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L'invasione degli esoscheletri
Si moltiplicano gli esempi di dispositivi indossabili ispirati a quelli di fantasia ma con obiettivi molto concreti
Esoscheletri e corazze che rendono più forti, invulnerabili e permettono anche di volare sono protagonisti di film come Robocop, Iron Man o Elysium, ma la realtà si sta avvicinando a grandi passi alla fiction. Invece di dare i superpoteri, però, esoscheletri e corazze per ora sono in grado di restituire quelli normali a chi li ha persi, per incidenti o malattia. E' il caso dei dispositivi che riescono a far camminare persone tetraplegiche o con problemi motori. Uno di questi, chiamato ReWalk è anche già in commercio, e ha fatto percorrere chilometri anche ad alcuni pazienti italiani, una delle quali ha fatto il record del mondo di percorrenza.
Altri dispositivi, esoscheletri, pedane, e joystick, invece aiutano i bambini che hanno difficoltà a camminare, trasformando in un gioco lunghe e noiose riabilitazioni. Anche in questo caso i nomi sono stranieri, da Lokomat ad Anklebot, ma lo sviluppo e il perfezionamento sono italiani.
Dove invece entro qualche anno potrebbero essereci i primi 'supereroi' sono i campi di battaglia, con diversi progetti allo studio soprattutto negli Usa. La 'chiamata alle armi' ha riguardato in questo campo tutte le principali menti del paese, anche se sfornare una corazza come quella di Iron Man si sta rivelando molto più difficile che al cinema.
Dall'esoscheletro ai cyborg il passo è breve, e di pari passo corre lo sviluppo di arti 'bionici', che soprattutto per le mani hanno segnato nei mesi scorsi diversi successi. Il più importante di questi una volta tanto parla 'europeo', e ha una forte componente italiana
Qualche volta assomigliare un po' ai propri eroi può fare la differenza. Un esempio è il MARLab, il laboratorio di robotica e analisi del movimento dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Santa Marinella. Oltre all'ultimo arrivato Lokomat, nel MARLab vengono utilizzati altri macchinari robotici di ultima generazione come il Re-Walk, l'Anklebot e il WAKE-UP.
Il Re-Walk è un esoscheletro pediatrico (apparecchio di supporto completo caratterizzato da motori alle giunture, batterie ricaricabili, un insieme di sensori e un sistema di controllo computerizzato) col quale bambini e ragazzi con disabilità possono tornare a camminare. Questo robot è stato adattato per l'uso pediatrico dal Bambino Gesù in collaborazione con ARGO Medical Technologies di Haifa (Israele). Il MARLab di S. Marinella è l'unico centro al mondo in cui il Re-Walk viene utilizzato con pazienti di età inferiore a 18 anni.
L'Anklebot è un robot utilizzato per riabilitare il movimento delle caviglie di bambini tra i 5 e gli 8 anni affetti da paralisi cerebrale infantile, realizzato dal Bambino Gesù in collaborazione con l'Università "Sapienza" di Roma e il Massachusetts Institute of Technology di Boston.
Il WAKE-UP (Wearable Ankle Knee Exoskeleton) è il prototipo di un dispositivo robotico, sviluppato in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aeronautica dell'Università di Roma "Sapienza" per il recupero del cammino in bambini con danni neurologici causati da ictus o da paralisi cerebrale infantile.
