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Giappone: assolto dopo 50 anni un pugile di 88 anni condannato a morte

Giappone: assolto dopo 50 anni un pugile di 88 anni condannato a morte

L'ex pugile professionista Iwao Hakamata era stato ritenuto colpevole di quadruplice omicidio

TOKYO, 26 settembre 2024, 18:07

Redazione ANSA

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Giappone: tribunale assolve 88enne condannato a morte © ANSA/EPA

Giappone: tribunale assolve 88enne condannato a morte © ANSA/EPA

A più di 50 anni dall'incriminazione con l'accusa di quadruplice omicidio, in uno dei casi giudiziari più controversi in Giappone, un tribunale ha deciso oggi l'assoluzione di Iwao Hakamata, un ex pugile professionista di 88 anni.
   

Il nuovo processo all'uomo - che ha trascorso quasi mezzo secolo dietro le sbarre prima che nuove prove lo facessero uscire di prigione nel 2014 - era iniziato lo scorso ottobre presso la corte distrettuale di Shizuoka, con i pubblici ministeri che chiedevano la condanna a morte.

Si tratta della quinta volta in Giappone, dal dopoguerra a oggi, che i nuovi processi si concludono con l'assoluzione dopo l'applicazione della pena capitale. L'attenzione si sposta adesso sulla possibilità che i pubblici ministeri facciano nuovamente ricorso alla sentenza odierna. Negli ultimi nove anni, fanno notare i media locali, lo stato mentale di Hakamata è deteriorato a causa della lunga detenzione, con segnali di affaticamento psicologico che si sono manifestati intorno al 1980, quando la sua condanna a morte era stata resa definitiva. La sorella, ormai novantunenne, ha sempre partecipato alle udienze per conto del fratello.

Video Giappone, dichiarato innocente dopo 46 anni nel braccio della morte

 

L'ex pugile era un dipendente di un'azienda che produceva pasta di miso quando fu arrestato nel 1966 con l'accusa di aver ucciso il datore di lavoro, sua moglie e due dei loro figli. I quattro furono trovati morti per ferite da taglio nella loro casa nella prefettura di Shizuoka, successivamente data alle fiamme. Incriminato per omicidio, rapina e incendio doloso, la sua condanna a morte era stata resa definitiva sulla base di una sentenza secondo cui tracce di sangue su cinque capi di abbigliamento trovati in una vasca di miso 14 mesi dopo l'omicidio corrispondevano ai gruppi sanguigni delle vittime e dello stesso Hakamata.

Inizialmente quest'ultimo aveva confessato gli omicidi in seguito a quello che aveva descritto come un brutale interrogatorio da parte della polizia, ma al processo si era dichiarato non colpevole.

Secondo l'avvocato Teppei Kasai, responsabile di Human Rights Watch Asia, intervistato dalla agenza Afp, il caso di Hakamada è "solo uno degli innumerevoli esempi del sistema giapponese di 'giustizia degli ostaggi', che documenta come i sospetti di reato subiscono gravi abusi in custodia preventiva con intimidazioni durante gli interrogatori". Il Giappone è l'unica grande democrazia industrializzata, oltre agli Stati Uniti, ad applicare la pena capitale, una politica che gode di un ampio sostegno pubblico. 

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