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Un film che è una storia vera
Un film che è una storia vera
E' una storia bella e di successo sotto tanti aspetti, di quelle che ti fanno pensare che un altro mondo è possibile, oggi e non in futuro, anche se quel mondo che vivi è in piena guerra e sei 'uno spettatore', per ora. Gabriele Del Grande da alcuni anni ha fondato un osservatorio, Fortress Europe, diventato un punto di riferimento per chi della tratta umana di schiavi dal Sud al Nord del mondo si interessi. Ha raccolto storie, testimonianze, foto, dettagli con puntualità e rigore, dando volto e dignità a quei migranti che approdano a Lampedusa o sulle nostre coste e gli va bene se non arrivano galleggiando morti sull'acqua. Un blog per non dire ai nostri nipoti 'non lo sapevamo' quando sui libri di storia si leggerà che negli anni 2000 in migliaia morivano sulle coste ai confini dell'Europa.
Del Grande ha avuto un sogno ed è riuscito a realizzare insieme ad altri due 'folli' come lui, Khaled Soliman Al Nassiry, il poeta siriano rifugiato a Milano e Antonio Auguliaro: un documentario a fin di bene, che fosse un aiuto concreto, simbolico, con al centro un finto corteo nuziale. E quel film - Io sto con la sposa - se l'è fatto produrre dal basso, raccogliendo con il crowdfunding 98.151 mila euro.
La rete ha raccolto la sfida e Io sto con la sposa è riuscito nell'intento, far fuggire, migranti clandestini che volevano raggiungere dall'Italia la Svezia, assumendo anche una protezione legale visto che di fatto stavano commettendo un reato. Il 'filmino' delle nozze è diventato film selezionato alla Mostra del cinema di Venezia fuori concorso in Orizzonti. E così il crowfunding ha trovato la dignità di un festival blasonato e importante.
Non si sa ancora se Io sto con la sposa arriverà in sala, gli spettatori in rete ci sono tutti, quelli che hanno partecipato anche solo con due euro (o 20 se volevi anche il download e la cartolina di ringraziamento firmata dagli autori o 100 per stare nei titoli di coda) alla raccolta fondi diventata un trend della rete, un fenomeno virale #iostoconlasposa che ha già ripagato le spese nette della troupe: 75 mila euro, 15mila iscritti alle pagine su facebook e 2.541 produttori dal basso. ''L'energia che si è sprigionata intorno al film, è semplicemente straordinaria, dicono i tre autori - anche soltanto scorrere la lista dei paesi dei donatori è emozionante: dall' Arabia Saudita all' Australia, dall'Egitto a Israele, dall'Italia agli Stati Uniti''.
Del Grande racconta come è nato Io sto con la sposa, in appena 15 giorni.
''Ero tornato da uno dei miei viaggi in Siria. In quel periodo di ottobre 2013 arrivavano a Milano 100 -200 siriani al giorno, non parlavamo d'altro. Alcuni capitava di ospitarli direttamente a casa nostra, e di ascoltare i loro racconti sulla guerra e sui naufragi. Ripartivano subito, con 1000 euro questa la tariffa dei mercanti di uomini, li portavano in Svezia, tappa finale di quel flusso che dal Sud e dall'Est porta al Nord dell'Occidente. Alla stazione di Milano con Khaled ho conosciuto Abdallah, un superstite del naufragio di Lampedusa dell'11 ottobre in cui sono morti in mare 250 siriani. E' un palestinese siriano, persone che da 60 anni non hanno documenti, passaporto per viaggiare, cresciuti nei campi profughi diventati come Yarmuk, un quartiere periferico di Damasco, sotto assedio delle forse del regime e dove solo poco tempo fa sono morte di fame 47 persone. La sua storia ci ha colpiti profondamente, sentivamo che volevamo aiutare concretamente. Abbiamo pensato ad una mascherata: un finto corteo nuziale, chi chiederà i documenti agli sposi? L'idea del film è stata di Antonio. Ormai eravamo sul set.