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Tra gli esoscheletri per adulti in sviluppo nel mondo uno ha già ricevuto l'ok anche della 'severa' Fda, ed è disponibile a tutti gli effetti sul mercato. Il ReWalk, ideato da una compagnia israeliana e testato in diversi centri in Europa e anche in Italia, permette movimenti semplici di anche e ginocchia, e può far fare tragitti di una certa lunghezza a chi prima poteva spostarsi solo su una sedia a rotelle. Il record di percorrenza con il dispositivo è di una italiana, Manuela Migliaccio, che è riuscita a fare i cinque chilometri della maratona di Lugano, mentre la britannica Christine Lomas ha terminato la maratona di Londra ma in 16 giorni. Il dispositivo ha un costo di circa 70mila dollari ed e' stato studiato sia per l'uso 'domestico' che per la riabilitazione, ad esempio in caso di ictus. Non ha fatto in tempo a entrare sul mercato che già però fa capolino una versione low cost. A realizzarla la statunitense 3D Systems, che grazie a una stampante 3D ha realizzato un esoscheletro indossabile che ha permesso a una donna che aveva perso l'uso delle gambe nel 1992, cadendo mentre sciava, di tornare a camminare. Per ottenere un supporto perfettamente 'su misura' la donna e' stata 'passata' ad uno speciale scanner tridimensionale che ha ottenuto un'immagine estremamente dettagliata del corpo. Questo ha permesso di digitalizzare il contorno della spina dorsale, delle cosce e delle creste tibiali per modellare la 'tuta robotica' esattamente sul suo corpo evitando sfregamenti
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I più interessati ad avere una vera 'corazza' il più simile possibile a quelle dei film sono ovviamente i militari, con quelli Usa in prima fila. Lo U.S. Special Operations Command ha lanciato lo scorso anno un progetto per una 'Tactical Assault Operator Suit', o Talos. La nuova divisa dovrebbe riuscire a difendere dai proiettili, dare una 'super-forza', ma anche essere connessa in rete con tutte le altre sul campo e con il comando, per avere una migliore visuale della situazione. A corredo anche un check up del soldato in tempo reale e addirittura la capacità di curare eventuali ferite sarebbero gradite, ha spiegato il comandante William McRaven dell'unità ad una presentazione. ''Abbiamo messo insieme 56 aziende private, 16 agenzie governative, 13 università e 10 laboratori nazionali - spiuega per ridefinire gli standard delle capacità dei nostri operatori''.
Pochi giorni fa una riunione top secret ha fatto il punto sull'avanzamento dei lavori, che secondo indiscrezioni non procederebbero alla velocità voluta dai militari. Il problema, riferisce ad esempio il Wall Street Journal, sarebbe il peso che questa tuta dovrebbe avere, che al momento sarebbe di 150 chili per poter garantire una batteria dalla vita sufficiente. Intanto però i militari Usa possono contare su un esoscheletro dal nome evocativo, Hulc', realizzato dalla Lockheed, il principale contractor. In fase avanzata di sperimentazione, il dispositivo 'aiuta' i soldati nella marcia e nel trasporto di oggetti pesanti, permettendo di portare 75 chili per 20 chilometri con una singola carica della batteria.
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Se si parla con gli esperti, come i ricercatori del Karlsruhe Institute of Technology che hanno dedicato all'argomento un editoriale sulla rivista scientifica Angewandte Chemie, l'era dei cyborg è già cominciata. Sciami di insetti controllati da un computer, protesi sempre più simili ad arti veri, controllate direttamente dal cervello, piccole 'centrali elettriche' realizzate all'interno del corpo umano sfruttando le sue caratteristiche biochimiche sembrano usciti da un film di fantascienza, e invece sono già tra noi. I progressi nella microelettronica e nei semiconduttori, spiegano gli autori, hanno già dato vita a una serie di
dispositivi in grado di ripristinare le funzioni umane, dal battito del cuore all'udito fino ad arrivare a quelli impiantati nel cervello contro il dolore cronico, il Parkinson o l'epilessia. L'ultima frontiera delle interfacce tra cervello e macchina sono però le protesi, soprattutto le mani, in grado di leggere i segnali cerebrali e tradurli in azioni. Si è passati nel giro di pochi anni da prototipi con pochi gradi di movimento e molte difficoltà di movimento agli ultimi esemplari, comandati appunto dal pensiero e capaci di restituire quasi completamente le funzioni a chi li 'indossa'.
In questo campo una volta tanto la concorrenza tra Usa, Europa e Giappone vede il vecchio continente in vantaggio, Italia compresa. Il progetto Lifehand, coordinato dal Politecnico di Losanna, vede tra i aprtecipanti la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, l'Universita' Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma, l'Universita' Campus Bio-Medico di Roma, l'IRCSS San Raffaele di Roma e l'Istituto IMTEK dell'Universita' di Friburgo, ed è culminato pochi mesi fa nel primo impianto di una mano con il senso del tatto al mondo. La mano è stata impiantata a Roma su Dennis Aabo Sorensen, 36enne danese, che però ha potuto tenere la protesi solo per un mese. ''Ora dobbiamo dimostrare che i materiali di cui e' composta la mano sono compatibili con il corpo per periodi molto piu' lunghi - spiega Paolo Maria Rossini della Cattolica, uno dei coordinatori -. Inoltre tutto il controllo della mano, che al momento e' affidato a un computer esterno, deve essere miniaturizzato e portato all'interno. Ci sono due progetti europei impegnati in questo, e penso che entro cinque anni potremo avere una mano pronta per impieghi commerciali''. Il primo ad avere la mano 'permanente', assicura l'esperto, sarà proprio Dennis.
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