Anche il Padrino forse non avrebbe avuto scampo di fronte a un nemico così invisibile ma micidiale, il Covid-19. Fatto sta - raccontano al dipartimento della polizia di New York - che la pandemia sta riuscendo a fare quello che in oltre cento anni non è riuscito a gente come Joseph Petrosino, Bob Kennedy o Rudy Giuliani: mettere in ginocchio le 'famiglie' che da sempre dominano la scena dell'illegalità nella Grande Mela.
Il coronavirus si è abbattuto sulla mafia newyorchese come una mazzata, riducendo drasticamente le possibilità di fare attività criminale e, dunque, le entrate. A partire dal mondo delle scommesse clandestine: lo stop a tutti i livelli dello sport - dal basket al baseball, dal football americano al soccer - ha azzerato una delle fonti di maggior guadagno dei vari clan.
Gambino, Lucchese, Genovese, Bonanno, Colombo, tutte le famiglie sulla stessa barca. Oramai restano le briciole, come scommettere sul cricket africano o sugli incontri del calcio australiano. Il colpo di grazia, poi, è arrivato dalla chiusura dei cantieri in tutta New York decisa dal governatore Andrew Cuomo, che ha stroncato il racket delle costruzioni, per non parlare della serrata di tutte le attività non essenziali che ha praticamente annientato la vecchia ma sempre fruttuosa pratica del pizzo a bar e ristoranti. Ai clan non rimane che gettarsi a capofitto sul fronte del traffico della droga - come emerge da molte intercettazioni - anche per quelle famiglie che tradizionalmente non gradiscono sporcarsi le mani nel business degli stupefacenti. Ma la chiusura dei luoghi principe dello spaccio, dai club ai locali notturni e anche le scuole, rendono tutto molto più difficile. "Siamo di fronte a una situazione storica - confessa un investigatore - mai vista fin dai tempi di Lucky Luciano, quando le 'cinque famiglie' cominciarono e imperversare per la Grande Mela".