"Le decisioni dei tribunali" del Regno Unito sul piccolo Charlie "sono state meticolose e accurate e riesaminate in tre gradi di giudizio con ragionamenti chiari ed estesi che hanno corroborato sufficientemente le conclusioni a cui sono giunti i giudici". Questa la principale motivazione in base alla quale la Corte per i diritti umani di Strasburgo ha deciso, martedi' 27 giugno scorso, di ritenere inammissibile il ricorso presentato dai genitori del piccolo contro le sentenze con cui i giudici inglesi avevano stabilito di porre fine alle cure che consentivano di mantenere in vita il bimbo. In un primo momento la Corte aveva intimato a Londra di sospendere l'applicazione delle sentenze dei tribunali inglesi fintanto che non si fosse pronunciata sul ricorso. Una sospensiva durata pero' solo pochi giorni. Il 27 giugno e' arrivata la decisione di respingere il ricorso presentato dai genitori del piccolo Charlie perche' i giudici europei hanno ritenuto che non spetti a loro, almeno in questo caso, sostituirsi alle autorita' nazionali. E questo in virtu' "del considerevole margine di manovra che gli Stati hanno nella sfera dell'accesso alle cure sperimentali per malati terminali e nei casi che sollevano delicate questioni morali ed etiche". La Corte ha dato tra l'altro peso al fatto che in Gb "esiste una legislazione, compatibile con la Convenzione europea dei diritti umani, che regola sia l'accesso ai trattamenti sperimentali che la sospensione dei trattamenti per tenere in vita qualcuno".
La Corte europea per i diritti umani, conosciuta anche come Corte di Strasburgo, e' stata creata nel 1959 per assicurare che gli Stati membri del Consiglio d'Europa rispettassero gli obblighi che hanno assunto ratificando la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La Corte di Strasburgo non ha quindi nulla a che vedere con la Corte di giustizia Ue di Lussemburgo (una delle istituzioni dell'Ue), con la quale a volte viene erroneamente confusa.
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