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di Francesco Fabbri
ANSA MagazineaMag #Focus
Dai cieli pericolosi al recapito pacchi

I droni protagonisti tra guerra e pace

Dai cieli pericolosi al recapito pacchi

Dal volo nei cieli scuri e pericolosi su terre martoriate da guerre sanguinose al confortevole atterraggio nel giardinetto di una anonima villetta a schiera: è  l'evoluzione dei droni, i velivoli senza pilota di origine militare. Il volo è controllato da terra, da un pilota o da un computer che invia al navigatore a bordo del velivolo le istruzioni. L'uccisione del cooperante Giovanni Lo Porto ad opera di un drone Usa durante un raid in zona di guerra e - di contro - il progetto di Amazon di utilizzare i leggeri velivoli senza pilota per la consegna in auto dei pacchi sono soltanto alcuni degli esempi più recenti della loro versatilità di impiego.

Se l'origine dei droni è tutta militare - l'utilizzo in questo campo è ormai consilidato - sono in forte crescita anche le applicazioni civili: dalle operazioni di prevenzione e intervento in emergenza incendi, alla sicurezza al telerilevamento alla ricerca. Insomma, quando bisonga eseguire missioni "noiose, sporche e pericolose" (dull, dirty and dangerous) e con costi minori rispetto ai velivoli tradizionali, i droni sono il mezzo più scelto. 

Adesso, però, si avvicina la possibilità del grande salto:  Jeff Bezos, patron di Amazon, sta lavorando a una flotta di droni in grado di consegnare i pacchi entro mezz'ora dall'ordine direttamente a casa mentre Mark Zuckerberg, proprietario di Facebook, dopo aver rimesso in contatto i vecchi amici adesso valuta l'acquisto di una società che fabbrica droni ad energia solare per rendere il web accessibile ai due terzi della popolazione mondiale non ancora connessa. 

Sulla scia del colosso dell'e-commerce, proliferano le applicazioni 'pacifiche' per i droni, nati per sganciare bombe e proiettili sui campi di battaglia ma destinati a diventare protagonisti anche nelle città. L'ultima in ordine di tempo, pensata in California ma anche in Veneto, è quella di usarli per consegnare i farmaci, ad esempio a disabili e anziani. L'idea è venuta a un ventottenne di San Francisco.

In Italia, una foto aerea scattata da un drone ha permesso di ricostruire la dinamica del crollo dello sperone di roccia nel centro storico di Volterra (Pisa), permettendo di chiarire la dinamica del crollo.

E c'è anche chi, più per gioco che per business, con un drone ha inviato nello spazio un cannolo siciliano...

Il primo volo del drone di Amazon


In mezz'ora dal web a casa con Prime Air

Amazon le assicura entro cinque anni. Unico limite il peso degli oggetti

Amazon Prime Air

Addio postino, dunque? Sembra di sì se il più grande negozio virtuale del mondo promette consegne a domicilio nello spazio di mezz'ora: il capo di Amazon Jeff Bezos ha annunciato che tra quattro o cinque anni sarà possibile usare droni per far arrivare in tempi lampo gli acquisti su internet alla porta di casa dei clienti. Bezos ha presentato il nuovo meccanismo di consegna in una intervista a 60 Minutes, il programma settimanale di approfondimento della Cbs.

'Amazon Prime Air', questo il nome del mini-veicolo senza pilota, sarà reso possibile dall'enorme accumulo di tecnologie usate finora per prendere di mira e uccidere militanti islamici in Pakistan o Yemen. Subito dopo la trasmissione, Amazon ha messo online un video che mostra un prototipo di drone in azione.

Nel filmato si vede un cliente che ordina dal tablet un prodotto su amazon.com con l'opzione di consegna 'Prime Air'. Nel magazzino della società il prodotto viene messo dentro una scatola di plastica gialla. Un mini-elicottero radiocomandato con 8 eliche azionate da motori elettrici aggancia la scatola e la trasporta fino al giardino del cliente. Il drone si posa sull'erba, sgancia la scatola e riparte. "Sono droni a tutti gli effetti, ma non c'è ragione perché non siano usati per le consegne", ha detto Bezos ben consapevole che quello da lui delineato "sembra un progetto di fantascienza".

