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Nel mito di Rocky lungo le strade di Philadelphia dove l'underdog è diventato campione

Nel mito di Rocky lungo le strade di Philadelphia dove l'underdog è diventato campione

Un viaggio tra gli attuali eroi alla Balboa, la città identitaria americana e la comunità italiana presente dalla fine del 1700


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

 Li chiamano Rocky heroes, Rocky della vita reale, eroi alla Rocky, persone che ce l'hanno fatta proprio come Rocky Balboa, il piccolo pugile dilettante di Filadelfia che ha affrontato Apollo Creed, campione mondiale in carica dei pesi massimi, nel film del 1976 che ha dato la gloria a Sylvester Stallone.
A quasi 50 anni da quel primo film di una saga che ne conta ormai sei più tre spin off con Creed, Rocky resta un' icona di riferimento.  Da celebrare.
A Philadelphia la città in cui è ambientata la storia che quell'anno vinse tre Oscar come miglior film, migliore regia (Stallone, autore anche della sceneggiatura) e montaggio,  parecchio ruota intorno alla memoria di questo personaggio ispirato al pugile Rocky Marciano, seppure lo spunto iniziale era  l'incontro di boxe tra la leggenda Muhammad Ali e lo sfavorito Chuck Wepner.
Ecco un viaggio tra gli attuali eroi alla Rocky, la città identitaria americana e la comunità italiana che qui è molto presente da sempre.

(alessandra.magliaro@ansa.it)

di Alessandra Magliaro


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 Li chiamano Rocky heroes, Rocky della vita reale, eroi alla Rocky, persone che ce l'hanno fatta proprio come Rocky Balboa, il piccolo pugile dilettante di Filadelfia che ha affrontato Apollo Creed, campione mondiale in carica dei pesi massimi, nel film del 1976 che ha dato la gloria a Sylvester Stallone.
A quasi 50 anni da quel primo film di una saga che ne conta ormai sei più tre spin off con Creed, Rocky resta un' icona di riferimento.  Da celebrare.
A Philadelphia la città in cui è ambientata la storia che quell'anno vinse tre Oscar come miglior film, migliore regia (Stallone, autore anche della sceneggiatura) e montaggio,  parecchio ruota intorno alla memoria di questo personaggio ispirato al pugile Rocky Marciano, seppure lo spunto iniziale era  l'incontro di boxe tra la leggenda Muhammad Ali e lo sfavorito Chuck Wepner.

È un richiamo turistico certo ma anche occasione di fare nel nome dell'underdog, il perdente, una esperienza autentica, magari stravagante, conoscendo intorno a quei 72 gradini di pietra un fenomeno che si ripete di grande umanità.
Le autorità chiamano sul palco i Rocky Heroes ciascuno a raccontare la sua storia, dedicando loro anche un ritratto di grandi dimensioni.
Per il RockyFest 2024, coordinato dal Philadelphia Visitor's Center, sono stati premiati Chantay Love, che ha fondato un'organizzazione per sostenere le famiglie delle persone uccise dalla violenza delle armi da fuoco dopo la morte del fratello Emir nel 1997 cui ha dedicato EMIR ossia Every Murder Is Real e Joshua Santiago, ex spacciatore, che ha trovato una seconda opportunità come barbiere attraverso la sua organizzazione non-profit, Empowering Cuts , tagli i capelli gratuitamente in tutta la città e lo stato ai senza fissa dimora . "Hanno fatto davvero grandi passi avanti nelle loro vite personali. Sono degli eroi per noi. Sono degli eroi per le loro famiglie e sono degli eroi per le loro comunità", ha detto la presidente Kathryn Ott Lovell. 
È anche un modo, tipicamente americano, di auto incentivare l'eterno mito della sfida da vincere,  del self made man/woman che ce la fa ad ottenere qualcosa di inarrivabile, una celebrazione della tenacia , del non arrendersi , della perseveranza, della meta da raggiungere dunque infine del 'sogno americano' che ha plasmato la nazione che proprio qui fu fondata dai padri della patria che firmarono la Dichiarazione d'Indipendenza e la Costituzione degli Stati Uniti il 4 luglio 1776.

Ecco un viaggio tra gli attuali eroi alla Rocky, la città identitaria americana e la comunità italiana che qui è molto presente da sempre.

