Sei anni sulle montagne russe: dal 2017 a oggi le relazioni tra Italia e Francia hanno vissuto diversi alti e bassi, toccato il fondo e risalito la china, sullo sfondo di una sincera stima e amicizia tra Emmanuel Macron e Sergio Mattarella che ha spesso fatto da paciere tra i governi dei due versanti delle Alpi.
Era il settembre 2017 quando al vertice bilaterale di Lione con Macron e l'allora premier Paolo Gentiloni nacque l'idea di un Trattato del Quirinale che sancisse una cooperazione rafforzata fra i due Paesi sul modello di quello dell'Eliseo firmato nel 1963 da Francia e Germania. Tutto sembrava avviato verso un momento positivo tra Roma e Parigi. Ma appena pochi mesi dopo, nel giugno 2018, con l'insediamento del governo gialloverde di Giuseppe Conte, il rapporto cominciò a incrinarsi. La scintilla fu la polemica sull'accoglienza dei migranti dopo la chiusura dei porti italiani. Il portavoce del partito di Macron definì "vomitevole" l'atteggiamento italiano, la Farnesina convocò l'ambasciatore francese Christian Masset.
Fu l'inizio di una polemica durissima. Macron parlò di "lebbra populista in Paesi in cui credevamo fosse impossibile". La replica di Matteo Salvini non fu da meno: l'allora vicepremier descrisse il presidente francese come "un signorino educato che eccede in champagne".
Nell'inverno 2019 la tensione raggiunse l'apice quando Luigi Di Maio, anche lui all'epoca vicepremier, sbarcò in Francia e, senza incontrare alcuna autorità, si fece fotografare con Christophe Chalençon, uno dei capi dei gilet gialli che stavano infiammando il Paese. Fu la goccia che fece traboccare il vaso: il 7 febbraio Parigi decise di richiamare il suo ambasciatore Masset. Fu il punto più basso delle relazioni bilaterali dai tempi di Benito Mussolini e della dichiarazione di guerra alla Francia. La crisi venne chiusa il 2 maggio di quell'anno da Mattarella e Macron ad Amboise, dove morì Leonardo da Vinci: "L'amicizia tra Francia e Italia è indistruttibile", dichiarò il presidente francese.
La tensione si allentò anche con il secondo governo Conte a trazione giallorossa. Fino a ritrovare la più ampia sintonia con la guida di Mario Draghi a Palazzo Chigi che, il 26 novembre 2021, firmò con Macron il Trattato del Quirinale - nel frattempo riesumato e ultimato - sotto lo sguardo soddisfatto di Mattarella. Nuove incomprensioni sorsero però dopo le elezioni del 25 settembre 2022 e la nomina di Giorgia Meloni a capo del governo. La ministra francese per gli Affari europei, Laurence Boone, dichiarò: "Vogliamo lavorare con Roma ma vigileremo sul rispetto di diritti e libertà". "No a ingerenze dall'estero", fu la reazione della neopremier che, appena nominata, incontrò Macron in forma privata sul terrazzo di un albergo romano.
Appena pochi giorni e scoppiò un nuovo caso quando l'8 novembre l'Italia decise di chiudere i suoi porti all'Ocean Viking. La Francia la accolse a Tolone accusando Roma di "disumanità" e minacciando ritorsioni. Per due mesi non ci furono appuntamenti bilaterali nei vertici internazionali, e Meloni arrivò anche a mettere in discussione la piena operatività del Trattato del Quirinale.
Una telefonata "cordiale" tra i due arrivata solo a gennaio - fatta eccezione per quella in cui a novembre il leader francese espresse la sua vicinanza per il disastro di Ischia - ricucì quello strappo. Sutura subito sfilacciata però da una cena organizzata da Macron all'Eliseo con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, senza invito alla presidente del Consiglio. Sembravano già lontanissimi i tempi del viaggio in treno di Macron, Scholz e Draghi verso Kiev che segnò l'unità dei grandi d'Europa.
L'incontro di giovedì sera a Bruxelles ha segnato l'ultimo disgelo. Almeno fino al prossimo ottovolante.