Invece no: "Possiamo assicurare consegne entro mezz'ora dall'ordinazione per oggetti che pesano fino a poco meno di due chili e mezzo, praticamente l'85 per cento di tutto il nostro business". Secondo Bezos, Amazon potrebbe essere in grado di avviare il nuovo meccanismo entro quattro anni: il processo di approvazione da parte della Federal Aviation Administration potrebbe però allungare i tempi. Preoccupazioni sono state espresse dal blog di tecnologia Quartz.com: i veicoli di Amazon potrebbero incendiarsi o andare a sbattere su oggetti o persone. Un timore di cui lo stesso Bezos si è detto consapevole.

Ma a parole e ad anni di distanza tutto sembra facile: i droni sarebbero in grado di coprire distanze fino a 15 chilometri da uno dei giganteschi centri di smistamento Amazon che il colosso della distribuzione su internet sta costruendo in tutto il Paese. "Succederà. Ne sono convinto", ha assicurato Bezos. Tutto quel che un dipendente del suo negozio virtuale dovrebbe fare è inserire le coordinate Gps dell'indirizzo di destinazione. E inviare il drone-fattorino.


L'evoluzione dei droni

GUARDA LA PHOTOSTORY Fotoracconto

Il Predator armato, il drone 'mietitore' della Cia

Sensori sofisticati e missili anti-carro, Costa 17 milioni di dollari

Il predator B/MQ-9 'Reaper'

Il drone utilizzato per il raid che a gennaio al confine tra Pakistan e Afghanistan è costato la vita a Giovanni Lo Porto è quasi sicuramente la versione armata del Predator, la B/MQ-9 'Reaper' ('Mietitore'), dotata di un massimo di tre missili aria-terra anti-carro 'Hellfire'. Si tratta in effetti dello stesso drone di cui è ipotizzato l'impiego in questi giorni per colpire e affondare i barconi dei trafficanti di esseri umani in Libia. Costruito dalla General Atomics Aeronautical Systems, questa versione del Predator ha appena raggiunto il traguardo - il 16 marzo scorso - del milione di ore di volo, il 90% delle quali in missioni di guerra, secondo quanto riporta la pubblicazione specializzata Jane's. Un numero pari a un terzo del totale dell'intera flotta di tutte le versioni Predator e che aumenta al ritmo di 22 mila ore al mese.

 

    L'aereo a pilotaggio remoto Predator B/MQ-9 è una versione più grande del suo predecessore, l'RQ-1, originariamente progettato solo per la sorveglianza a lunga autonomia ed a elevate altitudini. Costa circa 17 milioni di dollari ad unità, ha un propulsore turboelica da 950 Hp, un'apertura alare di 20,1 metri, è lungo 10,8 metri ed alto 3,8. Può raggiungere una velocità massima di 450 km/h e un'altitudine operativa di 15.000 metri circa, con una autonomia di circa 30 ore. Dotato di sensori e dispositivi ottici molto sofisticati, può registrare e ritrasmettere in tempo reale immagini ad alta definizione. La telecamera all'infrarosso può identificare lo spettro di calore di una persona da grandi altezze. Il 'Reaper' viene pilotato da remoto, via satellite, e l'equipaggio 'a terra' (ma la postazione può essere anche imbarcata su un aereo da trasporto come il C-130) è composto da un pilota e uno o più specialisti che si occupano dei sensori e del carico bellico. Quest'ultimo, di circa 340 kg, può essere di 2-3 missili Hellfire oppure di bombe a guida laser. Ma c'è anche chi parla di missili antiradar e aria-aria di ultima generazione.

    Anche se Cia e Pentagono hanno cominciato a sperimentare aerei a pilotaggio remoto negli anni Ottanta, i Predatori sono arrivati solo nel 1996 e quelli armati sono stati usati in missione solo dopo il 2001. Da allora sono stati impiegati nei Balcani, in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Yemen, Libia e Somalia.

