MADRID - In due anni ha portato Podemos, creato dal nulla nel 2014, alle porte del potere e terremotato il mondo politico spagnolo.
Pablo Iglesias, il professore 37enne con il codino che nelle ultime settimane, candidandosi a premier, si è messo a volte anche la cravatta, rappresenta una nuova generazione di giovani politici di sinistra metà Sandokan e metà Machiavelli, abile stratega e comunicatore. Ha spiegato che "il cielo non si prende per consenso. Si conquista per assalto". E per il giovane professore di scienze politiche, adorato dalle decine di migliaia di giovani che votano Podemos, il cielo potrebbe essere ora a portata di mano. Nei sei mesi di paralisi istituzionale seguiti alle 'prime' politiche del 20 dicembre che avevano reso ingovernabile il paese si era proposto come vicepremier in un ipotetico governo "del cambiamento" del socialista Pedro Sanchez. Ora, se i risultati finali confermeranno il "sorpasso" sui socialisti annunciato dagli exit poll, vuole essere il premier di un esecutivo di sinistra con i socialisti. Se il Psoe, relegato come terza forza, non preferirà un patto con Rajoy. Gli avversari lo accusano di essere populista, trasformista, un sostenitore del regime bolivariano venezuelano che si è riconvertito in "socialdemocratico" e "peronista", difensore dei valori della "patria" per attirare il voto moderato. Un suo approdo alla Moncloa, dice la stampa spagnola, spaventerebbe Ue e Nato. Che si erano spaventate anche con l'arrivo al potere a Atene di Syriza e del suo amico Alexis Tsipras, ora però bene integrato nella nomenclatura del potere europeo.