Come fai a non aiutare Abdallah e gli altri? All'alba del 14 novembre 2013, ci siamo incontrati davanti alla stazione centrale di Milano. Eravamo ventitré tra ragazzi e ragazze. Amici italiani, palestinesi e siriani. Chi coi documenti, chi senza, ma tutti vestiti eleganti come se stessimo davvero andando a un matrimonio.
Ora il nostro obiettivo è l'uscita: Il nostro produttore associato DocLab sta cercando accordi per una distribuzione italiana ed internazionale sia cinematografica che televisiva. Ma noi vogliamo che questo film continui a vivere nelle piazze, nei teatri e nelle scuole. In Italia e all'estero.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
Gabriele Del Grande, Fortress Europe, regista
Un film manifesto:
''E' venuto fuori un manifesto sulla libera circolazione degli uomini, un film che è un atto civile, un'azione di disobbedienza contro leggi restrittive che non eliminano i problemi ma li accentuano - dice all'ANSA Gabriele Del Grande - i 20 mila morti nel mare mediterraneo in 20 anni hanno responsabilità politiche europee precise che partono proprio dalle leggi che non permettendo agli uomini di circolare ne fanno di fatto degli illegali in preda al traffico di uomini. Ci siamo assunti il rischio tutti insieme di un processo : questo film è un'autodenuncia. Al momento dell'uscita, potremmo essere condannati fino a 15 anni di carcere per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Ma siamo pronti a correre il rischio. Perché abbiamo visto la guerra in Siria con i nostri occhi, e aiutare anche una sola persona ad uscire da quel mare di sangue, ci fa sentire dalla parte del giusto''.
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Gabriele Del Grande, Fortress Europe, regista
Dice Gabriele Del Grande: ''È un rischio folle quello che ci stiamo prendendo. Ma vogliamo credere che esista una comunità di persone, in Europa e nel Mediterraneo, che come noi sognano che un giorno questo mare smetta di ingoiare le vite dei suoi viaggiatori e torni ad essere un mare di pace, un mare dove tutti siano liberi di viaggiare, e dove nessuno divida più gli uomini e le donne in legali e illegali. Quella comunità esiste. È fatta delle persone che ci hanno ospitato durante il nostro viaggio attraverso l'Europa. Siamo molto più numerosi di quanto pensiamo. E questo è il film che ci mancava''.
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E' un film manifesto:
''E' venuto fuori un manifesto sulla libera circolazione degli uomini, un film che è un atto civile, un'azione di disobbedienza contro leggi restrittive che non eliminano i problemi ma li accentuano - dice all'ANSA Gabriele Del Grande - i 20 mila morti nel mare mediterraneo in 20 anni hanno responsabilità politiche europee precise che partono proprio dalle leggi che non permettendo agli uomini di circolare ne fanno di fatto degli illegali in preda al traffico di uomini. Ci siamo assunti il rischio tutti insieme di un processo : questo film è un'autodenuncia. Al momento dell'uscita, potremmo essere condannati fino a 15 anni di carcere per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Ma siamo pronti a correre il rischio. Perché abbiamo visto la guerra in Siria con i nostri occhi, e aiutare anche una sola persona ad uscire da quel mare di sangue, ci fa sentire dalla parte del giusto''.
''È un rischio folle quello che ci stiamo prendendo. Ma vogliamo credere che esista una comunità di persone, in Europa e nel Mediterraneo, che come noi sognano che un giorno questo mare smetta di ingoiare le vite dei suoi viaggiatori e torni ad essere un mare di pace, un mare dove tutti siano liberi di viaggiare, e dove nessuno divida più gli uomini e le donne in legali e illegali. Quella comunità esiste. È fatta delle persone che ci hanno ospitato durante il nostro viaggio attraverso l'Europa. Siamo molto più numerosi di quanto pensiamo. E questo è il film che ci mancava. Tutta l'area ormai è un polveriera, dalla Siria, all'Iraq, alla Libia alla Palestina e questo, anche solo sotto il profilo delle migrazioni, è una nuova ancora nascosta tragedia, in decine di migliaia arriveranno sulle nostre coste, ancora una volta preda dei mercanti di uomini. Serve una politica estera europea vera e concreta''.
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