Se serviva una dimostrazione che il Vaticano, sotto il pontificato di Francesco, non guarda in faccia a nessuno nel perseguire e reprimere le operazione finanziarie sospette o irregolari, la dà l'ultima indagine aperta Oltretevere. A finire sotto inchiesta da parte della magistratura vaticana, con un'ipotesi di peculato per operazioni immobiliari avvenute nel periodo 2001-2008, è niente meno che l'ex presidente dello Ior, Angelo Caloia, 75 anni, successore di Marcinkus alla guida della "banca" vaticana, dove è rimasto per ben vent'anni, dal 1989 al 2009, ritenuto il risanatore dell'Istituto dopo gli anni bui dell'era Calvi-Sindona-Ambrosiano. A denunciare Caloia per una vasta compravendita di immobili che avrebbe nascosto una speculazione a fini di guadagno personale è stato lo stesso Ior, dopo le verifiche interne condotte dall'inizio dello scorso anno. Con lui, sotto inchiesta sono finiti anche l'ex direttore generale Lelio Scaletti e, per concorso, l'avvocato Gabriele Liuzzo.
Per ordine del promotore di giustizia del Tribunale vaticano, Gian Pietro Milano, titolare dell'inchiesta, un mese fa ai due ex dirigenti e al legale sono stati sequestrati a scopo cautelativo i rispettivi conti allo Ior, dove gli inquirenti hanno bloccato circa 17 milioni di euro, ritenuti frutto dell'attività illecita oggetto dell'inchiesta. L'indagine per peculato si riferisce appunto a operazioni per la vendita di immobili dell'Istituto condotte tra il 2001 e il 2008. Allora la "banca" vaticana disponeva di un patrimonio immobiliare che valeva circa 160 milioni di euro e che si decise di mettere in vendita. Dalle verifiche interne condotte dall'Istituto dall'inizio dell'anno scorso è emerso però che quel patrimonio di immobili sarebbe stato "svenduto", con la cessione dei beni a prezzi molto bassi e l'applicazione di parcelle per compensi professionali molto alte. Secondo l'indagine in corso, in alcuni casi dietro le società compratrici ci sarebbero stati gli stessi Caloia, Scaletti e Liuzzo. Una volta riveduti a prezzi di mercato, quindi molto maggiori, gli immobili avrebbero fruttato, a danno dello Ior, un guadagno di almeno 50-60 milioni di euro.
I 17 milioni sequestrati nei conti Ior tuttora intestati ai tre indagati (Caloia e Scaletti li hanno come ex dipendenti vaticani in pensione, mentre quello di Liuzzo doveva già essere stato chiuso, non avendone il titolare più diritto secondo i nuovi criteri in vigore), sono considerati dagli investigatori parte del "surplus" lucrato sugli immobili a danno dell'Istituto nel presunto peculato. Intuibile, da parte della "banca" vaticana, la volontà di rientrare dell'intera somma mancante all'appello: gli inquirenti sono quindi alla ricerca del resto dei presunti proventi illeciti e, se sarà necessario, si potrebbe procedere anche tramite rogatoria internazionale con le autorità italiane. "L'Istituto per le Opere di Religione conferma di aver denunciato due ex manager e un avvocato alcuni mesi fa, atto che sottolinea il suo impegno a favore della trasparenza e della tolleranza zero, anche in relazione a sospetti fatti del passato", ha fatto sapere lo Ior subito dopo le prime notizie sull'indagine in corso. "Siamo molto lieti che le autorità vaticane stiano agendo con risolutezza", ha dichiarato Jean-Baptiste de Franssu, attuale presidente dell'Istituto.