree evacuate. L'ispezione attraverso la struttura fornisce un quadro piu' complesso e che richiama alla memoria il perche', dopo l'11 marzo, il mondo trattenne il respiro pensando al peggio. I reattori 5 e 6, in manutenzione al momento dello tsunami di almeno 15 metri, sono intatti conferma Katsuhiko Iwaki, vicedirettore del centro di stabilizzazione. A lato, piu' in alto sugli altri 4 reattori, si vedono i primi serbatoi con ''acqua di mare leggermente contaminata, che e' stata pompata fuori dagli edifici'', aggiunge Iwaki.
Nell'area la radioattivita' e' di 6 microsievert/h, ma tutti i contatori geiger 'indipedenti' hanno cominciato a lanciare segnali d'allarme gia' all'ingresso della centrale, insistentemente. Tubi delle linee elettriche e del riciclaggio dell'acqua si rincorrono lungo il lato della strada fino alla grande spianata dei serbatoi: ce ne sono 984 in tutta la centrale, capaci di contenere nel complesso 165.000 tonnellate, di cui 130.000 gia' utilizzate. Servono nuovi spazi e contenitori. Nuovo stop e l' autobus si ferma in cima alla collina (45 microsievert/h) con vista sulle unita' piu' danneggiate: 1, 2, 3 e la 4, dalla quale la Tepco spera di rimuovere le barre di combustibile dalla vasca ritenuta intatta. Nella parte superiore del reattore 3, sventrato dall' esplosione di idrogeno, ci sono le radiazioni piu' elevate, pari a 1.500 microsievert/h: due ore d'esposizione sono superiori alla radioattivita' naturale assorbita in un intero anno. ''E' una priorita''', dice Iwaki che, quanto al reaattore 2, comunica che un robot spedito all'interno ha misurato 200 millisievert/h. Il numero 1, infine, dove si e' avuta l'esplosione d'idrogeno prima e la fusione parziale del nocciolo poi, puo' ''aspettare'' dal momento che l'edificio danneggiato e' ricoperto con pannelli di vinile. Lungo la strada che separa i quattro edifici e l'oceano, si staglia una muraglia di sassi e sabbia di 15 metri. I segni della forza distruttrice dello tsunami sono visibili ovunque: lamiere, detriti e auto accartocciate, mentre su possenti autotreni stazionano i pezzi di acciaio che andranno a comporre le griglie su cui montare strutture di protezione o consentire interventi preliminari negli edifici dei reattori.
Il tempo ormai e' finito e si ritorna al punto di partenza, al J-Village diventato centro operativo dell'emergenza, proprio sul bordo della 'no-entry zone' di 20 km da Fukushima. E' strano ripercorrere la strada a ritroso: prima la citta' di Okuma, poi Nahara e Hirono. I semafori lampeggiano ancora giallo e pare l' unico segnale di una quiete surreale, scandita dalle tracce dei danni causati dallo tsunami o dalla scossa di magnitudo 9. La radioattivita' scende ancora e, al momento dei controlli, e' escluso ogni ipotesi di contaminazione. I test sono negativi. Il mio contatore geiger segna un totale di dose aggregata, a partire dall'ingresso nella centrale, di 20 microsievert: e' una quantita' pari a un terzo circa di quella generata da un viaggio aereo di sola andata sulla tratta Tokyo-Roma. E il dosimetro affidatomi dalla Tepco conferma gli stessi valori.
CENTRALE DI FUKUSHIMA, 28 FEBBRAIO 2012
L'accoglienza al J-Village, 'la Coverciano del Giappone' di Hirono diventata base di coordinamento delle operazioni nella crisi della centrale nucleare di Fukushima, è calorosa. Il tempo a disposizione però è poco e, dopo i convenevoli, si va subito alle istruzioni principali, anzi vitali per la visita nella centrale: la sicurezza e la protezione personale.
In una stanza che si raggiunge da un corridoio tappezzato di foto dei Blue Samurai, i giocatori della nazionale nipponica di calcio, ci sono sistemati sui tavoli i kit destinati ai 17 componenti del pool dei media stranieri che si preparano a visitare l'impianto colpito dal sisma/tsunami dell'11 marzo.
Una tuta bianca in Tyvek, su cui scrivere il proprio nome con un pennarello rosso in dotazione ("sembrerete tutti uguali dovere essere riconoscibili", dice il funzionario della Tepco, il gestore della centrale), una maschera con filtri rafforzati della 3M, due paia di guanti - uno di cotone e uno in lattice - una mascherina da sala operatoria, una cuffia, e quattro teli di plastica, due lunghi e due corti, in cui infilare e proteggere i piedi. Tesserino di riconoscimento e l'immancabile dosimetro per misurare la radioattività assorbita completano 'l'uniformé per entrare nella centrale.
