E' stata annullata la condanna a 15 anni di reclusione inflitta ad un agente di polizia riconosciuto colpevole della morte di Shaimaa El-Sabbagh, l'attivista di sinistra uccisa l'anno scorso durante un pacifico corte al Cairo e divenuta un'icona della repressione delle manifestazioni in Egitto. La sentenza è stata annullata dalla Corte di Cassazione che ha ordinato un nuovo processo presso un altro tribunale.
L'agente, Yassin Mohamed Hatem Salah Eddine, condannato nel giugno scorso, ha presentato ricorso vincendolo nel secondo grado di giudizio dell'ordinamento egiziano (la Cassazione). Sabbagh, 32 anni, dirigente locale del Partito dell'alleanza popolare socialista, secondo l'Autorità di medicina legale era morta per proiettili di gomma sparati da otto metri di distanza che l'avevano raggiunta alla schiena procurandole un'emorragia interna, lesioni cardiache e polmonari. I colpi erano stati esplosi per disperdere un piccolo corteo formatosi nel centro del Cairo alla vigilia del 25 gennaio, l'anniversario della caduta del regime di Hosni Mubarak. L'immagine della donna sanguinante fra le braccia di un uomo che la sorregge stringendola alla vita era divenuta virale sui media. Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi aveva mostrato di aver preso a cuore il caso di Sabbagh: "E' una figlia dell'Egitto e tutti i figli dell'Egitto sono miei figli", disse Sisi formulando le proprie "condoglianze alla sua famiglia e a tutti gli egiziani che soffrono per la sua morte". La sua morte aveva messo in evidenza che la draconiana legge egiziana che limita il diritto a manifestare non colpisce solo i Fratelli musulmani dichiarati terroristi ma di fatto anche altre formazioni legittime.