Volodymyr Zelensky si è presentato a Bruxelles con un messaggio ben chiaro: serve distillare una posizione unica europea che aiuti l'Ucraina ad arrivare alla pace. Detta così, non appare granché. Invece è fondamentale. Perché solo trovando la quadra su questa sponda dell'Atlantico - sulle garanzie di sicurezza, sulle truppe di peacekeeping, sull'impegno finanziario - si può poi andare da Donald Trump. "Se non sai cosa accade dopo non è una tregua ma un conflitto congelato", ha detto il presidente ucraino dopo aver partecipato al Consiglio Europeo. "E non lo accetteremo". Non solo. "Per noi - ha aggiunto - le garanzie europee non sono abbastanza". Insomma, serve la Nato. Dunque gli Usa.
Gira che ti rigira si torna sempre là. Ecco spiegata la cena di ieri da Rutte, il segretario generale dell'Alleanza che ha messo a disposizione la sua residenza privata per un (primo) giro di tavolo riservatissimo sulle questioni di cui sopra.
Terminata all'una di notte, ha avuto come oggetto la discussione - a quanto si apprende - di "diversi scenari" ed è stata preceduta da un lungo bilaterale di Zelensky con il presidente francese Emmanuel Macron. "Abbiamo continuato a lavorare sulla sua iniziativa relativa alla presenza di forze in Ucraina che potrebbero contribuire a stabilizzare il percorso di pace", ha rivelato Zelensky. La chiave è decidere cosa dovrebbero fare questi soldati, con quale mandato e in quale scenario - con il benestare dell'Onu, dunque con l'ok della Russia? In contrapposizione a Mosca? - ancor prima della loro composizione e della catena di comando. "È un dibattito assolutamente prematuro", afferma un funzionario europeo a conoscenza degli scambi avuti tra i 27 in seno al Consiglio.
Ma Zelensky è molto esplicito al riguardo. Il suo obiettivo è entrare nella Nato e tutto il resto può valere semmai come soluzione ponte. Qui tocca convincere Trump. "Voglio ascoltare la sua visione e spiegargli la nostra e spero che mi capirà: è importante che sia dalla nostra parte e che ci aiuti a fermare la guerra", ha aggiunto Zelensky, sottolineando l'importanza dell'unità "tra gli Stati Uniti e l'Europa". Ecco, l'Europa. I 27 nelle conclusioni del vertice hanno ribadito la disponibilità a "fare di più" per sostenere l'Ucraina, una formula ormai di prassi ma - assicurano diverse fonti - "non vuota". "Tocca agli ucraini definire cos'è la vittoria, il resto seguirà", spiega un funzionario. Ed è un concetto molto più sottile di quanto sbandierato sinora. Come dire, se Kiev decide per la tregua avanti tutta.
Unità, dicevamo. I Paesi nordici-baltici spingono per non cedere alle pressioni di Vladimir Putin. "È troppo presto per parlare di negoziati", ha notato il presidente lituano Gitanas Nauseda. "Vediamo che ci sono stati segnali di debolezza da parte russa, nell'economia e nella loro fornitura di equipaggiamento militare", ha evidenziato il belga Alexander De Croo dando manforte alla posizione di chi, anche all'interno di circoli Nato, reputa Mosca vicina al picco del suo sforzo bellico. Perché alla fine, se tregua affrettata sarà, cosa accadrà se poi Putin la violerà?
Il leader ucraino ha già la risposta. "Ricadrà su chi l'ha decisa e dopo non so cosa potrà succedere", ha avvertito battendo il tasto sulla sua convinzione che il Cremlino "non si fermerà". Tra gli europei, ha assicurato, su questo c'è "totale comprensione" (ad eccezione dell'ungherese Viktor Orban, punzecchiato da Zelensky poiché a suo dire non avrebbe nessun mandato per negoziare alcunché, tantomeno il cessate il fuoco di Natale). "Putin - ha tuonato - è pericoloso per tutti, è il vero nazista di oggi: ama uccidere, penso che sia pazzo e credo che anche lui sappia di essere pazzo".
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