Sono di sollievo le prime reazioni in casa Tory al preannuncio della resa di Boris Johnson di fronte ai contraccolpi dello scandalo Pincher e alla crisi scatenatasi nel suo partito negli ultimi tre giorni con dimissioni a raffica. Robert Buckley, suo ex ministro della Giustizia, ha detto che il premier "si è arreso all'inevitabile"; mentre un oppositore interno storico come Tobias Ellwood si dice "lieto" che alla fine BoJo abbia accettato il passo indietro e ha invocato la necessità vitale che il partito di maggioranza britannica ora si "riorganizzi" e trovi un'unità interna il più ampia possibile.
Il sottosegretario uscente George Freeman ha tuttavia confermato le sue dimissioni, sostenendo che Johnson dovrebbe "chiedere scusa alla Regina", in quanto capo di Stato, per aver trascinato la crisi in questi giorni e aver accarezzato anche l'ipotesi, secondo alcuni media, di sciogliere il Parlamento di autorità (prerogativa che la legge britannica assegna al primo ministro, con il solo obbligo della controfirma della sovrana, dopo la revoca nel 2019 di una riforma del 2011 che l'aveva invece legata all'approvazione di due terzi della Camera dei Comuni). Freeman ha aggiunto che a suo giudizio BoJo dovrebbe raccomandare alla regina anche la nomina di un premier facente funzioni fino all'elezione di un nuovo leader Tory, e lasciare Downing Street immediatamente.
Ancor più netto il Labour, maggiore partito di opposizione, secondo cui le dimissioni di Johnson sono un atto dovuto ma non bastano, perché il Regno avrebbe bisogno di un governo non più guidato dal Partito Conservatore.