Quasi cinque minuti di orologio per indossare e controllare il tutto, sotto la supervisione degli uomini della Tepco. Telecamere, macchine fotografiche e altri oggetti, come i registratori, devono essere impacchettati e protetti con teli di plastica ("solo per evitare depositi di detriti contaminati", è la spiegazione). Per raggiungere il bunker antisismico della centrale è sufficiente la mascherina.
Dopo un briefing si può partire per l'ispezione dei reattori, ma con misure rafforzate: i guanti diventano tre per mano, di cui due di lattice, ed è obbligatorio usare la maschera integrale e un casco da cantiere. Sarà forse per l'impossibilità di fare a meno degli occhiali, ma la maschera inizia a dare fastidio. Si scende dal bus e, a 100 metri dal reattore n.4, non è proprio il caso di provare a sistemarla togliendosi le protezioni, quando non lontano c'é l'hot spot che eroga 1.500 microsievert/h: due ore di esposizione senza difese sono superiori alla radioattività naturale assorbita in un intero anno. Meglio resistere. Dopo tre ore in tuta bianca si torna al J-Village: i controlli sono tutti negativi e c'é un senso di grande sollievo quando finalmente ci si sfila la maschera. Si ritorna agli abiti civili.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
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Il terremoto dell'11 marzo, lo tsunami, e l'incubo nucleare, che costarono la vita a 24 mila giapponesi, misero il paese in ginocchio. Intere citta' come Miyako furono completamente rase al suolo. Ma cio' che spavento' di piu' il mondo fu la fuga radiottiva dalla centrale nucleare di Fukushima
Mutazioni ereditarie nelle farfalle e anomalie nella crescita degli alberi, vermi con Dna danneggiato, pesci d'acqua dolce contaminati dal cesio e riduzione nella fertilità in popolazioni d'uccelli come le rondini: sono alcuni degli effetti del disastro nucleare di Fukushima, in Giappone, rilevati a distanza di cinque anni dall'evento.
È il quadro che emerge da un rapporto di Greenpeace Giappone che lancia l'allarme: le conseguenze del disastro su foreste, fiumi ed estuari dureranno decenni, se non secoli. Il report "Radiation reloaded", basato - sottolinea l'associazione ambientalista - su grande volume di ricerche scientifiche indipendenti effettuate nelle zone colpite dal disastro, evidenzia che elementi radioattivi a lunga vita sono stati assorbiti da piante e animali, riconcentrati tramite le catene alimentari e trascinati a valle verso l'Oceano Pacifico da tifoni, inondazioni e dallo scioglimento della neve. A riprova, sottolinea Kendra Ulrich di Greenpeace Giappone, che "il programma di decontaminazione del governo giapponese non avrà quasi nessun impatto sulla riduzione del rischio ecologico legato all'enorme quantità di radioattività emessa nel disastro nucleare di Fukushima". "Già oltre 9 milioni di metri cubi di scorie nucleari sono sparsi su almeno 113 mila siti nella prefettura di Fukushima", aggiunge.
Senza contare, prosegue, che alle vittime "viene raccontato che possono tornare in sicurezza in ambienti in cui i livelli di radiazione sono spesso ancora troppo elevati e circondati dalla una pesante contaminazione". Le analisi evidenziano elevate concentrazioni di radioelementi nelle nuove foglie e, almeno nel caso dei cedri, anche nel polline; l'incremento di mutazioni nella crescita degli abeti con l'aumento dei livelli di radioattività; mutazioni ereditarie riscontrate nelle farfalle tipo "Pseudozizeria maha", Dna danneggiato nei vermi nelle zone altamente contaminate e riduzione della fertilità nella rondine comune. Inoltre gli attivisti citano evidenze nella diminuzione dell'abbondanza di 57 specie di uccelli nelle aree a maggiore contaminazione, elevati livelli di contaminazione da cesio nei pesci d'acqua dolce di importanza commerciale, contaminazione radiologica degli estuari. Dall'11 marzo 2011, quando un sisma e uno tsunami devastanti danneggiarono la centrale nucleare di Fukushima, Greenpeace ha condotto 25 indagini radiologiche nell'area. Nei giorni scorsi ne è partita un'altra sulla contaminazione radioattiva delle acque dell'Oceano Pacifico che durerà tutto il mese.
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