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Dna, test sempre più decisivo

Dna, test sempre più decisivo

Dal delitto dell'Olgiata al caso Claps fino a via Poma dove non resse


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Dal delitto dell'Olgiata al caso Claps fino a via Poma dove non resse

di Lorenzo Attianese


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Non solo Yara: oltre al delitto della giovanissima Gambirasio, avvenuto il 26 novembre 2010, per il quale ieri il muratore incensurato Massimo Giuseppe Bossetti è stato condannato all'ergastolo, sono almeno altri due i gialli recenti risolti in Italia "a pista fredda", attraverso analisi scientifiche che hanno consentito di individuare il Dna delle persone sospettate: il delitto dell'Olgiata e l'omicidio di Elisa Claps. Il Dna, invece, non è stato decisivo per risolvere un altro celeberrimo caso giudiziario, il delitto di via Poma, a Roma.

Il DELITTO DELL'OLGIATA avvenne il 10 luglio 1991 in una villa in zona esclusiva di Roma, vittima una nobildonna, la contessa Alberica Filo della Torre, che aveva 42 anni, Il caso e' rimasto irrisolto per circa venti anni. Nel 2011 la prova del Dna ha identificato il colpevole in Manuel Winston, cameriere filippino, ex-dipendente della famiglia. Il suo codice genetico e' stato trovato sull'orologio Rolex che indossava il giorno del delitto la nobildonna (una traccia biologica probabilmente lasciata dall'ex domestico nel corso della colluttazione che avrebbe preceduto l'omicidio), oltre che in due macchie di sangue individuate sul lenzuolo che avvolgeva il cadavere della contessa. Messo alle strette attraverso le indagini scientifiche, Winston ha confessato il primo aprile 2011 di essere stato il responsabile dell'omicidio. Ne e' seguita la condanna a 16 anni di reclusione, inflittagli il 14 novembre 2011 e confermata in appello il 9 ottobre 2012.

ELISA CLAPS scomparve misteriosamente a Potenza il 12 settembre 1993. Il suo cadavere e' stato ritrovato 17 anni dopo, il 17 marzo 2010, nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinita' del capoluogo. Tre mesi dopo alcune foto di quel luogo scattate al momento del ritrovamento del cadavere, contenute nella perizia medico legale e diffuse dall'ANSA, hanno fatto il giro del mondo. Danilo Restivo, ultimo ad aver visto la ragazza e a lungo sospettato del delitto nonostante si sia sempre detto innocente, e' stato incastrato da una perizia genetica compiuta da due ufficiali del Ris. Il suo Dna e' stato rilevato sulla maglia bianca che Elisa Claps indossava nel giorno in cui fu uccisa e che e' stata recuperata dal cadavere. Restivo, dichiarato colpevole anche di un altro delitto avvenuto in Inghilterra dove e' tuttora detenuto, e' stato definitivamente condannato per il delitto Claps a 30 anni di reclusione.

Il caso di VIA POMA riguardava l'omicidio di Simonetta Cesaroni, avvenuto a Roma il 7 agosto 1990. Archiviate le posizione dei primi sospettati - dapprima Pietrino Vanacore, portiere del palazzo teatro dell'omicidio, poi Federico Valle, nipote di un architetto che viveva nello stabile - l'inchiesta fu riaperta nel 2007 quando analisi svolte dal Ris di Parma dei carabinieri rilevarono che le tracce di Dna sul corpetto della vittima erano dell'allora fidanzato Raniero Busco che fu condannato in primo grado a 24 anni a oltre 20 anni dal delitto. Ma la "prova regina" non resse oltre e Busco fu assolto prima in appello e poi, definitivamente, in Cassazione: una nuova perizia stabili' che il Dna trovato sul corpetto della ragazza era compatibile con quello di Busco, ma anche con altri due profili genetici di uomini mai identificati.

Garlasco: al via appello 'bis'

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Meredith Kercher, il delitto che ha appassionato il mondo

Amanda Knox e Raffaele Sollecito
Amanda Knox e Raffaele Sollecito - RIPRODUZIONE RISERVATA

   Dal massacro del Circeo ai delitti dell'Olgiata e di via Poma, da Cogne a Novi Ligure a Garlasco, dall'omicidio di Elisa Claps a quello di Melania Rea, alla strage di Erba: sono tanti i fatti efferati che hanno guadagnato per settimane – in alcuni casi per mesi – ampi spazi sui giornali.