(alessandra.magliaro@ansa.it)

Rocky runners, su per i gradini del Philadelphia Museum of Art

La philadelphia di Rocky Balboa
La philadelphia di Rocky Balboa - RIPRODUZIONE RISERVATA

Al Rocky Day si monta un palchetto e si va in onda in diretta tv su Cbs sfidando il vento gelido che taglia la faccia in cima alla mitica scalinata con alle spalle il neoclassico Philadelphia Museum of Art che serviva a Stallone per allenarsi e che oggi che tu sia in forma o no, in tenuta da runner o addirittura in abito da cerimonia (si accade anche di questo) devi salire di corsa con il nanana in testa, quel Gonna Fly Now di Bill Conti che ciascuno conosce.

I vincitori del premio Pulitzer Michael Vitez e Tom Gralish del Philadelphia Inquirer hanno trascorso un anno visitando il Philadelphia Museum of Art per catturare le storie dei "Rocky runners", che provengono da tutto il mondo per salire di corsa i gradini più famosi d'America, proprio come fece Sylvester Stallone in Rocky. Le persone - dicono gli autori - compiono il pellegrinaggio per segnare un nuovo inizio, per cercare ispirazione, per celebrare un traguardo, per trovare lo sfondo perfetto per un amore o semplicemente perché amano il film.

La statua con Rocky Balboa con le braccia alzate sta a Philadelphia come il David di Michelangelo a Firenze. Il paragone lo fa, l'artista Thomas Schomberg, un signore ormai in là con gli anni con il mito dell'arte italiana, che ogni anno si muove da Los Angeles a Philadelphia per partecipare alle celebrazioni.

Proprio come fosse Piazza della Signoria, d'estate per una foto davanti la statua, possibilmente imitando la posa di Balboa a braccia in aria si fa una lunga fila. Volendo oltre al passaggio allo shop ufficiale dove comprare l'occorrente per 'vestirsi' da Rocky, si può acquistare la medaglia del vincitore da indossare per lo scatto. C'è persino un concorso per cani cosplayer del bullmastiff che aveva Rocky (il suo si chiamava Butkus, Birillo, e leggenda vuole che era talmente al verde Stallone pre-Rocky da averlo venduto per 50 dollari salvo ricomprare l'animale tempo dopo a contratto di produzione firmato).

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La Philadelphia di Rocky Balboa

La Philadelphia di Rocky Balboa foto di Alessandra Magliaro  - Fishtown
La Philadelphia di Rocky Balboa foto di Alessandra Magliaro - Fishtown - RIPRODUZIONE RISERVATA

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Nei luoghi del film Rocky, un tour nella Philadelphia da scoprire

Veduta del Delaware, uno dei due fiumi che attraversa Philadelphia, su cui si svolgono gare di canoa
Veduta del Delaware, uno dei due fiumi che attraversa Philadelphia, su cui si svolgono gare di canoa - RIPRODUZIONE RISERVATA

Inevitabile il tour in bus nei luoghi di Rocky. Si prende ai piedi della scalinata e si parte con la guida a raccontare minuziosamente il personaggio, il film, i luoghi del set e quando sali sul bus ti dice 'quanto sei fan?' Perché nelle oltre due ore ci sono anche i quiz da risolvere. Nel bus accappatoio giallo e guantoni per scatti a tema durante il percorso. In pieno american style si sosta all'antico cimitero-giardino Laurel Hill con vista sullo Schuylkill River  (uno dei due fiumi che attraversano la città, l'altro è il Delaware) dove c'è la tomba di Adriana Balboa, l'amata Adrianaaaa con tanto di data di morte (11 gennaio 2002) e dove il nostro Rocky andava a piangere come si vede nelle scene iniziali del VI film, girate nel 2006. Si raggiunge così l'assurdo fatto di una tomba vera di marmo grigio, posto per i fiori e nome inciso sopra, per un personaggio di finzione, ai margini di un cimitero cattolico, il secondo più grande d'America. Sempre proseguendo nell'assurdo accanto alla tomba c'è un mentore a raccontarci vita e morte di Adriana mentre accarezza la lapide come se stesse parlando di una persona reale.

Si risale e da lì si va verso downtown attraversando i ghetti poveri che sono diventati i quartieri della zona un tempo prospera di Philadelphia dove era pieno di fabbriche. Ora tutto sembra un po' abbandonato, dismesso con povera gente per lo più nera ad abitare quei luoghi e quando arrivi a Kensington sei nel famigerato posto degli zombie, i disperati dipendenti del micidiale fentanyl, l'oppioide sintetico che sta facendo strage. In queste strade nel film c'era la dimessa casa del pugile.
Le vie dopo sono parte della saga con il negozio di animali (ora una pizzeria) e la palestra Mick's Gym all'incrocio tra Susquehanna dove passa la famosa metropolitana sopraelevata in ferro costruita negli anni '10 del Novecento. Un luogo operaio industriale di grande fascino e che ora è in pieno recupero. Poche vie e si arriva Fishtown, la nuova scena gastronomica di Philadelphia piena di bei locali, enoteche e gallerie d'arte.  Un occhio allo skyline di downtown con i grattacieli liberty e quelli nuovi avveniristici, di qua il ponte Benjamin Franklin tra i padri fondatori della patria, un ponte antico in ferro attraversato il quale si passa in New Jersey e con due ore scarse si arriva a New York.