    Finora sono stati costruiti circa 230 Predator B/MQ-9. Le versioni armate sono in forza solo a Usa e Gran Bretagna; l'Italia ne ha 12, in versione ricognizione ma 'aggiornabile', la Francia 6, mentre Australia e Olanda starebbero per acquistarli. 


In Pakistan i raid dei droni Usa contro al Qaida

Il drone utilizzato nell'operazione in cui è rimasto ucciso Giovanni Lo Porto

I raid dei droni 'Predator' lanciati dalla Cia americana, come quello in cui sono morti in gennaio i cooperanti Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein, colpiscono sistematicamente basi e militanti dei gruppi antigovernativi in Pakistan, ma anche in Afghanistan, almeno dal 2005, e sono stati sempre piu' mirati negli ultimi anni.

    Stime non ufficiali, come quella riferita dal Portale Terrorismo dell'Asia del Sud (www.satp.org), sostengono che i velivoli senza pilota statunitensi hanno compiuto in undici anni almeno 310 operazioni in Pakistan, con un bilancio di 2.747 morti (al 12 aprile 2015).

    La quasi totalita' di questi attacchi si e' concentrata nei territori tribali pachistani ed in particolare nei Waziristan del Nord e del Sud, dove i militanti del Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP) e di Lashkar-e-Jhangvi, ma anche i talebani afghani del Mullah Omar e i miliziani della temibile Rete Haqqani, vicina ad Al Qaida, hanno trovato rifugio.

    Tutta questa attivita' aerea americana e' stata tuttavia sempre contestata, piu' o meno decisamente, dal governo del Pakistan che ha sottolineato come i raid fossero "un grave rischio per la popolazione civile" e come costituissero "una violazione dell'integrita' territoriale del Pakistan".

    Comunque, nel momento in cui le forze di sicurezza pachistane hanno lanciato nel giugno dello scorso anno l'operazione 'Zarb Azb' nel Waziristan settentrionale, le operazioni dei droni americani si sono concentrate via via sulle frange piu' pericolose del terrorismo nascoste nelle montagne del Pakistan a ridosso dell'Afghanistan, ed in particolare contro i militanti di Al Qaida nel Subcontinente indiano (Aqis).

    Ed appena una decina di giorni fa i responsabili di Aqis in Pakistan hanno diffuso un audio messaggio in cui hanno ammesso che in attacchi di droni il 5 gennaio (nel Nord Waziristan a Datta Khel) ed il 15 (nella sottodivisione di Ladha nel Sud Waziristan) erano morti il 'numero due' del movimento, Ustad Ahmad Farroq e il responsabile per l'Afghanistan, Qari Imran.

    Dall'inizio dell'operazione 'Zarb Azb', si sottolineava, "dieci degli undici raid di droni hanno avuto come obiettivo Al Qaida", con un bilancio di ben "50 militanti uccisi". Ma alla luce di quanto annunciato oggi dalla Casa Bianca, hanno indicato all'ANSA analisti pachistani, "e' sorprendente che nei 43 minuti dell'audio messaggio prodotto da 'As Sahad', braccio propagandistico di Aqis, non vi sia stato alcun riferimento alla morte dei due ostaggi", Lo Porto e Weinstein.


Chat e droni per lo zar della Silicon Valley

Dopo aver acquistato WhatsApp, ora punta ad accaparrarsi i mercati in via di sviluppo.

Mark Zuckerberg

Mark Zuckerberg, dopo aver acquistato WhatsApp ad una cifra che ha fatto rabbrividire gli analisti, ora punta ad accaparrarsi i mercati in via di sviluppo. "Vogliamo connettere il mondo", è il ritornello che il fondatore di Facebook ripete da mesi e che ha ribadito al Mobile World Congress di Barcellona. Un'impresa che potrebbe riuscirgli grazie alla suggestiva idea di acquistare un'azienda di droni che portano la connessione wireless in zone non coperte, sulla falsa riga dei palloni aerostatici di Google.