   Ma uno su tutti ha avuto una proiezione mediatica internazionale: è l'omicidio di Meredith Kercher compiuto a Perugia nel 2007. Per tutti è il delitto di via della Pergola. Meredith Kercher, giovane studentessa londinese, era arrivata a Perugia per studiare all’Università per stranieri. Aveva così preso in affitto una camera in un vicino casolare insieme a due studentesse italiane e a un'americana, Amanda Knox. Meredith venne uccisa la sera del 1 novembre del 2007 e trovata la mattina dopo. Il corpo era in camera, seminudo e coperto da un piumone. A provocare il decesso una profonda ferita alla gola fatta con un coltello.

   A dare l'allarme furono la Knox e il suo fidanzato Raffaele Sollecito, pugliese, allora laureando in ingegneria informatica. Le immagini dei due giovani che si baciano e si abbracciano davanti alla casa del delitto hanno fatto il giro del mondo. Le indagini della polizia si concentrarono subito su di loro. Il 6 novembre Sollecito e la Knox vennero arrestati insieme al musicista congolese Patrick Lumumba, tirato in ballo dalla studentessa di Seattle. Quest'ultimo è però risultato ben presto totalmente estraneo e al delitto e scagionato.

   Lumumba uscì dal carcere proprio nel giorno in cui venne arrestato in Germania dove era fuggito l'ivoriano Rudy Guede, incastrato da un'impronta di mano insanguinata lasciata sulla scena del delitto. Né lui, né Sollecito o la Knox hanno mai ammesso qualche responsabilità. Proclamandosi sempre estranei all'omicidio Kercher. Guede ha poi scelto di essere processato con il rito abbreviato. E' stato condannato a 30 anni di reclusione in primo grado, ridotti a 16 in appello e confermato in Cassazione. Guede li sta scontando nel carcere di Viterbo e a breve potrebbe cominciare a chiedere i primi permessi. Sollecito e la Knox hanno invece scelto il rito ordinario. Condannati in primo grado son ostati assolti in appello e scarcerati. Sentenza poi annullata in Cassazione che ha disposto un nuovo processo di secondo grado.

   Spostato a Firenze per questioni procedurali. Al termine sono stati di nuovo condannati. A 25 anni Sollecito, al quale è anche stato ritirato il passaporto, a 28 anni e mezzo la Knox, tornata nel frattempo a Seattle. Sentenza che nei prossimi mesi approderà di nuovo in Cassazione.

   Per aggiungere una nuova pagina della storia dell'omicidio di via della Pergola.

(Claudio Sebastiani)

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Meredith, la ricostruzione del delitto e del processo

Meredith, la ricostruzione del delitto e del processo

Quando il DNA è la soluzione

   Sono almeno due i grandi casi di cronaca nera risolti in Italia "a pista fredda", attraverso analisi scientifiche che hanno consentito di individuare il Dna delle persone sospettate: il delitto dell'Olgiata e l'omicidio di Elisa Claps.

   Il DELITTO DELL'OLGIATA avvenne il 10 luglio 1991 in una villa in zona esclusiva di Roma, vittima una nobildonna, la contessa Alberica Filo della Torre, che aveva 42 anni, Il caso è rimasto irrisolto per circa venti anni. Nel 2011 la prova del DNA ha identificato il colpevole in Manuel Winston, cameriere filippino, ex-dipendente della famiglia. Il suo codice genetico e' stato trovato sull’orologio Rolex che indossava il giorno del delitto la nobildonna (una traccia biologica probabilmente lasciata dall'ex domestico nel corso della colluttazione che avrebbe preceduto l'omicidio), oltre che in due macchie di sangue individuate sul lenzuolo che avvolgeva il cadavere della contessa. Messo alle strette attraverso le indagini scientifiche, Winston ha confessato il primo aprile 2011 di essere stato il responsabile dell’omicidio. Ne è seguita la condanna a 16 anni di reclusione, inflittagli il 14 novembre 2011 e confermata in appello il 9 ottobre 2012.

