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Se i boss finanziano le imprese
Al Nord meglio le 'ndrine per finanziare imprese in crisi
Sono tempi duri, in Lombardia, per la reputazione di un tessuto sociale per decenni considerato la 'capitale morale del Paese' e dove invece ora si assiste a fenomeni sconcertanti, complice la crisi economica che incalza. Da Mani pulite a oggi, vigilia di un Expo travolto da imbarazzanti arresti e commissariamenti (50 le aziende allontanate finora dai lavori su ordine della Prefettura per sospette infiltrazioni criminali) sembra che tutto sia inesorabilmente degenerato, e la 'locomotiva d'Italia', frenata dalla recessione e dalle difficoltà nel credito, sempre più spesso non erogato dagli istituti competenti, non esita a risolvere i problemi affidandosi alla criminalità e ai suoi soldi facili.
E se prima gli emissari della 'ndrangheta dovevano farsi strada con pretesti e minacce per far aderire gli imprenditori al circuito illegale del denaro, ora sono gli stessi manager che bussano alle porte dei boss, finendo poi per divenire oggettivamente schiavi dei loro ricatti. A dirlo, senza peli sulla lingua, è Mario Venditti, un magistrato forgiato nella Dda milanese e ora Procuratore aggiunto a Pavia, altra provincia travolta da recenti indagini sulla collusione tra politica e malaffare. Come nell’incredibile caso di un geometra milanese – mai divulgato alla stampa – che tempo fa per non aver restituito un credito venne addirittura frustato nel suo cantiere, in pieno centro, da emissari di alcune ‘ndrine locali. O in quello di Barbara Luraghi, che era un’imprenditrice edile di Pogliano Milanese (Milano) e aveva denunciato alla Dda la pesante infiltrazione della 'ndrangheta negli appalti stradali Lombardia dopo l’arresto del padre, anch’egli imprenditore, inquisito perché aveva accettato soldi da gruppi di malavitosi. Da quando ha avuto il coraggio di denunciare, non è riuscita ''più a lavorare se non per lavori minori” e nemmeno a ''ottenere i soldi del Fondo nazionale antiusura'', che pure le erano stati assegnati sulla carta per una serie di incredibili rimpalli di competenze tra Milano e Roma e per le lungaggini della Giustizia. La vicenda era stata denunciata dall'associazione Sos Racket e usura, che aveva pubblicato un'intervista della donna su You Tube. Alla fine i soldi – oltre un milione di euro di rimborsi per danneggiamenti subiti da atti intimidatori, certificati da una perizia – non sono mai arrivati e la sua azienda è fallita, lasciando a casa anche altre 20 famiglie.
Mario Venditti, magistrato cresciuto nella Dda milanese e ora Procuratore aggiunto a Pavia, è esperto di criminalità mafiosa. Secondo la sua esperienza è come se si ripetesse in modo ciclico quanto successo nei secoli scorsi in Sicilia, quando la nobiltà terriera pensò di sfruttare la criminalità mafiosa (che allora stava nascendo) e invece ne fu letteralmente fagocitata. Tanto che oggi gli ‘utenti’ di questo mercato nero non sarebbero isolati personaggi legati magari a schemi culturali di imprenditori del Sud che lavorano al Nord. Al contrario, nelle inchieste finiscono spesso proprio industriali e professionisti settentrionali. Persone che magari pensano di sfruttare i denari della malavita, ma che stringendo un patto col diavolo prima o poi rimangono inesorabilmente bruciati.
Come nell’incredibile caso di un geometra milanese – mai divulgato alla stampa – che tempo fa per non aver restituito un credito venne addirittura frustato nel suo cantiere, in pieno centro, da emissari di alcune ‘ndrine locali. L’uomo, Alessandro V., 35enne di Bergamo, si trovò improvvisamente nel suo container alcuni ‘esattori’ legati a una certa famiglia calabrese a cui lui aveva fatto ricorso per un prestito, che lo spogliarono e lo frustarono con del filo elettrico per punirlo del mancato rientro del debito usurario nei tempi concordati. “In un’altra occasione mi prelevarono in auto e mi portarono in aperta campagna, riempiendomi di botte”, ha raccontato all’ANSA l’uomo, che sulla schiena per lunghi mesi ha portato i segni del suo ‘sgarro’ e che rimpiange amaramente, ora, di essersi rivolto a certa gente per avere soldi che altrimenti “nessuna banca mi avrebbe dato, in quel momento”. Per la cronaca, dopo la sua denuncia in commissariato, l’anno scorso cinque persone sono state arrestate dalla polizia nel Milanese.
