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Nel giugno 2011 l'occupazione
Il 14 giugno di tre anni dopo nel cuore di Roma, a due passi dal Senato, non c'è voglia di festeggiare
Anche gli striscioni resistono. Appena sfilacciati dal vento e sbiaditi dal sole, lungo la facciata del teatro più antico di Roma restano le due strisce di stoffa con la scritta rossa ‘Come l’acqua come l’aria riprendiamoci il Valle’. Allora, una mattina di giugno di tre anni fa, era uno slogan, una speranza non più lunga di qualche giorno. E invece ne sono passati oltre 1000 e il Valle - gioiello dell'Ente teatrale italiano che ne aveva la proprietà e la gestione - è ancora ‘preso’. Anzi occupato da lavoratori dello spettacolo, studenti, ricercatori che lo tengono aperto tutti i giorni tra corsi, laboratori di scrittura, proiezioni.
Il 14 giugno di tre anni dopo nel cuore di Roma, a due passi dal Senato, non c'è voglia di festeggiare. Il limbo delle decisioni che si rimpallano tra il ministero dei beni culturali e il Comune di Roma e lo statuto della ‘Fondazione teatro Valle bene comune’ registrato in autunno ma bocciato dal prefetto di Roma, non mettono di buon umore. Eppure il Valle guarda avanti. E scommette sull’auto-produzione: ‘Il macello di Giobbe’, spettacolo diretto da Fausto Paravidino, sarà la prima produzione del teatro Valle occupato e debutterà il 23 settembre.
Dalla soppressione dell’Eti decisa con il decreto 78 del 2010, la sorte del Valle ha preso un'altra piega rispetto agli altri due teatri gestiti dall'ente cioè la Pergola di Firenze e il Duse di Bologna. Il primo trasformato in fondazione con un milione e mezzo di euro del Comune fiorentino, allora guidato da Matteo Renzi, e un milione della Cassa di risparmio di Firenze. L’altro ‘salvato’ da una cordata di imprenditori ed enti privati e con 3000 abbonati all’ultima stagione.
Nella Capitale invece una soluzione o un progetto non sono all’orizzonte. Né il sindaco Alemanno né il suo successore hanno mai incontrato gli occupanti, e non ci sono stati tentativi di sgombero. Poche settimane fa Marino ha assicurato che entro l’estate troverà una soluzione ‘’che tenga in equilibrio la creatività di alcuni artisti con la legalità. Certamente non possiamo tollerare l’illegalità’’, ha rimarcato. E illegali i ragazzi del Valle lo sono perché, tra l’altro, non pagano le bollette (‘’Pensiamo che lo faccia il Comune, perché le utenze non sono mai state staccate’’) né la Siae. Pagano invece attrezzature, attori e maestranze (con il minimo sindacale) grazie alle offerte libere ribattezzate ‘quote di complicità’ chieste al pubblico agli spettacoli. Da parte hanno un tesoretto di circa 200 mila euro, di cui 143 mila donati dai cittadini con una raccolta fondi, il resto sono quadri e sculture regalate da artisti. ‘’Ma sono soldi bloccati – ripetono - sono il capitale sociale della fondazione e non si toccano finché la fondazione non funzionerà davvero’’. Nel frattempo non perdono la speranza ma si impuntano: ‘’Non siamo contrari all’idea che nella fondazione entrino enti pubblici o privati ma ognuno deve valere uno e senza imporre che tipo di arte produrre’’.
"Ricordo che mi hanno chiamato per chiedermi di partecipare, ho detto sì. Se l’occupazione del Valle fosse durata tre giorni come era previsto, rischiavo di perdermela. Il quarto giorno sono arrivato e sono ancora qua”. E’ nata così l’avventura di Fausto Paravidino al teatro Valle. Da attore, uno dei tanti che in quei giorni del 2011 fecero quasi a gara per salire sul palco e dare solidarietà agli occupanti, a regista del primo spettacolo autoprodotto dal Valle occupato.
Nel mezzo ci sono state le proteste contro il rischio speculazione (‘’Pubblica o privata non cambia’’), le tantissime assemblee sul lavoro di chi fa cinema o teatro e poi un laboratorio di scrittura teatrale chiamato ‘Crisi’ (non a caso) da cui è nato lo spettacolo ‘Il macello di Giobbe’.
E per un attore come lui che alle spalle ha un’esperienza nella serie cult ‘Romanzo criminale’ di Sollima (interpretava il personaggio di Ranocchia), l’esperienza al Valle non è vissuta come un marchio pericoloso. ‘’Un attore ha necessariamente un ruolo civile che interpreta come vuole, come può, come gli viene – spiega - Stare qui dentro mi ha cambiato tantissimo. Invece che ripetere il mio mestiere, lo metto in discussione e imparo. E’ uno dei posti dove imparo di più".
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Nel frattempo, il mondo della cultura spera che a scuotere tanto immobilismo contribuisca il decreto sulla cultura e sul turismo approvato dal governo Renzi e ora in discussione alle Camere.
Tra le novità, l’art bonus con il credito d'imposta introdotto per chi fa donazioni a favore della manutenzione e restauro dei beni culturali.
In sostanza, è un incentivo per moderni mecenati (cittadini, imprese o enti privati) che potranno avere un credito d'imposta del 65% in tre anni (65% per 2014 e 2015, 50% per il 2016) se faranno una donazione a musei, siti archeologici, biblioteche, teatri, fondazioni lirico-sinfoniche con l'obiettivo di migliorarne lo stato o conservarlo.
Un modo per spingere verso la cura del bene artistico pubblico dietro il beneficio del credito d'imposta e allo stesso tempo alleggerire in parte l'impegno dello Stato.
E novità sono in arrivo anche nel cinema dove il tax credit passerà da 5 a 10 milioni di euro, mentre il fondo ad hoc salirà da 110 a 115 milioni per attrarre nuove produzioni.
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