Riparte la protesta degli infermieri e delle infermiere del servizio sanitario nazionale britannico (Nhs) per l'adeguamento dei salari oltre il tetto dell'inflazione, in leggera frenata secondo l'ultimo dato di oggi (al 10,5%) dopo l'impennata di ottobre, ma tuttora vicina ai massimi storici come in altri Paesi europei (e non) colpiti dall'attuale crisi economica e dal caro vita. Dopo l'astensione dal lavoro di dicembre, la prima di portata nazionale nella storia della categoria, sono scattati da oggi ancora due giorni consecutivi di stop: promossi negli ospedali e negli ambulatori dell'Inghilterra dal Royal College of Nursing (Rcn), sindacato di rifermento del settore, e destinati secondo l'allerta lanciata dai vertici della sanità pubblica a causare inevitabili disagi e ritardi a carico di pazienti e famiglie.
La mobilitazione, come quella dei lavoratori di altri servizi pubblici del Regno, dai trasporti alle scuole, ha innescato un braccio di ferro con il governo conservatore di Rishi Sunak culminato la settimana scorsa nel fallimento di un primo tentativo ministeriale di rilancio dei negoziati. L'Rcn - che intanto ha già preannunciato ulteriori scioperi per il 6 e il 7 febbraio se non vi saranno svolte - assicura che le prestazioni essenziali e vitali sono garantire. Ma da più parti si evidenziano timori per la sicurezza e la salute di tante persone.