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tra gli interessi commerciali più comuni della 'Ndrangheta al Nord c'è la logistica, quindi tutto ciò che riguarda le attività produttive: servizi per l'attività ospedaliera, trasporto e deposito di merci, movimento terra, costruzione di opere pubbliche, ristorazione, locali notturni e vigilanza. Che ormai sono complementari alla tradizionale ‘riscossione crediti’ violenta con cui si è affermata la criminalità organizzata parallelamente al traffico di droga e allo smaltimento dei rifiuti, più note e anche più accettate nell’immaginario collettivo rispetto al ‘finanziamento illecito’ e al ‘voto di scambio’ che più di altri indicano la penetrazione nel tessuto socioeconomico del territorio. D’altra parte lo Stato è sempre meno considerato un punto di riferimento affidabile dagli imprenditori in difficoltà, e soprattutto da quelli rimasti invischiati con la criminalità. Come hanno affermato essi stessi, a Monza, capitale dell’operosa Brianza, durante le indagini relative all’operazione ‘Isola’ dei carabinieri di Sesto San Giovanni (Milano). Nelle intercettazioni emergeva che alcuni imprenditori che avevano avuto un dissidio con altri si erano rivolti al boss 'ndranghetista capo della 'locale' (come viene chiamata la cellula mafiosa, ndR) di Pioltello (Milano) per risolvere la situazione". E davanti al magistrato che coordinava gli interrogatori avevano chiaramente detto di non fidarsi minimamente degli avvocati e delle istituzioni.
Una valutazione analoga era stata espressa, all'inizio di quest'anno, dal pm Paolo Storari della Procura di Milano nel corso di una conferenza stampa organizzata per illustrare i dettagli di un'operazione che aveva portato all'emissione di otto ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti appartenenti alla cosca calabrese Barbaro-Papalia. "Il termine infiltrazione non è corretto - aveva detto Storari rispondendo alle domande di alcuni giornalisti - perché dà l'idea di un virus che dall'esterno attacca un corpo sano. E invece non è così". Nel marzo di quest'anno era poi stata la presidente della Commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi, a tornare sul tema in occasione di un'altra operazione contro la criminalità organizzata in Brianza. "L'operazione - aveva detto - conferma la capacità delle mafie di mimetizzarsi nei nuovi contesti e di saper gestire al meglio la crisi economica, creando inedite convenienze con il mondo delle professioni e delle imprese... Non c'è regione italiana che possa dirsi al riparo da questa offensiva criminale".
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Barbara Luraghi era un’imprenditrice edile di Pogliano Milanese (Milano) che aveva denunciato alla Dda la pesante infiltrazione della 'ndrangheta negli appalti stradali Lombardia dopo l’arresto del padre, anch’egli imprenditore, inquisito perché aveva accettato soldi da gruppi di malavitosi. Da quando ha avuto il coraggio di denunciare, non è riuscita ''più a lavorare se non per lavori minori” e nemmeno a ''ottenere i soldi del Fondo nazionale antiusura'', che pure le erano stati assegnati sulla carta per una serie di incredibili rimpalli di competenze tra Milano e Roma e per le lungaggini della Giustizia. La vicenda era stata denunciata dall'associazione Sos Racket e usura, che aveva pubblicato un'intervista della donna su You Tube.
Alla fine i soldi – oltre un milione di euro di rimborsi per danneggiamenti subiti da atti intimidatori, certificati da una perizia – non sono mai arrivati e la sua azienda è fallita, lasciando a casa anche altre 20 famiglie. Oggi Barbara Luraghi lavora come libera professionista e non ha mai più riaperto una ditta nel settore edilizio. ''Non è cambiato niente – ribadiva scoraggiata dopo le sue denunce - specialmente nel movimento terra (settore tradizionalmente infiltrato dalla criminalità organizzata, ndR). Sui lavori di precisione, tipo le fognature o gli impianti 'loro' non ci sono, ma su quelli grossi, escavazioni, trasporti, smaltimento, non c'è una sola ditta che non abbia sede operativa nei paesi del sud più legati a certe famiglie malavitose''. Le sue denunce hanno contribuito all'arresto di un personaggio di spicco della 'ndrangheta, Antonio Perre, nell'ambito dell'operazione Cerberus nel 2008, bloccato dopo una lunga latitanza in Calabria.