Lungo la  N. Christopher Columbus Blvd che costeggia il fiume ci si impatta nel più grande murale al mondo con la bandiera americana , dice con orgoglio la guida del Rocky Tour. E' alto quanto un palazzo (era una fabbrica liberty ora sono appartamenti) ed è firmato da Meg Saligman, tra le più noti street artist. A proposito di bandiera americana si fa un tuffo nella storia in piena città vecchia in Arch Street a pochi isolati di distanza dalla City Hall e dalla Liberty Bell., visitando la Betsy Ross House e fare un altro debito passaggio di patriottismo. In questa casa coloniale settecentesca ha  vissuto, la donna che, come vuole la leggenda, ha cucito la prima bandiera degli Stati Uniti e ha sostituito le stelle a sei punte con le stelle  a cinque punte, più facili da cucire. Una moglie, una lavoratrice e un’imprenditrice che ogni anno il 13 giugno qui viene commemorata per il National Flag Day.

Si arriva a Little Italy, dove le strade dell'Italian Market sono da sempre il cuore della comunità italiana che alla fine del1800 è arrivata numerosa da queste parti. Le strade sono piene di mercanzie,  i cognomi sono Paesano,  Luciano, Baldi, Di Bruno, Isgrò ecc. Sono alla quarta generazione ormai e i discendenti di quegli immigrati pionieri arrivati soprattutto dall'Abruzzo e dalla Sicilia e Campania di italiano sanno ben poco ma il senso delle radici e della comunità cresciuta qui dall'altra parte dell'oceano è ancora fortissimo al punto che questi negozi e ristoranti sono aperti tutti i giorni della settimana 365 giorni l'anno senza alcuna interruzione dal 1915. Qui Stallone ha girato alcune scene nella saga e l'incrocio di strade è talmente fotogenico da essere spesso set. 
Si arriva al The Victor Café in South Philadelphia che nella saga è il ristorante di Rocky intitolato Adrian's in omaggio alla mitica Adriana, Talia Shire e nella realta è un posto molto famoso, un po' assurdo in cui si mangia italiano (leggasi italo-americano) mentre i camerieri cantano arie d'opera essendo un posto per amanti della musica a cominciare dal proprietario melomane che ha tappezzato le pareti di questo posto famoso con le foto da Arturo Toscanini in giù.

Philly non è solo questo: imperdibile la Barnes Collection, una delle più grandi collezioni private al mondo di capolavori di Renoir, Cezanne, Matisse, Monet e anche Van Gogh e Modigliani; il Museo Rodin con i capolavori dello scultore; l'Old Town con i palazzi in cui i padri della patria americana fondarono la nazione il 4 luglio 1776 e il grande vivace  Reading Terminal Market di Philadelphia, aperto il 22 febbraio del 1893,  uno dei più antichi mercati pubblici d'America dove si possono gustare specialità locali come la Philly cheese steak (un panino con straccetti di bistecca e formaggio fuso), i brownies, bretzel soffici (dai primi migranti europea di origine tedesca) e i piatti amish (la comunità che arrivò dall'Europa nel Settecento) tra cui il raviolo di mela caldo, i pancake di carne.

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Italiani di Philly, dall'Abruzzo al Friuli storie di orgoglio

Italian Market di Philadelphia - set di Rocky
Italian Market di Philadelphia - set di Rocky - RIPRODUZIONE RISERVATA

Una delle parti più interessanti di Philadelphia, inclusa nel film Rocky ma non solo, è la zona italiana dove un mercato è presente dall'inizio dell'ondata di immigrazione, è ancora oggi molto frequentato dalle nuove generazioni ormai americane e si vanta di essere aperto, unico in America, 365 giorni l'anno.
Il primo contatto tra la regione di Philadelphia e l'Italia avvenne nel XVII secolo. Philadelphia, scrive Arianna DiCicco su America Domani coltivando le sue radici originarie, divenne una calamita per gli immigrati italiani del nord verso il Nord America britannico, ben collegata con porti come Genova. 

