Dai campus americani la protesta pro-Gaza dilaga oltre gli oceani, dalla Francia al Regno Unito e all'Australia, da Roma a Tokyo, Dublino e Beirut. Negli Usa, dopo due settimane di scontri che hanno portato a circa 2.300 arresti, gli atenei si leccano le ferite preparandosi, tra eccezionali misure di sicurezza, ad ospitare nei prossimi giorni le cerimonie di laurea. Mentre sulle tende degli sfollati palestinesi ammassati a Rafah, nel sud della Striscia, sono spuntati messaggi di ringraziamento per la mobilitazione globale: 'Grazie, studenti della Columbia University', 'Grazie, studenti universitari americani', le scritte riferite dal sito egiziano Ahram. Con qualche eccezione, oggi nei campus americani è sembrata regnare la calma. Non così a Parigi dove, in sintonia con la linea della "fermezza totale" ribadita dal governo dell'ex alunno Emmanuel Macron, la polizia ha evacuato di nuovo Sciences Po dove per "un sit-in pacifico" si erano asserragliati alcune decine di ragazzi filo-palestinesi insoddisfatti del negoziato sulle partnership del prestigioso ateneo con istituti israeliani. E' stata sgomberata anche la sede di Sciences Po a Lione, mentre, oltre la Manica, la protesta da Londra ha contagiato università a Bristol, Newcastle e Warwick. Tendopoli sono spuntate in Australia, ad Adelaide, Canberra, Melbourne e Sydney. Negli Usa, sia pure in tono minore rispetto alle drammatiche operazioni del primo maggio a Columbia e Ucla, sono proseguiti gli interventi della polizia: una cinquantina di studenti sono finiti in manette oggi a Greenwich Village dopo essersi rifiutati di sgomberare i campus di NYU e della New School, quest'ultimo uno storico ateneo che alla vigilia della seconda guerra mondiale aprì le braccia ad intellettuali in fuga da nazismo e fascismo in Europa. Altri 30 arresti sono stati fatti alla Portland State University nell'Oregon, dove lunedì i manifestanti si erano barricati in una biblioteca, mentre a Princeton un gruppo di studenti ha cominciato uno sciopero della fame per chiedere all'ateneo Ivy League di ritirare gli investimenti da società che indirettamente aiutano le azioni militari di Israele a Gaza: uno scenario preso quanto meno in considerazione da altre università come la vicina Rutgers o Brown a Rhode Island, in una concessione che nelle ultime ore ha portato allo sgombero delle rispettive tendopoli.
Con le lezioni finite o in dirittura d'arrivo, il prossimo banco di prova sono ora le cerimonie di laurea. Solenni giornate di festa per ragazzi e famiglie che, concluso il ciclo di studi, si affacciano al mondo reale, quest'anno i 'commencements' saranno appuntamenti blindati con tanto di polizia sui campus, metal detector, divieti di portare striscioni, bandiere o borse voluminose. La scorsa settimana la University of Southern California a Los Angeles ha clamorosamente cancellato la sessione plenaria a cui erano attesi 65mila tra parenti e amici dei laureati. Per studenti che hanno cominciato il college in lockdown da Covid (dopo aver perso per lo stesso motivo l'altro grande rito di passaggio dei teenager, il 'prom' alla fine del liceo), le lauree 2024 offriranno un nuovo momento traumatico. Complesso sarà anche il compito dei keynote speakers, i vip destinatari delle lauree ad honorem a cui tocca il compito di offrire ai neo-laureati un messaggio di speranza per il futuro. Tanti i nomi famosi in pista, dal comico Jerry Seinfeld a Duke al co-fondatore di Apple Steve Wozniak all'Università del Colorado; e il più in vista di tutti, Joe Biden, il 19 maggio al Morehouse College di Atlanta - storica scuola afro-americana frequentata da Martin Luther King - dove professori e studenti vorrebbero ritirare il tappeto rosso all'invitato d'onore. Dopo la conferma dell'ateneo che Biden parlerà, il corpo docente ha chiesto alla Casa Bianca "un momento di confronto diretto" prima che il presidente salga sul podio per evitare che le polemiche sul conflitto a Gaza rubino la scena ai veri protagonisti della giornata: i ragazzi arrivati alla laurea.
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