Guarito dalla polmonite che gli ha impedito di recarsi in Cina già a marzo, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva sarà da domani nel colosso asiatico con l'ambizione di convincere il suo omologo, Xi Jinping, ad aiutarlo a spingere la Russia verso negoziati di pace o almeno ad un cessate il fuoco con l'Ucraina.
Il suo piano prevede che entrambi i Paesi in conflitto facciano dei passi indietro: né Vladimir Putin, né Volodymyr Zelensky possono "volere tutto", è la tesi del leader sudamericano, secondo cui il primo dovrebbe lasciare il territorio ucraino e il secondo rinunciare a rivendicare la Crimea, annessa dalla Russia nel 2014.
Sebbene quest'ultima ipotesi sia già stata respinta da Kiev, Lula non si dà per vinto e insiste nella "via del dialogo", affidando la mediazione a un gruppo di nazioni che includerebbe, in primis, la stessa Cina, oltre a India e Indonesia. La proposta era stata avanzata anche agli Stati Uniti, durante l'incontro di febbraio con il presidente Joe Biden alla Casa Bianca, nonché alla Germania, in occasione della visita di gennaio a Brasilia del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Ma Lula ne ha parlato a lungo telefonicamente, tra gli altri, anche con il presidente francese Emmanuel Macron. Il suo ruolo di pacificatore è stato poi confermato dal colloquio privato, svoltosi più recentemente a Mosca, tra Putin e Celso Amorim, suo ex ministro degli Esteri ed attuale consigliere internazionale.
Mentre non si esclude che il 17 aprile, al suo ritorno dalla Cina, Lula incontri personalmente a Brasilia anche il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov.
In questo movimento scacchistico, Lula sembra scommettere sulla sua proiezione internazionale insieme al rilancio della diplomazia brasiliana, storicamente identificata con la pace e l'integrità territoriale degli Stati sovrani. Difendendo questi principi, il Brasile ha votato a febbraio la risoluzione dell'Onu in cui si condannava l'invasione russa, pur rifiutandosi di inviare armi all'Ucraina.
Se la presenza di Lula in Cina ha una notevole connotazione diplomatica, non sono da meno le implicazioni economiche. Il Dragone è infatti il principale partner commerciale del Brasile: solo nel 2022 gli scambi hanno generato 150 miliardi di dollari, con i sudamericani che hanno esportato principalmente soia, ferro, carne e petrolio. Una delle premesse dell'ex sindacalista - che ieri ha celebrato i primi 100 giorni di governo - è quella di rafforzare i rapporti tra i due Paesi. Un potenziamento che, secondo alcune speculazioni giornalistiche, potrebbe tradursi nell'adesione del Brasile alla Via della Seta, ma anche nell'ulteriore incremento degli affari in ambito Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica): non a caso, la visita ufficiale di Lula inizierà giovedì a Shanghai con la cerimonia di insediamento di Dilma Rousseff alla guida della Nuova banca di sviluppo del gruppo di cinque nazioni.