Molti di questi qualificati immigrati del Nord erano musicisti, artisti, scienziati, intellettuali, artigiani e imprenditori. Nel 1791, la Repubblica di Genova nominò il suo primo console a Philadelphia dalla penisola italiana. Dovevano essere responsabili delle relazioni commerciali. Il Risorgimento spinse molti italiani del Nord fuori dall'Italia. Philadelphia era diventata un faro negli Stati Uniti, rappresentando l'epitome della libertà americana. Dai primi anni del 1880 alla metà degli anni '20 segnò il picco della migrazione di massa italiana a Philadelphia. Alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX secolo, South Philadelphia stava assistendo a un'ondata di immigrazione italiana dall'Italia meridionale. Molti provenivano dalle regioni di Abruzzo, Campania e Sicilia.

Italiani a Philadelphia 

Storicamente, gli italiani hanno mantenuto un forte senso di appartenenza regionale, provinciale e locale. Erano separati da dialetti, tradizioni e cucina. Le enclave hanno iniziato a formarsi con gli immigrati dalla regione degli Abruzzi che vivevano in un quartiere, i siciliani e gli altamente qualificati settentrionali del Friuli

A differenza dei loro predecessori del Nord, gli immigrati del Sud Italia erano lavoratori non qualificati, spesso vittime di discriminazioni, etichettati come violenti e inclini alla criminalità legata alla mafia. 

Il numero di residenti nati in Italia nella città è diminuito costantemente dal 1940 al 1990. La popolazione di origine italiana di South Philadelphia è diminuita di quasi il 60 percento durante gli anni '70. La crescita economica dell'Italia nel settore industriale tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 ha rallentato l'emigrazione favorendo quella italiana.
Tuttavia, dalla fine degli anni '90, Philadelphia ha assistito a una rinascita dell'immigrazione dall'Italia. Questi immigrati, che costituiscono la maggior parte della recente popolazione di origine italiana della città, erano per lo più studenti laureati, giovani professionisti, ricercatori e accademici attratti da una migliore istruzione, una migliore qualità della vita, un reddito più elevato e lavori più gratificanti. Entro il 2010, Philadelphia è diventata la patria della seconda più grande popolazione italoamericana negli Stati Uniti. L'eredità dell'identità italiana e italoamericana perdura a Philadelphia ed è una testimonianza di una cultura forte e bella, ricca di tradizioni durature, profondi legami comunitari e un orgoglio incredibile. 

La cucina italo-americana di Philadelphia

 Jacquie Kelly che è una chef ma anche una food guide porta i visitatori nel mercato italiano di Philadelphia, è nata da queste parti e conosce tutti i negozianti di queste strade. La cucina risente delle origini italiane ma è stata con il tempo stravolta assumendo una propria identità. "Oggi abbiamo tutti i prodotti italiani d'origine controllata, nei decenni scorsi erano rari e così i piatti della tradizione, quelli con cui gli emigranti erano cresciuti venivano adattati a quel che si trovava in loco. Oggi potendo viaggiare anche i loro gusti si sono raffinati ma alcuni piatti restano made in Italy a Philadelphia". Quali? Spaghetti con le polpette, un classico come a New York, la parmigiano chicken ossia cotoletta di pollo fritta con sopra sugo, pomodoro e mozzarella, la pasta all'Alfredo (dal ristorante il vero Alfredo a Roma molto amato dagli americani, tagliatelle al doppio burro e parmigiano ndr) condita invece qui con panna e uovo, il sugo della domenica cotto a lungo come si usa al sud.

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Citazione

Sylvester Stallone, perchè Rocky piace ancora? Siamo tutti perdenti in cerca di rivincita

Dice Sylvester Stallone : "Ho trascorso tempo a Philadelphia negli anni '60, andavo alla Lincoln High School di Fishtown e lavoravo nella zona del porto, per questo ho girato lì il film ma i gradini sono un'area magica. Abbiamo visto Rocky nello squallore, lui corre via da tutto questo squallore e povertà e decide che la vetta che determinerà il suo successo sarà quando arriverà correndo in cima ai gradini , come arrivasse in una altra dimensione, come fosse l'inizio di una trasformazione. La scena nel film è stata improvvisata, non c'era niente di scritto. Perchè le persone corrono qua ancora dopo quasi 50 anni? Penso che Rocky rappresenti qualcosa, è una ispirazione. Siamo tutti underdogs, perdenti, e ci sono pochissime situazioni iconiche accessibili per diventare campione: non puoi metterti il mantello di Superman, non puoi usare la spada laser Jedi. Ma i gradini ci sono. I gradini sono accessibili. E stando lì, hai una specie di pezzo della torta di Rocky".  

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