A confrontare le immagini di oggi con quelle di un anno fa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - classe 1978 - appare prima di tutto invecchiato. Mentre la figura di Davide contro Golia, da lui stesso a più riprese evocata, può sovrapporsi alla sua che da 12 mesi fa muro a Vladimir Putin. Il 24 febbraio 2022 lo zar decise di arrivare fino a Kiev, pensando di prenderla in pochi giorni. Così non è stato, anche grazie alla resistenza guidata da Zelensky: l'ex attore diventato prima presidente nel 2019, a capo di un partito con il nome della serie Tv di cui è stato protagonista, 'Servitore del popolo', e che adesso è guida un Paese che ha deciso di combattere l'aggressione russa fino in fondo. "Non c'è alternativa alla vittoria", ha ribadito nel suo ultimo intervento, soltanto in ordine di tempo, alla Conferenza di Monaco.
Il sussulto della storia che ha colto gli ucraini quella notte di febbraio ha reso subito Zelensky commander in chief in perenne tenuta militare. Non solo: il presidente ha da subito anche attivato il canale di comunicazione diretta con gli ucraini, quello che conosce meglio e che con tutta probabilità gli aveva già fatto vincere le elezioni con una valanga di voti nel 2019. Si è fatto quindi riprendere nel centro della città deserta, da solo o al massimo con un paio di consiglieri fedelissimi. E poi tutte le sere ha acceso la telecamera su di sé e - via Telegram, Facebook, Twitter - ha parlato agli ucraini, ad ognuno di loro, rassicurandoli ma anche galvanizzandoli, rendendo così reale e realmente perseguibile la causa comune. E' cresciuto di giorno in giorno, e di giorno in giorno la telecamera è andata facendosi più ferma e il suo sguardo sempre più dritto all'obiettivo. E' la formazione da attore, si è detto. Può darsi, ma anche una formidabile macchina di PR, e non senza qualche eccesso, o inciampo. Come il servizio fotografico patinato su Vogue la scorsa estate: con la moglie Olena, nel palazzo presidenziale fra i sacchi di sabbia. E non è bastata la lente d'eccezione della fotografa-star Annie Liebovitz già autrice di ritratti importanti a frenare le critiche di chi lo ha giudicato "inopportuno".
Lo sguardo fermo poi Zelensky lo ha presto rivolto alla comunità internazionale, per sensibilizzarla alla sua impresa e chiedere gli aiuti militari necessari a portarla a termine. I leader sono venuti fino a Kiev a stringergli la mano, lui è volato a Washington a dicembre, alla Casa Bianca con il presidente degli Stati Uniti e al Congresso per l'accorato appello all'America, con uno dei suoi discorsi diventati ormai suo 'marchio di fabbrica'. Solo recentemente anche a Londra e Bruxelles.
Zelensky scrive parte dei discorsi di suo pugno, stando ad indiscrezioni di stampa, li rivede e li ritocca fino all'ultimo minuto insieme con la sua squadra di autori. L'inglese non è perfetto, ma funziona. Il testo poi sembra di volta in volta cucito addosso alla platea, al Paese al quale si riferisce. A Londra ha ringraziato per il tè, quello delle cinque, e nell'eco della suggestiva Westminster Hall ha scandito: "In Gran Bretagna il re è un pilota dell'aviazione. In Ucraina ogni pilota dell'aviazione è un re". Una frase sua, dicono i bene informati, con cui ha strappato un applauso e, chissà, forse anche il "nulla è escluso" del primo ministro britannico Rishi Sunak sui jet, che non è una promessa ma è più di quanto altri abbiano detto fino ad ora.
Evocativo quindi, ma anche pragmatico e realista: allora sì al rapido rimpasto di governo e in posizioni chiave seguito allo scandalo corruzione esploso nelle scorse settimane toccando anche il ministero della Difesa, ma al capo del dicastero - Oleskii Raznikov (che nella vicenda non sembra essere coinvolto personalmente) - non ha rinunciato: il momento è troppo delicato anche sul terreno e un'altra figura di quel livello per guidare il ministero ucraino della Difesa al momento non c'è. Quindi il presidente ha tuonato: "Mettiamo fine alle voci" sull'uscita di scena di Raznikov, ricordando che la decisione e la responsabilità di comunicarla spetta a lui.
Risoluto e dalla determinazione incrollabile lo è anche quando ribadisce che sui territori non intende cedere di un centimetro, e che con Putin non intende negoziare. Il fatto è che anche questa guerra ad un certo punto dovrà finire e Zelensky - il leader che ha tenuto il timone nella spinta acceleratrice per il futuro dell'Ucraina - dovrà prendersi anche quella responsabilità.