In Macedonia è fallito il tanto atteso referendum sull'accordo con la Grecia per il nuovo nome del Paese ex jugoslavo (Macedonia del Nord). Ma il premier socialdemocratico Zoran Zaev, europeista convinto e grande fautore della consultazione, pur avendo subito una sconfitta politica, non si scoraggia e promette di continuare a battersi per garantire al Paese balcanico l'integrazione in Nato e Ue. E non esclude elezioni anticipate nel caso di difficoltà nell'iter parlamentare per l'approvazione dell'accordo con Atene. L'affluenza alle urne non ha raggiunto il quorum del 50% più uno: l'ultimo dato diffuso dalla commissione elettorale parlava di una partecipazione di appena sopra il 34% alle 18.30, mezz'ora prima della chiusura dei seggi. Il dato finale sull'affluenza non era noto in tarda serata. A metà dei voti scrutinati, si sa invece che oltre il 90% dei votanti ha scelto il cambio di nome. Contrari all'accordo erano l'opposizione conservatrice e il presidente Gjorgje Ivanov, che ha invitato al boicottaggio del referendum.
Pur favorevoli a Ue e Nato, ritengono infatti l'intesa con Atene anticostituzionale e dannosa agli interessi nazionali della Macedonia. "E' stata una giornata di democrazia, i cittadini hanno votato pacificamente e liberamente secondo le proprie convinzioni", ha affermato il premier dopo la chiusura dei seggi, sottolineando come la stragrande maggioranza dei voti espressi - il referendum era consultivo e non vincolante - siano stati a favore dell'accordo con Atene che mette fine allo stallo che impediva alla piccola repubblica l'integrazione euroatlantica.
E di questo il parlamento dovrà tener conto. Anche se tutto sarà più complicato. La comunità internazionale infatti aveva posto il sì all'accordo con la Grecia come condizione per una accelerazione del cammino della Macedonia verso l'adesione a Unione europea e Nato. E a sostegno del premier Zaev e della sua politica di integrazione euroatlantica si erano recati a Skopje numerosi leader politici e personalità internazionali quali Angela Merkel, Federica Mogherini, Sebastian Kurz, Jens Stoltenberg, James Mattis.