Il cardinale Joseph Zen, 90 anni, è stato arrestato dalla polizia di Hong Kong con la pesante accusa di "collusione con forze straniere", una delle quattro tipologie di reati contemplate dalla contestatissima legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino all'ex colonia a giugno 2020 che prevede anche l'ergastolo. Solo in tarda serata è arrivato il rilascio su cauzione. L'assalto finale all'ultima figura carismatica pro-democrazia, la principale per influenza e rigore morale, ha avuto inizio nei mesi scorsi quando il Ta Kung Pao, un quotidiano in lingua cinese sponsorizzato dal Partito comunista cinese, ha pubblicato ben quattro articoli prendendo di mira Zen e tutta la Chiesa di Hong Kong. Le accuse erano di aver abusato a lungo del suo status di alto prelato per allearsi "con elementi indipendentisti" come Jimmy Lai, il tycoon fondatore del tabloid Apple Daily, e Martin Lee, "per impegnarsi in attività anti-cinesi". Il magnate dei media, 73 anni, e Lee, 84 anni, un ex deputato di Hong Kong, entrambi cattolici, sono stati arrestati e incarcerati lo scorso anno per aver partecipato a manifestazioni non autorizzate relative alle proteste di massa del 2019, oltre che per la violazione della legge sulla sicurezza nazionale. Zen, salesiano, è stato vescovo di Hong Kong dal 2002 al 2009, con la nomina a cardinale nel 2006. Ampiamente noto per il suo attivismo sociale e la sua difesa dei movimenti sociali, ha pubblicamente sostenuto i valori democratici fino all'introduzione della legge sulla sicurezza. È stato a lungo un bersaglio del Pcc per la sua strenua opposizione alle politiche del partito e alla repressione dei diritti umani e della libertà religiosa in Cina, sfociata nella demolizione forzata di chiese e croci in varie parti del Paese dal 2014 al 2016. Il porporato ha anche tenuto messe in memoria delle vittime del massacro di piazza Tienanmen del 1989, quando l'Esercito popolare di liberazione fu spedito a reprimere nel sangue le proteste studentesche a favore di riforme e democrazia. L'alto prelato aveva aspramente criticato le politiche del Vaticano e le trattative con la leadership comunista sull'accordo provvisorio di nomina congiunta dei vescovi in Cina perché "irriguardoso", spiegò tra le polemiche, verso i milioni di fedeli che a costo della loro vita continuavano a coltivare la fede, sfidando la repressione e le vessazioni delle autorità. "La Santa Sede ha appreso con preoccupazione la notizia dell'arresto del cardinale Zen e segue con estrema attenzione l'evolversi della situazione", ha commentato il direttore della sala stampa vaticana Matteo Bruni. Mentre anche la Casa Bianca è scesa in campo per chiedere il rilascio immediato dell'alto prelato. Zen è stato arrestato insieme all'ex parlamentare dell'opposizione Margaret Ng e alla cantante-attivista Denise Ho, anche loro rilasciate su cauzione. I tre, in base a quanto riportato dal South China Morning Post, erano amministratori del '612 Humanitarian Relief Fund', fondo che ha aiutato i manifestanti arrestati a pagare le spese legali e mediche durante le proteste del 2019: è stato sciolto a ottobre 2021 dopo che la polizia di sicurezza nazionale chiese la consegna dei dettagli operativi, comprese le informazioni sui suoi donatori e beneficiari. Un quarto fiduciario, l'ex professore Hui Po Keung, è stato arrestato martedì mentre stava per prendere un volo diretto in Germania per assumere un importante incarico accademico. Un quinto, Cyd Ho Sau-lan, è in carcere per il ruolo avuto nelle manifestazioni "illegali" del 2019. La repressione delle ultime sacche di resistenza democratica a Hong Kong procede inarrestabile e l'insediamento dal primo luglio di John Lee - il poliziotto responsabile delle repressione del 2019 - alla carica di governatore è il chiaro segnale della volontà di Pechino. Anche colpendo lì dove mai nessuno aveva osato finora: la Chiesa di Roma.