"I leader guidano. I codardi si inginocchiano". Donald Trump ritwitta il post di un esponente repubblicano che mostra due foto: una che ritrae il tycoon mentre a passo sostenuto esce dalla Casa Bianca nella oramai famigerata passeggiata conclusasi con la foto con la Bibbia, e un'altra foto che mostra Joe Biden con la mascherina inginocchiato, il gesto simbolo della protesta di questi giorni. Il presidente Trump, cui sembra piacere molto la parola codardo, torna ad infiammare le polemiche all'indomani delle manifestazioni che hanno visto in Usa e nel mondo migliaia in marcia in nome di George Floyd contro il razzismo e le brutalità della polizia e nel giorno della fronda dei big repubblicani contro la sua corsa per il secondo mandato alla Casa Bianca.
'Republicans for Biden' - Ormai è deciso: l'ex presidente americano George W. Bush non voterà per Donald Trump. Lo stesso farà il senatore ed ex candidato alla Casa Bianca Mitt Romney, mentre l'ex segretario di stato Colin Powell ha dichiarato che il 3 novembre sulla scheda elettorale scriverà il nome di Joe Biden. La lista dei big del partito repubblicano che prende definitivamente le distanze dal presidente americano si allunga di giorno in giorno. Lo strappo definitivo in seguito alla gestione considerata disastrosa della pandemia e delle proteste seguite alla morte di George Floyd. Nella gran parte dei casi il fronte anti-Trump tra i repubblicani annovera figure di spicco che già nel 2016 non si schierarono col tycoon, da sempre visto come il fumo negli occhi da gran parte dell'establishment del partito. Ma - come sottolinea in un'analisi il New York Times - allora era diverso: in pochi credevano che Trump ce l'avrebbe davvero fatta, e non c'era alcuna agenda repubblicana da salvare. Nel 2020 la posta in gioco è più alta: i repubblicani rischiano di riconsegnare non solo la Casa Bianca ma anche il Senato ai democratici, rinunciando a quelle priorità dell'agenda conservatrice che il tycoon, nel bene e nel male, in tre anni e mezzo ha rimesso al centro della politica. I nodi però vengono al pettine e per molti Trump ha davvero passato il segno, non rappresentando piu' in alcun modo i valori fondanti del partito. Cosi' Bush lo ripudia. Powell, primo capo della diplomazia Usa afroamericano, lo definisce "un pericolo per il Paese" e dopo aver votato per Barack Obama e per Hillary Clinton appoggia ora Biden: "E' un truffatore, ci ha trascinato nelle disastrose guerre del Medio Oriente", ha replicato il tycoon su Twitter ricordando la tesi delle armi di distruzioni di massa in mano Saddam Hussein rivelatasi poi infondata, ma che intanto porto' al conflitto con l'Iraq. Anche la vedova del senatore John McCain, Cindy, votera' per il candidato democratico, e altri sono tentati. L'ex vicepresidente lo sa e pensa alla nascita di una coalizione 'Republicans for Biden' che potrebbe dargli una spinta decisiva verso la vittoria.
Si dimette responsabile editoriali del Nyt, ira Trump - Il responsabile della pagina degli editoriali e dei commenti del New York Times, James Bennet, si è dimesso dopo le polemiche per la pubblicazione dell'op-ed del senatore repubblicano Tim Cotton in cui si chiedeva l'intervento dell'esercito per sedare le proteste nelle città americane. Lo ha reso toto con un tweet lo stesso quotidiano spiegando che le dimissioni hanno effetto immediato. Sempre su Twitter la reazione di Donald Trump, che difende l'opinione pubblicata di Cotton e definisce il Nyt "Fake News".
'Law and Order' - E' lo slogan che Donald Trump vuole trasformare nel mantra della sua campagna elettorale in questi cinque mesi che lo separano dal voto. Un richiamo all'ordine e alla legalità che il tycoon ripete ossessivamente in queste ore, all'indomani dell'ondata di manifestazioni in ogni angolo d'America contro il razzismo e la polizia violenta. Proteste pacifiche nel nome di George Floyd, come l'imponente marcia di Washington a cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone e che il presidente su Twitter ha liquidato con poche parole: "Erano molti meno del previsto". Trump ha quindi ordinato il ritiro degli uomini della Guardia Nazionale, chiamati per sostenere le forze dell'ordine nei giorni dei disordini: per il momento non servono piu' anche se, ha ammonito, "potrebbero tornare se necessario". Ma l'immagine di una Casa Bianca assediata e blindata e quella di un Paese in fiamme hanno per giorni fomentato la rabbia del presidente, fino a sfiorare uno scontro senza precedenti con il Pentagono e con i vertici militari. Trump infatti - secondo fonti bene informate - lunedi' scorso durante una drammatica riunione alla Casa Bianca si era spinto a chiedere con forza la mobilitazione di almeno 10 mila soldati per spegnere le proteste. Non solo a Washington ma anche nelle altre citta', a partire da York dove le manifestazioni sono degenerate in una vera e propria rivolta con vandalismi e saccheggi.