'Diritti, legge, giustizia'. Si deve a Kemal Kilicdaroglu, il leader del partito laico e di centro sinistra Chp che sogna di battere Erdogan alle elezioni di domani in Turchia, il messaggio gridato con più forza nei comizi dei partiti di opposizione. Lo slogan nacque nel 2017, quando Kilicdaroglu guidò 'la marcia della giustizia', una manifestazione politica da lui ideata per protestare contro gli arresti e le purghe di migliaia di dissidenti all'indomani del tentato golpe del luglio 2016. Molti di loro non avevano nessun legame con i golpisti, ma erano semplicemente dei critici.
La marcia di 450 km da Ankara a Istanbul, partecipata da centinaia di migliaia di persone in circa tre settimane, fu pacifica ma ricevette comunque attacchi da parte di militanti del partito del presidente e dei suoi alleati. Kilicdaroglu continuò imperterrito a marciare, invitando i suoi sostenitori a non rispondere alle provocazioni, cosa che gli valse anche all'estero il soprannome di 'Gandhi turco'.
La calma e il contegno sono tra le caratteristiche principali di questo politico di 74 anni che ha passato gli ultimi venti in partiti di opposizione all'attuale capo di Stato turco. Nato in una famiglia di umili origini nell'Anatolia centrale, dopo una brillante carriera da studente di economia Kilicdaroglu lavorò a lungo al ministero delle Finanze per poi diventare direttore dell'Istituto turco per la previdenza sociale. Lasciò nel 1999 per tuffarsi in politica con una formazione di centro sinistra, e nel 2002 fu eletto deputato con il Chp, il maggior partito di opposizione in parlamento, di area nazionalista e fermamente laico, fondato nel 1923 dal padre della Repubblica di Turchia Mustafa Kemal Ataturk. È lo stesso anno della prima vittoria alle elezioni del partito Akp di Erdogan, che l'anno successivo diventò premier, inaugurando una stagione ventennale alla guida dei governi di Ankara che dura tuttora.
La marcia della giustizia è stato il più grande successo della carriera politica di Kilicdaroglu, che finora non è mai riuscito con il suo partito ad intaccare il dominio di Recep Tayyip Erdogan. L'unica eccezione è rappresentata dalle elezioni locali del 2019, dove due membri del suo partito furono eletti sindaci nella capitale Ankara e a Istanbul, battendo i candidati dell'Akp del presidente che governava le due più importanti città turche dai primi anni del 2000. Senza mai mettere in discussione l'anima laica del partito, Kilicdaroglu ha lavorato negli scorsi anni soprattutto per spostare il Chp verso posizioni più socialdemocratiche e concilianti verso segmenti della società turca che la formazione politica aveva tradizionalmente ignorato, per non dire osteggiato, come i religiosi o la minoranza curda. In questo modo è riuscito a creare un'ampia alleanza di opposizione per fronteggiare Erdogan formata da forze molto diverse tra loro, tra cui partiti islamisti, e soprattutto a trovare il sostegno della principale formazione filocurda, lo Ysp, che ha chiesto ai suoi elettori di votare per Kilicdaroglu.
Durante la campagna elettorale il leader dell'opposizione ha rotto un altro tabù parlando esplicitamente delle sue origini aleviti, una corrente minoritaria dell'Islam - non sunnita né sciita - presente in Turchia e regolarmente al centro di attacchi e discriminazioni. "Le nostre identità sono le risorse che ci rendono ciò che siamo", ha detto Kilicdaroglu rivolgendosi ai giovani per convincerli a votare per lui, riuscendo negli ultimi giorni a scavalcare Erdogan nei sondaggi.
Fino a sognare l'impresa. (ANSA).