Il fronte sciita infiamma ulteriormente la retorica contro Israele, dopo gli attentati a Beirut e Kerman che rischiano di allargare il conflitto in Medio Oriente.
A parlare alla folla sono stati il leader di Hezbollah Hasan Nasrallah, che ha promesso una risposta all'omicidio del numero due di Hamas Arouri, ed il presidente iraniano Ebrahim Raisi: "Sceglieremo noi il luogo e il tempo della vendetta", le parole del leader della Repubblica islamica, che ha evocato la fine dello Stato ebraico ai funerali delle vittime della strage sulla tomba del comandante dei Pasdaran Qassem Soleimani. In questo clima saranno ancora una volta gli Stati Uniti a tentare di favorire una de-escalation. Antony Blinken è arrivato in Turchia per inaugurare la sua quarta missione nella regione dal 7 ottobre.
L'assassinio di Arouri con un drone alla periferia di Beirut è sembrato rientrare nella cosiddetta fase tre della guerra a Gaza, con Israele più orientato a effettuare operazioni chirurgiche per eliminare i vertici di Hamas, ovunque si trovino, mentre sul terreno va avanti con l'offensiva, seppur in modo meno massiccio, soprattutto nella zona meridionale della Striscia a Khan Yunis. Colpire sul suolo libanese, tuttavia, ha provocato la reazione del nemico di sempre, quel Partito di Dio alleato dell'Iran che continua a logorare Israele con attacchi lungo il confine. Così il suo leader, Nasrallah, per la seconda volta in pochi giorni è tornato a lanciare i suoi strali.
Alzando i toni rispetto al discorso tutto sommato attendista di mercoledì. Il suo movimento "risponderà sul campo di battaglia" all'omicidio Arouri, ha avvertito, sottolineando che se Israele riuscirà ad avere successo a Gaza, il Libano meridionale sarà il prossimo a cadere. Tra l'altro, ha aggiunto, questa è una "opportunità storica" per liberare la terra occupata: un riferimento alle fattorie di Shebaa, situate in cima alle contese alture di Golan. Dall'Iran gli ha fatto eco Raisi. Di fronte a migliaia di persone accorse ai funerali delle 89 vittime del doppio attacco kamikaze a Kerman, rivendicato dall'Isis, il capo dello Stato ha accusato Usa e Israele di aver "creato il Califfato" ed ha promesso che l'operazione Diluvio di Al Aqsa, come Hamas ha chiamato la guerra contro Israele, porterà alla "fine del regime sionista". Nel frattempo, ci sono stati undici arresti in relazione all'attentato.
I proclami incendiari di Teheran ed Hezbollah non preludono necessariamente ad un'escalation militare, anche perché non è detto che i due sfidanti dello Stato ebraico possano permettersela. Considerati i problemi interni, soprattutto economici. In ogni caso gli Stati Uniti guardano con preoccupazione alla fase attuale, ed hanno riattivato il canale diplomatico al più alto livello. Blinken è in Turchia, dove vedrà Recep Tayyp Erdogan, poi farà tappa in Grecia, Giordania, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele, Cisgiordania ed Egitto. Fitta l'agenda, a partire dalla richiesta di aumento significativo degli aiuti umanitari a Gaza.
Passando per una riflessione sul futuro governo della Striscia, dopo che il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha aperto ad un ruolo dei palestinesi. Ma anche sulle ipotesi di trasferimento degli sfollati fuori dalla Striscia, come ipotizzato dai falchi del governo Netanyahu. Ai partner regionali Blinken chiederà anche di esercitare la loro influenza per evitare che la guerra oltrepassi i confini di Gaza.
Gli americani monitorano tutto l'arco sciita in ebollizione. Oltre agli Houthi, che minacciano i mercantili occidentali nel Mar Rosso, ci sono le milizie irachene filo-iraniane, la Resistenza islamica, che ha rivendicato l'attacco con un drone (senza danni e vittime) contro una base del Kurdistan che ospita truppe Usa: un blitz arrivato all'indomani del raid di Washington a Baghdad in cui è rimasto ucciso un capo di queste fazioni. Proprio nella capitale irachena è insediato un premier sostenuto da partiti vicini a Teheran, Mohamed Chia al-Soudani. Che ha ribadito la volontà di porre fine alla presenza nel Paese della coalizione internazionale anti-jihadista a guida americana.
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