"Les jeux sont faits, rien ne va plus": in tempi di coronavirus chiude anche Las Vegas, la mecca del gioco e del divertimento che rimaneva aperta 24 ore su 24 attirando turisti da tutto il mondo. Ma qui, raccontano le immagini dei media e le testimonianze degli ultimi ospiti, le scene sono ancora più surreali che nella quasi deserta New York, dove c'è ancora un alito di vita. Nella Sin City, la città del peccato, hanno abbassato le saracinesche casinò, hotel, ristoranti, teatri e night club, che rappresentano oltre il 90% delle attività. E' come se fosse saltato il banco dell'intera economia locale. Luci e insegne spente, slot machine vuote, spariti il traffico e i rumori, a parte quelli dei condizionatori e delle hit anni Novanta che tengono compagnia al personale della sicurezza e delle pulizie. La Strip senza i suoi neon, il via vai di auto e le folle, è una strada triste e solitaria nel deserto che unisce senza quasi ombra umana Winchester a Paradise, ora ribattezzato Hell, inferno. Le uniche presenze sono quelle dei senzatetto. La sindaca di Las Vegas, Carolyn Goodman, è infuriata per la decisione del governatore dem del Nevada Steve Sisolak di bloccare tutto per 30 giorni. "Non è mai successo, neppure dopo l'11 settembre o la sparatoria con i 58 morti", attacca, chiedendo inutilmente una chiusura di soli 8-10 giorni per evitare il collasso dell'economia locale. Qualche esercizio però tira ancora. Sono i negozi di armi, dove ci sono file di clienti che si attrezzano dopo i rumors di rapine in casa. Ma sono solo fake news sui social.(ANSA).