Il sito archeologico di Palmira, l'antica città semita situata nel centro della Siria (240 km a nord-est di Damasco), è sotto attacco dell'Isis.
Dichiarata dall'Unesco patrimonio dell'umanità la città fiorì nell'antichità come punto di sosta per le carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano ed ebbe un notevole sviluppo fra il I ed il III secolo dopo Cristo. Per questo motivo fu soprannominata la 'Sposa del deserto'.
Il nome greco della città, Palmyra, è la traduzione fedele dall'originale aramaico, Tadmor, che significa 'palma'.
La città è citata nella Bibbia e negli annali dei re assiri, ma in particolare la sua storia è legata alla regina Zenobia che si oppose, secondo la tradizione, ai romani e ai persiani. Poi venne incorporata nell'impero romano e Diocleziano, tra il 293 e 303, la fortificò, per cercare di difenderla dalle mire dei Sasanidi facendo costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.
A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.
Durante la dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza. L'imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione. Poi sotto il dominio degli arabi la città andò in rovina.
Il sito archeologico comprende la via colonnata, il santuario di Bel, quello di Nabu, le Terme di Diocleziano, il teatro e l'Agora. Vere e proprie perle architettoniche.