Mentre i diritti umani in Medio Oriente tornano al centro dell’attenzione internazionale, e la tensione tra sunniti e sciiti sale alle stelle, un Paese corre velocemente verso la modernità portandosi dietro grandi contraddizioni. L’Iran di oggi, infatti, se da un lato appare in così rapida trasformazione, anche grazie alle recenti e storiche aperture politiche con gli Stati Uniti, dall’altra mantiene ancora caratteristiche arcaiche e suscita perplessità e timori. Ciononostante, in divenire rappresenta innegabilmente una grande opportunità di business.
Tra Italia e Iran, infatti, i legami commerciali sono stati per lungo tempo di primo piano, con il Belpaese che è arrivato a essere, in certi momenti, il primo partner europeo con un mercato che nel 2011 era da 7 Miliardi di euro, sceso poi appena al di sopra della soglia del miliardo e ora in risalita. Ma i punti di contatto tra italiani e persiani sono anche culturali, perché la storia di queste due società – pur così diverse – è accomunata da origini antichissime, imperi che hanno fatto la storia, un retaggio poetico, letterario e filosofico che si trova ai vertici della produzione mondiale, e poi da una tradizione commerciale innata, per entrambi. Senza contare le comuni attitudini all’artigianato, alla prelibata gastronomia, all’accoglienza, e l’immenso patrimonio storico e archeologico che illumina Roma e Pompei come Isfahan e Persepoli.
A riportare all’attualità ci sono però i dati dell’interscambio energetico, nei quali la Repubblica islamica, prima del suo isolamento a causa delle sanzioni internazionali, appariva come nostro fornitore strategico per un 12,4% di contributo petrolifero (il 14,9 per la Spagna e il 34% per la Grecia). La vera questione nodale. La revoca delle sanzioni internazionali ha fatto ipotizzare un mercato petrolifero da 800 miliardi di dollari, grazie anche alle riserve iraniane stracolme per la sottoproduzione dovute all'embargo e il ritorno alle abituali quote di mercato del greggio (a cui si devono aggiungere le seconde riserve di gas più importanti al mondo con il gigantesco giacimento 'South Pars' nel Golfo persico, in cui ha un ruolo anche l'Eni). "Senza contare i crediti petroliferi, centinaia di miliardi di dollari - spiega all'ANSA un operatore finanziario iraniano di Tehran - che l'Iran attende dai conti congelati all'estero durante l'isolamento internazionale. Un mare di soldi che sta per piovergli addosso e alimentare il cosiddetto “Iran's comeback", la svolta, quella che potrebbe far dimenticare le continue tensioni internazionali, nate praticamente da subito, con la Rivoluzione islamica del 1979, che hanno tolto la Persia dall’orbita di Usa e Israele ponendola – con il vecchio nome di Iran - in quella dei cosiddetti ‘Stati canaglia’.
Distanze aumentate ancora dal programma nucleare iraniano, sempre dichiarato ad uso civile ma osteggiato dalla comunità Occidentale, fino all'Accordo del 2015 che ha aperto nuove straordinarie prospettive geopolitiche, e che proprio il 16 gennaio 2016 – dopo le verifiche internazionali sul rispetto dei suoi termini – è stato ratificato e ha dato semaforo verde a una stagione di relazioni totalmente nuove. Soprattutto con l’Italia, che anche nei momenti più bui, pur aderendo a ogni sanzione intrapresa da Onu e Stati Uniti, non ha mai chiuso definitivamente le porte al dialogo e, con la visita di Emma Bonino dopo l’elezione del nuovo presidente Hassan Rohani,e poi del Ministro della Cultura Dario Franceschini, e l’imminente visita a Roma del leader iraniano (rinviata dopo i tragici fatti di Parigi e ora fissata per il 25 gennaio), si pone come uno dei suoi principali interlocutori. A complicare di nuovo tutto, invece, sono state la guerra in Siria e la minacciosa ascesa del Califfato, che hanno portato a inediti schieramenti militari e politici, in cui gli iraniani si sono destreggiati attaccando le truppe sanguinarie del Daesh a fianco della Russia, e indirettamente della Francia e della Nato, ma al contempo proteggendo l’alleato Assad e quel ‘corridoio della resistenza’ che unisce Tehran con Hezbollah in Libano attraverso, appunto, la Siria. E affrontando di petto un’acutissima crisi politica con l’Arabia saudita che fa temere l’ennesima escalation di violenza nell’area.