   ELISA CLAPS scomparve misteriosamente a Potenza il 12 settembre 1993. Il suo cadavere è stato ritrovato 17 anni dopo, il 17 marzo 2010, nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità del capoluogo. Tre mesi dopo alcune foto di quel luogo scattate al momento del ritrovamento del cadavere, contenute nella perizia medico legale e diffuse dall’ANSA, hanno fatto il giro del mondo. Danilo Restivo, ultimo ad aver visto la ragazza e a lungo sospettato del delitto nonostante si sia sempre detto innocente, è stato incastrato da una perizia genetica compiuta da due ufficiali del Ris. Il suo Dna è stato rilevato sulla maglia bianca che Elisa Claps indossava nel giorno in cui fu uccisa e che è stata recuperata dal cadavere. Restivo, dichiarato colpevole anche di un altro delitto avvenuto in Inghilterra dove è tutto ra detenuto, è stato condannato per il delitto Claps in primo e secondo grado a 30 anni di reclusione e attende ora il giudizio della Cassazione.

  YARA GAMBIRASIO La scienza conferma: Giuseppe Guerinoni e' il padre di 'Ignoto 1', killer sconosciuto di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra uccisa il 26 novembre 2010. Il Dna dell'autista di Gorno, morto nel '99 a 61 anni, prelevato dopo la riesumazione, ha infatti una compatibilita' vicina al 100% con una macchia di sangue trovata su Yara. L'omicida si era ferito con un coltellino, forse nel tentativo di tagliarle gli slip. Il risultato, che fuga ogni dubbio sulla validita' degli accertamenti precedenti, e' stato ottenuto con il raffronto eseguito dall'anatomopatologa Cattaneo.

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Elisa Claps, le foto della perizia sui reperti

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Poliziotti in camice bianco

Un laboratorio della polizia scientifica
Un laboratorio della polizia scientifica - RIPRODUZIONE RISERVATA

   Hanno ricostruito la traiettoria dei proiettili americani che uccisero a Baghdad Nicola Calipari, la notte in cui l'agente del Sismi stava riportando a casa Giuliana Sgrena; hanno incastrato con il Dna Rudy Guede, l'unico condannato in via definitiva per l'omicidio di Meredith. E hanno fatto il lavoro ingrato di tentare di dare un nome a quei 366 uomini, donne e bambini morti affogati a Lampedusa, quando erano ad un passo dalla salvezza.

   Non è un lavoro facile, quello delle donne e degli uomini della polizia scientifica, 2.800 persone in tutta Italia: perché in tempi di tecnologie sempre più sofisticate e di star di serie tv che non sbagliano un colpo, su di loro si concentrano spesso le speranze di magistratura e opinione pubblica di risolvere i casi. "E' un mondo affascinante ed estremamente vivo - disse qualche tempo fa in un'intervista il direttore Daniela Stradiotto - perché dobbiamo dare risposte a domande sollecitate da un mondo tecnologico che non avanza, ma corre avanti".

   Ma è un lavoro difficile anche perché ai loro occhi si presentano scene raccapriccianti, essendo i primi ad intervenire sul luogo di un delitto o di una catastrofe. Così è stato, ad esempio, a Lampedusa. In quell'hangar della morte, ha raccontato Stradiotto, per gli uomini del team Dvi (Disaster victim identification) "è stata una corsa contro il tempo e solo di 150 vittime su 366 è stato possibile raccogliere le impronte. Perché poi le condizioni in cui il mare restituiva le salme erano assolutamente impossibili. Abbiamo dovuto procedere con il prelievo di frammenti ossei o muscoli per l'esame del Dna". Anche quelli dell'Uacv, l'Unità analisi crimini violenti, hanno un compito tutt'altro che facile: spetta a loro indagare su omicidi particolarmente violenti e violenze sessuali. Per svolgerlo si avvalgono del Sasc, acronimo di Sistema (informatico) per l'analisi della scena del crimine, in cui tutte le notizie relative ad omicidi, rapine e violenze a sfondo sessuale vengono analizzate e memorizzate con lo scopo di ricercare episodi criminali con caratteristiche analoghe. Ci sono poi gli Esperti ricerca tracce; quelli dell'Unità delitti insoluti, che si occupano di affrontare i cold case; un'intera sezione dedicata alla balistica dove grazie all'Ibis, il sistema informatico in cui sono catalogati proiettili e bossoli repertati nelle indagini, è possibile capire se una pistola ha già sparato e in che occasione.