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Dalle intercettazioni di una delle più articolate indagini sulla ‘ndrangheta al Nord, quella coordinata dalla Dda di Milano contro le ‘locali’ di Desio e Seregno, in Brianza, emergono particolari inquietanti ed emblematici. Si tratta evidentemente di una consorteria così potente, di un sistema così accettato che gli usurai che stringono accordi economici con gli imprenditori emettono perfino le fatture per i soldi prestati! Come spiega uno degli indagati intercettati a un amico: “Ho detto va beh poi l'altri li ho distribuiti in giro. Li ho distribuiti facendo pagare chiaramente gli interessi, più il venti percento di Iva, gli ho fatto la fattura e me le sono intestate come Xxx, anche a Xxx gli feci la fattura, venti percento d'Iva che mi ha fatto pagare, tanto sono a credito e così bene o male mi è andata bene perché hai capito?”. “E’ andato nel pulito”.
“I settanta con questo discorso son diventati novantasei novantasette, non so quanti cazzo son diventati, però è vero che (ride) e gli ho fatto entrare anche in banca, mi ho fatto doppio favore francamente. Perché avevo, avevo un problema...”. “Certo perché hai fatto le fatture...”. “Ho fatto le fatture e li ho versati regolari, capito?”. In una delle transazioni ricostruite dalla Dda, tanto per fare un esempio, a fronte di un prestito di 50.000 euro subito sono stati aggiunti 2.000 euro di interessi, facendo pertanto lievitare il prestito a 52.000, e su questi per dieci giorni è stato applicato un interesse del 20% e pertanto, alla scadenza dei dieci giorni è stata restituita la somma di 62.400 euro . “E’ per questo che noi diciamo – spiega un investigatore che preferisce rimanere anonimo – che la depenalizzazione del reato di falso in bilancio non è un problema veniale, ma un grande favore alla criminalità organizzata di stampo mafioso”.
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La ‘ndrangheta è un mostro in armi che muove – secondo gli analisti della Direzione nazionale antimafia nella relazione 2014 sulla criminalità mafiosa – migliaia di uomini e miliardi di euro (50 mila gli affiliati ipotizzati in tutto il mondo). Basti pensare che negli ultimi due anni, in oltre cento episodi diversi su tutto il territorio nazionale, sono stati sequestrati a imprenditori ritenuti collusi con le ‘ndrine beni per oltre un miliardo di euro. In Lombardia, in particolare, la ‘ndrangheta è ormai radicata e in parte con caratteristiche di indipendenza. "Dunque - rileva la Dna - siamo a qualcosa di molto simile rispetto a quanto si riscontra in Calabria. I soggetti che hanno sviluppato le strutture in questione operano secondo tradizioni di 'ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d'origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la 'Ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza".
Nel territorio lombardo, prosegue la relazione, "è avvenuta una vera e propria 'colonizzazione' da parte della criminalità calabrese nel tessuto socio-politico-economico della regione. L'associazione 'ndranghetista localizzata in Lombardia non è semplicemente l'articolazione periferica della struttura criminale calabrese sorta e radicata nel territorio d'origine ma è invece un'associazione dotata di una sua autonomia operativa, benché fortemente collegata al crimine calabrese”. “La 'Ndrangheta ha soppiantato per importanza, pericolosità e volume di affari perfino Cosa nostra ed ora sta pesantemente cercando di mettere le mani sull'Expo 2015, sulle opere connesse, infrastrutture stradali e cantieri”. Così scrive, in un lungo articolo, Poliziamoderna (la rivista della Polizia di Stato) che ha raccolto la preoccupazione del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, secondo cui la 'Ndrangheta “è l'unica organizzazione criminale presente in tutti i cinque continenti”.
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