A dare una mano alla distensione, invece, potrebbero però essere fattori non propriamente economici, come la cultura e il turismo (in grande crescita, NdR) che mettendo in comunicazione diretta i cittadini Occidentali con gli uomini di questa nazione, lontana ma pur sempre a quattro ore d'aereo, potrebbero contribuire in modo decisivo a ricollocare positivamente l’Iran e gli iraniani nell’immaginario collettivo dell’Occidente. I persiani infatti non sono arabi, sono ariani (da cui il nome Iran) come noi; guidano i suv, di cui le città sono intasate come da noi e più che da noi; vivono in città che quasi sempre sono grandi il doppio delle nostre, con grattacieli e opere ingegneristiche di altissimo livello. L'istruzione è obbligatoria fino al diploma di liceo e l'università trabocca di studenti molto ben preparati. Le donne votano dal 1963, e divorziano, e pur costrette a indossare un foulard in pubblico, detto 'rusarì' (e un hejab più coprente negli uffici pubblici), sono taxisti, piloti d'aereo, ricercatrici nucleari, imprenditrici, poetesse, giornaliste. Molto meno di quanto potrebbero essere con la libertà dei costumi, ma comunque cardini della loro società rispetto a tanti altri Paesi mediorientali. L'Iran insomma rimane - evidentemente - un Paese dove domina l'assolutismo religioso, ma è pur sempre una Repubblica, benché islamica, con una dialettica politica interna, un Parlamento, e periodiche elezioni. I candidati subiscono sempre il veto di un organismo governativo ad hoc, ma l'elezione dell'attuale presidente moderato, secondo gli analisti internazionali, ha mostrato una maturazione in senso democratico che sarebbe forse incauto non assecondare, in un'area dove la maggior parte degli Stati sono altrettanto assolutistici, se non di più.
Dal punto di vista economico l'Iran è un sistema Paese in pieno sviluppo. E rappresenta la porta per Russia, India, Cina e Paesi satelliti ex sovietici. Un mercato enorme e prezioso, per l'economia italiana in crisi. Nel Paese bisogna fare moltissime nuove infrastrutture e vanno forte la siderurgia, l'edilizia, la metalmeccanica, settori che sarebbero il naturale sbocco dei rispettivi ed esausti comparti di mercato nostrani. "Noi siamo qui e vi aspettiamo a braccia a perte - dice all'ANSA l'amministratore delegato di una grande azienda di import export di Isfahan - Metteteci pure alla prova, se non vi fidate, e ricordate che mentre voi non c'eravate Germania, Francia, Austria e persino gli Usa hanno occupato gli spazi di business da voi abbandonati". Il Business Forum Italia-Iran organizzato dai ministeri degli Esteri e dello Sviluppo economico, oltre che da Icem, Abi, Confindustria e Unioncamere, che a fine novebre 2015 ha riportato a Teheran circa 200 imprese, 20 associazioni imprenditoriali, e 12 gruppi bancari, in questo senso appare un chiaro segnale. In questi anni le sanzioni hanno escluso l'Iran dai circuiti finanziari internazionali (i turisti ad esempio non possono usare Bancomat e carte di credito, per cui devono portarsi dietro molti contanti, NdR), e hanno causato un’altissima inflazione con i prezzi di molti generi anche di prima necessità saliti alle stelle, e ci vorrà del tempo per ricostruire i rapporti e ripartire. "Al momento, infatti - spiega all'ANSA un funzionario di banca iraniano - è cambiato poco o nulla. I pagamenti di commesse e forniture internazionali da e per l'Iran continuano a essere bloccati o temporaneamente sospesi, rallentando o nei casi più gravi causando la cancellazione delle stesse. Un imprenditore non può permettersi di rimanere esposto per grandi quantitativi di merce senza ricevere il pagamento per mesi e mesi. Se questo non cambia ovviamente non ci sarà nessun genere di affari". Ma tutto questo potrebbe finire tra pochissimo.
Insomma nella grande incertezza e delicatezza del momento la parola più usata sembra essere "vedremo", e sull’imminente futuro non si fanno pronostici. Certo è che dal punto di vista cronologico i primi mesi del 2016 potrebbero essere davvero cruciali per la cosiddetta e da più parti auspicata "svolta iraniana". A partire dalla prima visita in Europa - e proprio in Italia - del Presidente Hassan Rohani, prevista per il 25 e 26 gennaio: "L'Italia rappresenta per l'Iran la finestra sull'Europa ed è in una posizione privilegiata con Teheran" nell'era del dopo-sanzioni economiche, come ha affermato l'ambasciatore iraniano a Roma, Jahanbakhsh Mozaffari, in un forum all'ANSA con il direttore Luigi Contu. Il mondo attende anche l'importante appuntamento elettorale del 26 febbraio quando verranno rinnovati il Parlamento iraniano e l'Assemblea degli Esperti, organismo elitario cui spetta lo strategico compito di eleggere la prossima Guida Suprema, il vero 'Grande vecchio' senza il quale in Iran nulla si muove davvero.