(di Franco Quintano)
Le nuove tensioni nel nord del Kosovo rischiano di far precipitare la situazione nel cuore dei Balcani, con la contrapposizione etnica che ha registrato oggi un'escalation preoccupante sfociata in violenti scontri fra militari della Forza Nato e manifestanti serbi che si oppongono all'entrata in servizio di nuovi sindaci di etnia albanese nei quattro maggiori Comuni del nord a maggioranza serba.
I nuovi gravi incidenti, dopo quelli di venerdì scorso, sono avvenuti a Zvecan, dove i militari della Kfor, dopo ripetuti avvertimenti e appelli alla levata dei blocchi che impedivano anche il movimento dei mezzi della polizia locale, hanno affrontato i dimostranti serbi che assediavano da ore la sede del Municipio locale per impedire al nuovo sindaco di insediarsi nel suo ufficio. Nei duri scontri i militari hanno fatto largo uso di sfollagente, lacrimogeni e bombe assordanti, mentre i serbi hanno risposto con un fitto lancio di sassi, bottiglie, molotov e altri oggetti. Il bilancio della battaglia è pesantissimo, con decine di soldati Nato rimasti feriti, 11 dei quali italiani, del nono Reggimento alpini L'Aquila. In un primo momento si era parlato di 41 militari coinvolti ma in serata il comando della Kfor ha riferito di 34 soldati feriti di varie nazionalità. Tre dei nostri connazionali hanno riportato ferite abbastanza serie - per lo più ustioni per il lancio delle molotov e fratture - ma non sono in pericolo di vita. Il comandante della missione Kfor, il generale italiano Angelo Michele Ristuccia, esprimendo la sua solidarietà ai militari feriti, ha fatto sapere di seguire in prima persona l'evolversi della situazione e assicurato che il contingente Nato resta "imparziale".
Immediate la solidarietà e la partecipazione giunte dalla premier Giorgia Meloni - che ha condannato l'attacco come "inaccettabile e irresponsabile", avvertendo che non saranno tollerate altre azioni del genere - e dai ministri degli Esteri e della Difesa, Antonio Tajani e Guido Crosetto, che hanno espresso la vicinanza delle istituzioni ai soldati feriti e l'augurio di una pronta guarigione. "È fondamentale - ha sottolineato Meloni - evitare ulteriori azioni unilaterali da parte delle Autorità kosovare e che tutte le parti in causa facciano immediatamente un passo indietro contribuendo all'allentamento delle tensioni. L'impegno del governo italiano per la pace e per la stabilità dei Balcani occidentali è massimo e continueremo a lavorare con i nostri alleati". Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha telefonato al presidente serbo Aleksandr Vucic e al primo ministro kosovaro Albin Kurti ribadendo con forza che "ogni violenza e ogni provocazione deve cessare immediatamente: Kosovo e Serbia devono dare piena attuazione agli accordi che hanno sottoscritto grazie alla facilitazione dell'Unione europea. La violenza è inaccettabile. L'Italia vuole contribuire a raggiungere in tempi molto brevi una soluzione sostenibile nel Nord del Kosovo." Sono 52 i serbi rimasti feriti negli scontri a Zvecan, uno dei quattro Comuni del nord a maggioranza serba. Gli altri sono Zubin Potok, Leposavic e Mitrovica Nord. E il presidente serbo Vucic ha accusato la Kfor di non aver difeso la popolazione serba che contesta l'elezione dei nuovi sindaci di etnia albanese avvenuta nel voto locale del 23 aprile scorso, una consultazione boicottata dai serbi e la cui legittimità viene contestata anche da Belgrado per via dell'affluenza alle urne estremamente bassa, poco più del 3%. E' inammissibile, sostengono i serbi, che sindaci in rappresentanza del 2% della popolazione governino città i cui abitanti sono al 98% di etnia serba.
Gli scontri sono avvenuti al termine di una giornata frenetica e piena di incontri, contatti e telefonate nel tentativo di disinnescare quella che appare essere una bomba pronta a esplodere in qualsiasi momento con conseguenze imprevedibili. La dirigenza di Pristina - la presidente Vjosa Osmani e il premier Albin Kurti -, sottolineando la regolarità del voto del 23 aprile, puntano il dito contro Belgrado e le strutture illegali che mantiene nel nord del Kosovo. Strutture, sostengono, che si sarebbero trasformate in bande criminali che attaccano la polizia kosovara, i militari Kfor e i giornalisti, e alle quali addossano l'intera responsabilità delle violenze e della persistente instabilità al nord. Le autorità serbe dal canto loro accusano Pristina di voler occupare il nord con l'obiettivo di espellere la popolazione locale serba. In serata Vucic, in diretta tv, ha confermato l'invio di truppe al confine con il Kosovo. E per domani sono annunciate nuove proteste. Una situazione di muro contro muro che sembra non aver alcuna via d'uscita.