La socialdemocrazia regge e spera nella riconferma. Ma l'estrema destra fa incetta di seggi e potrebbe diventare il secondo partito del Riksdag. In Svezia la sfida sul filo di lana tra le due coalizioni di centrosinistra e centrodestra - che verrà probabilmente decisa all'ultimo voto - certifica l'ascesa pronosticata ormai da settimane dei nazionalisti di Jimmie Akesson che, stando ai primi exit-poll, si proiettano anche oltre l'attesa soglia del 20%. Il risultato storico - se confermato dai risultati definitivi - potrebbe non bastare a spingere l'alleanza di destra al governo interrompendo un digiuno di quasi un secolo, ma certifica lo spostamento di un Paese attraversato da insicurezza e ineguaglianze sociali con le quali mai prima d'ora si era confrontato.
Pochi minuti dopo la chiusura dei seggi - affollatissimi durante tutta la giornata - i primi due exit poll diffusi dalle televisioni svedesi SVT e TV4 premiavano per un soffio il campo 'rosso-verde' di sinistra (Socialdemocratici, Verdi, Sinistra e Partito di Centro), guidato dalla premier uscente Madgalena Andersson, con un bottino stimato tra il 49,8% e il 50,6%. Da sola, la prima donna a capo del Paese è data al 29,3% delle preferenze. La sua riconferma passa comunque tutta per una manciata di voti, come ha ammesso la stessa Andersson a favor di telecamere appena uscita dall'urna. La coalizione di destra (Moderati e Liberali), sostenuta dall'estrema destra dei Democratici Svedesi di Akesson, rincorre infatti vicinissima, stretta tra il 48% e il 49,2%.
Un testa a testa che si riflette anche nella proiezione dei seggi in parlamento: il blocco di sinistra ne otterrebbe 176, poco sopra la maggioranza assoluta di 175, contro i 173 della destra-estrema destra. Le prime stime lasciano presagire una lunga notte elettorale per annunciare i vincitori in uno scenario senza precedenti per il Paese chiamato ad assumere la presidenza di turno dell'Unione europea il primo gennaio e a finalizzare la sua storica candidatura alla Nato. Mai prima d'ora, infatti, la destra tradizionale svedese, guidata dal conservatore Ulf Kristersson, candidato alla poltrona di primo ministro, aveva considerato di governare con il sostegno diretto o indiretto dei Democratici Svedesi.
Oggi invece l'ascesa di Jimmie Akesson non potrà più essere ignorata. Nato nel 1988 dal gruppo neonazista Bevara Sverige Svenskt dalle ceneri di movimenti neonazisti e suprematisti, il suo partito ha ristagnato all'1% per anni, riuscendo a entrare al Riksdag solo nel 2010. Con il suo 'Sverige ska bli bra igen' (la Svezia tornerà ad essere bella) di trumpiana memoria, e una retorica xenofoba e anti-immigrazione, cavalcando la correlazione tra criminalità, migranti e sicurezza in un Paese attraversato da guerre mortali tra baby gang, l'ex web designer è riuscito a poco a poco a fare breccia tra le classi lavoratrici, i pensionati e le persone poco qualificate, in maggioranza uomini. Nessun mistero nemmeno sulle sue posizioni in Europa, dove fa parte del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei (Ecr) di Giorgia Meloni. Il suo nuovo record, vada come vada, resterà nella storia della patria della socialdemocrazia.