Secondo il sito americano TechCrunch, la società sarebbe in procinto di acquistare Titan Aerospace, azienda che produce droni che grazie all'energia solare sono in grado di volare autonomamente per cinque anni. E l'affare si potrebbe chiudere a 60 milioni di dollari, una cifra irrisoria se confrontata ai 19 miliardi di dollari sborsati per WhatsApp. 'Zuck' sarebbe interessato a usare questi velivoli per portare il web dove non è ancora disponibile, a partire dai paesi africani.

L'acquisizione sarebbe parte del progetto Internet.org lanciato qualche mese fa insieme ad altri partner tecnologici (tra cui Ericsson, Nokia e Samsung) per accorciare il 'digital divide' nei due terzi del pianeta che ad oggi non ha accesso al web. A questo proposito Zuckerberg, a Barcellona, ha citato uno studio di Deloitte secondo il quale con l'arrivo di Internet la produttività di queste aree geografiche aumenterebbe del 25%, generando oltre 140 milioni di posti di lavoro. Dati significativi che stanno facendo spostare la mira dei colossi del web verso i paesi emergenti.

Negli ultimi due anni c'è stato un fiorire di smartphone a basso costo, alcuni destinati solo ai mercati in via di sviluppo, e Google ha lanciato qualche mese fa il 'Project Loon', palloni aerostatici che vogliono portare la connessione a chi non ce l'ha. E la stessa Facebook prima del progetto Internet.org si è cimentata nella elaborazione di un'app 'leggera' che consente l'accesso al social network anche se si possiede un cellulare vecchio, come quelli ancora diffusi in Africa e parte dell'Asia.

Filantropia a parte, dall'allargamento della base di utenti e servizi dipende il successo economico di colossi come Facebook, nato come social network per studenti e diventato una piattaforma da un miliardo e passa di iscritti quotata in Borsa.  In breve, più persone connette più guadagna. Nel suo immediato futuro c'è sicuramente l'accelerazione sul 'mobile', la messaggistica e anche le chiamate vocali con WhatsApp. Ora punta sui droni e Internet per tutti.

Non avrà il carisma di Steve Jobs, ma Mark Zuckerberg inizia a gareggiare con l'intraprendenza di Jeff Bezos di Amazon e l'audacia di Larry Page e Sergey Brin di Google. Strategia che sta portando frutti: secondo Forbes il patrimonio del miliardario che non ha ancora compiuto 30 anni, è più che raddoppiato passando a 28 miliardi e mezzo di dollari. 


In Usa droni privati entro il 2015

La Federal Aviation Administration ha presentato un mega-piano, fino a  7.500 velivoli pronti nei prossimi cinque anni

In Usa droni privati entro il 2015

Presto i cieli americani saranno solcati da migliaia di aerei senza pilota utilizzati da polizia, aziende e singoli individui: la Federal Aviation Administration (Faa) ha presentato infatti un piano di 74 pagine per l'introduzione di mini-droni per uso privato. Piano che dovrebbe entrare in vigore entro il 2015. Se i regolamenti federali verranno redatti nei tempi previsti, si stima che 7.500 versioni in miniatura dei celebri velivoli militari potrebbero essere pronti a volare nei prossimi cinque anni.

Per il ministro dei trasporti, Anthony Foxx, si tratta di ''un importante passo in avanti'' che aiutera' a capire le enormi potenzialita' di questi strumenti. Entro la fine dell'anno la Faa scegliera' sei siti dove i produttori dovranno effettuare i test sulla sicurezza, per i quali hanno gia' dato la propria disponibilita' 24 Stati americani, tra cui California, Florida, Nevada e Arizona. Il problema piu' grande e' costituito dal rispetto della privacy: diversi esperti, infatti, hanno gia' criticato il progetto, spiegando che la Faa deve chiarire con maggior precisione come il governo e gli utenti privati potranno utilizzare i droni per la sorveglianza aerea del suolo americano.

