A Davos si riuniscono "le persone che più stanno alimentando la distruzione del pianeta", ed è "assurdo" ascoltarle. Greta Thunberg torna all'attacco del Forum economico mondiale, e manda in pezzi la logica stessa dell'organizzazione tesa a far dialogare gli 'stakeholder' fra loro. Rilasciata pochi giorni fa dalla polizia tedesca per le proteste contro l'espansione delle attività estrattive di carbone a Lutzerath, la ventenne attivista svedese è asserragliata a pochi passi dai locali dove si riunisce l'élite politica, finanziaria e delle corporation di Davos. Un piede dentro - dentro la zona di sicurezza, perché in fondo Davos diede enorme visibilità ai Fridays for Future che hanno fatto la fama di Greta - e uno fuori, a rimarcare la differenza con 'loro': quelli che hanno come priorità "la loro ingordigia, profitti di breve periodo sopra la gente e il pianeta".
Clima, Greta Thunberg attacca Davos: 'Qui le persone che distruggono il pianeta'
Un appello che arriva a poche ore dal panel di discussione in cui ieri John Kerry, inviato Usa per il Clima, cercava di spiegare i progressi contro il cambiamento climatico di fronte a una scettica Helena Gualinga, attivista ecuadoregna che accompagna Greta nelle sue battaglie assieme a Vanessa Nakate e Luisa Neubauer. Giusto poche ore fa, riecheggiando le accuse rivolte ieri ai gruppi energetici dall'Onu, le 4 attiviste hanno lanciato una petizione che ora supera le 900.000 firme contro i manager di Big Oil che "sapevano da decenni che i combustibili fossili causano catastrofici cambiamenti climatici", e ci hanno "ingannato". Ma al Forum le attiviste trovano il dialogo con Fatih Birol. I dati dell'Agenzia internazionale dell'Energia da lui guidata, dicono, danno ragione ai ragazzi indignati: l'obiettivo di contenere il riscaldamento della terra a 1,5 gradi è perso, se non si interromperanno nuove estrazioni di gas, carbone, petrolio. Birol non si scompone, ma cerca di girare l'accusa in un'esortazione costruttiva: se gli investimenti in energia pulita saliranno da 1.500 a 4.000 miliardi di dollari, l'obiettivo degli 1,5 gradi si raggiunge e non c'è bisogno di allargare le estrazioni di combustibili. A Davos in fondo c'è speranza: i grandi capitali globali hanno capito che il riscaldamento climatico può trasformarsi in un cataclisma economico e finanziario, e ora anche gli Usa hanno scelto un maxi-piano green da 269 miliardi di dollari. Ma che fatica parlarsi, fra la generazione dei Fridays e quella dei supermanager.