   Alla Scientifica lavorano anche ingegneri, chimici, fisici, biologi, geologi, che accedono in polizia tramite un concorso per ruoli tecnici. Camici bianchi che passano ore in laboratorio ad analizzare anche il più insignificante dei reperti per trovare un indizio. Ed hanno a disposizione le più moderne tecnologie: che ormai consentono, ad esempio, di ricostruire la dinamica in 3D dell'evento criminale o di associare ad ogni campione recuperato (sangue, saliva, peli, ecc) un codice a barre univoco che lo segue durante tutte le fasi di analisi.

   "Il momento più importante è quello del sopralluogo - spiega il vicedirettore del servizio Nicola Cimino -. Da come viene fatto, dipende la possibilità di avere risultati sempre migliori ed è per questo che stiamo lavorando per rendere il sopralluogo sempre più efficace ed efficiente". Anche per quanto riguarda il Dna, si stanno facendo passi da gigante. "più la tecnologia è avanzata e migliore è la possibilità di effettuare le comparazioni, perché una tecnologia migliore consente di trovare più loci" spiega Cimino ricordando che, a breve, sarà pienamente operativa anche la banca dati del Dna. "Ogni cosa che facciamo è rivolta ad avere un accertamento che si avvicini quanto più possibile ad una soluzione certa - conclude il vicedirettore -. Anche perché se i nostri risultati non sono certi, servono molto poco alla parte investigativa".

(Matteo Guidelli)

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Il linguaggio della cronaca nera

Il linguaggio della cronaca nera
Il linguaggio della cronaca nera - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un'analisi empirica del linguaggio della cronaca nera è stato fatto di recente mettendo a confronto le espressioni utilizzate nelle notizie dell'ANSA per raccontare tre noti fatti di sangue:

• il massacro di Novi Ligure, del 2001 (Erika De Nardo e il suo fidanzato di allora Mauro Favaro uccisero la madre e il fratello di lei, Susanna Cassini e Gianluca De Nardo)

• l'omicidio di Cogne, del 2002 (Annamaria Franzoni uccise il figlio di tre anni, Samuele Lorenzi);

• il delitto del "canaro" (Pietro De Megni salì alla ribalta della cronaca nera per il brutale omicidio dell'ex pugile dilettante Giancarlo Ricci, torturata a lungo e mutilata a più riprese prima d'essere finito), datato 1988, e dunque antecedente di oltre un decennio rispetto ai primi due.

   Il risultato è stato sorprendente: è infatti emerso come il delitto sia sempre COMPIUTO e l'assassino, o il presunto tale, venga FERMATO in seguito alle attività svolte dagli INVESTIGATORI, sulla base delle affermazioni dei TESTIMONI, che contribuiscono a far scoprire chi ha UCCISO.

   Tra le migliaia di parole usate per descrivere e raccontare i tre clamorosi fatti di sangue (due, come detto, separati tra loro da appena un anno, l’altro di quasi 15 anni prima), sono solo questi cinque termini – COMPIUTO, FERMATO, INVESTIGATORI, TESTIMONI, UCCISO – a ricorrere in maniera comune nei tre testi. Ricorrenze più frequenti emergono nel raffronto tra le espressioni utilizzate per raccontare il massacro di Novi Ligure e l’omicidio di Cogne, rispetto alla distanza lessicale – in un diverso panorama sociale e culturale – tra questi due delitti e quello del "canaro".

   Similitudini, quelle tra Cogne e Novi Ligure, dettate soprattutto da un comune scenario giudiziario e investigativo nel quale le figure protagoniste sono ricorrenti: i CARABINIERI, ed in particolari quelli del RIS (l'investigazione scientifica non aveva certo avuto nel 1988 una così netta fisionomia anche organizzativa) ed i loro RILIEVI, il il GIP (figura assente nella procedura penale al tempo del "canaro", quando operava il GIUDICE ISTRUTTORE), ed ancora, l'analisi di un MOVENTE per il quale, con l'obiettivo di RICOSTRUIRE quanto accaduto, si danno da fare (ecco altre figure professionali entrate solo di recente nella cronaca giudiziaria) PSICHIATR I FORENSI, ANATOMOPATOLOGI e CRIMINOLOGI. Di loro non vi è traccia nelle notizie sul delitto del "canaro".

(Enzo Quaratino)

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