BERLINO, 6 DICEMBRE 2019 - Angela Merkel non era mai stata ad Auschwitz. Ne ha varcato i cancelli oggi per la prima volta, giunta a metà della sua quarta legislatura in Germania. Un gesto che prima di lei, da cancellieri, fecero solo Helmut Schmidt e Helmut Kohl. "Provo una vergogna profonda", ha detto quando ha preso la parola, dopo aver visitato anche il campo di sterminio di Birkenau. E ha citato Primo Levi: "E' accaduto, dunque può accadere di nuovo". Questa storia va raccontata, ha ripetuto più volte, "mai dimenticare". Soprattutto per la Germania, non è possibile lasciarsi la Shoah alle spalle. La responsabilità tedesca per "crimini che la mente umana neppure può afferrare" è "parte della nostra identità nazionale". Tirare una linea con questo passato, per i tedeschi, è impossibile.
La cancelliera ha varcato il cancello con la famigerata scritta 'Arbeit macht frei' vestita di nero, le mani nude. Prima di entrare, ha rallentato un paio di volte, si è fermata. Più che solenne, è parsa quasi smarrita. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, non l'ha lasciata sola: a passo lento, hanno fatto il loro ingresso fra fotografi e dirette sui media tedeschi che hanno parlato di "momento storico". Poi è iniziata la visita al campo, durata oltre 4 ore. Chi era con lei ha riferito di una donna insolitamente turbata, commossa. Una commozione emersa anche dalle parole scelte. "È tutt'altro che facile essere e parlare qui, da Bundeskanzlerin, oggi. Provo una vergogna profonda per i crimini barbari che sono stati commessi qui da tedeschi: crimini che superano i limiti di ogni possibile comprensione", ha esordito. "Per lo sgomento per quello che a donne, uomini e bambini è stato fatto in questo posto, in realtà bisognerebbe ammutolire. Quali parole possono rispondere a questo cordoglio? Eppure tacere non può essere la nostra unica risposta. Questo luogo ci obbliga a tenere sveglia la memoria". Un lungo passaggio è stato dedicato dalla Merkel alla preoccupazione per il mondo di oggi: "In questi giorni non è retorica. In questi giorni è necessario dirlo in modo chiaro.
Perché viviamo un preoccupante razzismo, una crescente intolleranza, un'ondata di delitti d'odio. Viviamo un attacco ai valori fondamentali della democrazia liberale e un pericoloso revisionismo storico al servizio di una disprezzo diretto verso alcuni gruppi umani". Merkel ha quindi messo in guardia dall'antisemitismo "che minaccia la vita ebraica in Germania, in Europa e altrove". "Noi non tolleriamo alcuna forma di antisemitismo", ha avvertito. Il fatto che vi sia una comunità ebraica fiorente in Germania e che con Israele vi siano buoni rapporti è "un regalo". Nel discorso c'è stato anche tutto l'orrore della Shoah. La cancelliera ha citato i 6 milioni di ebrei, vittime dell'Olocausto. Poi le cifre del campo simbolo dell'orrore nazista, dove ci furono 1,1 milioni di vittime, per la maggior parte ebrei. Ma ha ricordato anche i sinti, i rom, i tanti polacchi. E oltre che sui crimini efferati, le torture, la morte nelle camere a gas, i forni crematori, Merkel si è soffermata su quella mostruosità che i superstiti hanno testimoniato: "L'annientamento dell'identità e della dignità delle vittime".
Su tutto questo la responsabilità tedesca "non ha fine". "Essere consapevoli di questa responsabilità è parte ferma della nostra identità nazionale", per la cancelliera, che ancora una volta ha preso le distanze dalla tentazione dell'ultradestra di Alternative fuer Deutschland di chiudere con il passato. "È vero ciò che disse Primo Levi. Sopravvissuto ad Auschwitz nel campo dei lavori forzati di Monowitz, scrisse: 'E' successo. Dunque può accadere di nuovo'. Per questo non dobbiamo chiudere gli occhi e le orecchie se le persone vengono insultate, umiliate, marginalizzate. Dobbiamo contrastare chi alimenta odio e pregiudizi contro persone di altre religioni o di altre provenienze. Non dobbiamo mai dimenticare". "Io mi inchino - ha detto alla fine - davanti a ciascuna di queste persone. Mi inchino davanti alle vittime della Shoah. Mi inchino davanti alle loro famiglie".