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Berlino, al centro accoglienza con 1600 migranti

Appena arrivati subito coperte, cibo caldo e giochi per i bimbi

La fame. "La prima cosa evidente, quando arrivano, è che hanno una gran fame", racconta un volontario che ancora non sa di non poter parlare ai giornalisti. E quindi i profughi vengono accolti con acqua e cibo. Poi iniziano le procedure per la registrazione. Siamo nel centro di prima accoglienza di Berlino, a Spandau. In una ex caserma della polizia, fra palazzine di mattoncini rossi, ci sono anche 70 tende. E in questo campo, stanotte, dormiranno 1600 persone. Seicento sono arrivate in questo drammatico weekend. L'ingresso non è semplice. Gli estranei, stampa inclusa, vengono ricevuti dagli addetti alla sicurezza. Ascoltano la richiesta, e ti conducono nella stanza-registrazione. Servono diversi passaggi per essere autorizzati a restare a parlare con i richiedenti asilo, e ci sono regole precise. Niente foto alle strutture del centro, vietato entrare nelle stanze, e girare fra le tende. Vietato anche disturbare volontari e operatori in servizio. A loro, i migranti, ci si può rivolgere soltanto se si ha l'impressione di non disturbare. E se lo concedono sarà possibile immortalarli con uno scatto. Ne va tutelata la quiete.

    "Sono di Aleppo, io e mio padre siamo arrivati qui stamattina", racconta Lena all'ANSA. Ha 18 anni. "La situazione nel mio paese e nella mia città è drammatica – dice in un buon inglese – Assad è un assassino". "Mia madre per ora è rimasta lì con mio fratello, non avrebbe avuto la forza di affrontare questo viaggio". Venti giorni in cammino, Lena è una delle migliaia di persone sopravvissute all'odissea fra Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria. "Siamo partiti il 14 agosto e siamo arrivati ieri a Monaco. Adesso aspetto che mi venga assegnata la mia stanza". Ha affrontato anche un tratto in mare: "Cinque ore, dalla Turchia alla Grecia. Su una barca di 7 metri, con 50 persone e 7 bambini. Ma io non ho avuto paura. So nuotare molto bene". Prezzo del viaggio: 1200 dollari a persona. Poi l'Ungheria: "Le condizioni dei campi lì sono pietose. Non so cosa mi sono presa", dice mostrando delle vesciche al viso. "La polizia tratta i profughi malissimo, ci hanno picchiato.
    Praticamente non ci considerano esseri umani". "Qui è molto diverso. Ci hanno accolto bene. E io in Germania ho intenzione di studiare e laurearmi, vedo bene il mio futuro in questo paese". Appena possibile prenderà lezioni di tedesco, "le offrono loro".

    La vita al campo, lunedì, nel primo pomeriggio è ordinata. In ogni stanza alloggiano da una a otto persone. Nelle tende, spiega qualcuno, dieci. Si cerca di destinare lì soltanto gli uomini. Ma ci sono donne e bambine che preferiscono l'accampamento: famiglie numerose che vogliono restare unite. I pasti, tre volte al giorno, vengono offerti in più punti: la mensa della vecchia scuola all'edificio 46 non basterebbe. "Due caldi e uno freddo, orari flessibili". Mentre qualche operatore si presta a descrivere il centro, passano bambini e donne con il velo. Non parlano inglese. Un bimbo sui cinque anni porta un sacco con dei giocattoli: costruzioni, un telefono, una pistola ad acqua con cui tenta di spaventarti. La madre ha fra le braccia una cassetta: banane, panini, succo di frutta, bicchieri. "I migranti possono restare qui fino a una media di tre mesi. Nella situazione di emergenza attuale, il periodo potrebbe prolungarsi. Fino a quando si trovano in questo luogo vengono assistiti e riforniti di tutto: cibo, vestiti, sapone, shampoo, asciugamani, coperte. Il passo successivo alla registrazione prevede il trasferimento in alloggi comunitari, dove possono vivere autonomamente. A quel punto avranno un sussidio". Ma anche in questa fase può accadere che il diritto d'asilo alla fine non sia riconosciuto: e c'è la possibilità di dover tornare nel proprio paese. "Io ho paura che mi rimandino indietro – spiega un ragazzo di 16 anni, afghano -. Sono arrivato qui da solo. E a me interessa solo imparare, e studiare. Non voglio lavorare subito", sostiene. Forse sa che questo argomento gli porterà fortuna? Un'idea in tre giorni di campo se l'è fatta: "Qui sei fortunato se sei siriano. Non sanno che nel mio Paese le cose vanno altrettanto male".(ANSA).
   

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