Il documento dell'agenzia federale infatti si limita ad affermare che gli operatori dovranno "rispettare le leggi federali, statali e le altre norme sulla riservatezza". Finora l'uso degli aerei senza pilota viene approvato caso per caso, ed e' in gran parte limitato allo spazio aereo militare e alle zone di frontiera. Oppure a circostanze particolari, come per esempio nell'eventualita' di grossi incendi. Tuttavia, prendono sempre piu' piede le richieste di utilizzare tali veicoli per fini privati e commerciali. Il primo drone a scopo commerciale ad ottenere il via libera e' stato quello della compagnia petrolifera ConocoPhillips, che ha sorvolato il cielo dell'Alaska per portare a termine uno studio sull'impatto ambientale delle trivellazioni. L'Association for Unmanned Vehicle Systems, gruppo leader per quanto riguarda l'utilizzo dei droni per fini non militari, stima che l'industria dei velivoli senza pilota 'privati', consentira' la creazione di oltre 100 mila posti di lavoro, con un impatto economico di 82 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni.


Droni sorvegliano la frontiera fra il Marocco e l'enclave spagnola di Melilla

Esecutivo disposto a rimuovere le lame installate lungo la tripla barriera di separazione della frontiera, se si presentano alternative "ugualmente efficaci" contro gli assalti dei migranti


Amnesty contro i droni militari

"Raid, possono costituire un crimine di guerra"

Amnesty contro i droni militari

L'origine dei droni, è noto, è militare e per anni i velivoli senza pilota sono stati utilizzati dagli Usa per i raid più pericolosi e le missioni più audaci.

Amnesty International da sempre denuncia l'utilizzo degli aerei senza pilota, sottolineando che i raid "possono costituire un crimine di guerra". Nel rapporto dal titolo "Saro' io il prossimo?", l'organizzazione ha condannato l'uccisione indiscriminata dei civili e afferma che gli Stati Uniti dovrebbero rispettare il diritto internazionale, indagando a fondo la connessione tra le persone uccise e ferite dagli attacchi dei droni.

La "seria preoccupazione" e' che tali episodi abbiano "violato il divieto all'arbitraria privazione della vita e possano costituire crimini di guerra o esecuzioni extragiudiziali".

La triste fine di Mamana Bibi -  nonna 68enne del villaggio di Ghundi Kala, in Pakistan,  uccisa mentre era nell'orto a raccogliere verdura da un razzo sparato da un drone americano - ha smosso le coscienze.

L'amministrazione Obama - va detto - ha ridotto  il programma di attacchi con i droni in Pakistan, limitandolo a una breve lista di terroristi di alto livello, tra cui il numero uno di Al Qaida, Ayman al Zawahri. Si tratta di una mossa dettata da questioni logistiche, ma anche dalla necessità di non intralciare il dialogo tra il governo pachistano e i talebani di Tehrek-e-Taliban Pakistan (Ttp), che proprio oggi ha preso il via in un luogo segreto di Islamabad.

La riduzione riflette le rimostranze pachistane e i problemi che la Cia dovrà affrontare alla fine del 2014, quando le forze Usa si ritireranno dal vicino Afghanistan, dove sono di base i micidiali aerei senza pilota, scrive oggi il Wall Street Journal citando fonti dell'amministrazione, di intelligence e militari. La "kill list" della Cia, ovvero la lista degli obiettivi da eliminare, verrà dunque d'ora in avanti gestita in maniera diversa: non sarà più aggiornata con nuovi nomi ogni volta che se ne depenni uno, come avvenuto finora. E questo "ci pemetterà di portare a conclusione il programma", ha detto un funzionario citato in forma anonima dal Wsj. Nella "kill list" c'è una ventina di personalità, tra cui al-Zawahri, che quando Osama bin Laden è stato ucciso da un commando di Navy Seal in Pakistan, nel 2001, ne ha preso il posto alla guida di Al Qaida. Se Zawahri e i suoi fidati luogotenenti vengono eliminati, "di fatto si può chiudere il programma" con i droni, ha detto un alto funzionario Usa.


Un cannolo nello spazio, l'impresa di tre siciliani