Noi non vogliamo diventare la prima e unica fonte, vogliamo essere solo una fonte supplementare di notizie". Andy Mitchell, direttore News e Media Partnership di Facebook, tenta di rassicurare così l'opinione pubblica di fronte alle perplessità legate alla vertiginosa ascesa del social network nella fruizione dell'informazione. I numeri, su cui concordano le ricerche internazionali, parlano da soli: negli Stati Uniti l'88% dei giovani usa Facebook per informarsi, in Italia la percentuale cala non di molto, al 71%.
Se non è un monopolio, poco ci manca. Le cifre scendono quando si sale con l'età (il 30% degli adulti americani si informa tramite Fb), ma i trend di crescita del ricorso alla piattaforma di Zuckerberg & Co. sono rapidissimi.
Lo scenario, di cui si è parlato in uno degli incontri più attesi al Festival di Giornalismo di Perugia, oltre a rivoluzionare le abitudini degli utenti, porta con sé conseguenze economiche non di poco conto nel mondo dell'editoria e rischi sulla tenuta di libertà e democrazia. Facebook è finito ad esempio nel mirino per la scelta di censurare alcuni post, ritenuti dagli autori di valore scientifico, solo per la presenza di alcune parti del corpo nude. "Abbiamo le nostre linee guida sulla censura e un team che se ne occupa quotidianamente - spiega Mitchell -. Negli ultimi due anni siamo migliorati nel modo in cui le applichiamo, ma la piattaforma è grande e abbiamo bisogno di tempo per capire come agire in modo equo".
Mitchell, un passato alla Cnn, è dal 2010 con Facebook nel settore news. Quattro anni fa erano in 30 ad occuparsi della materia, ora a New York c'è una squadra di 100 persone. La svolta nella sua carriera è arrivata insieme all'ascesa di Obama alla Casa Bianca: l'insediamento del primo presidente nero fu seguito da 25 milioni di persone in contemporanea sul sito della Cnn, proprio grazie ad un accordo con Facebook che dava la possibilità di condividere i contenuti. Da allora le partnership con i media sono diventate un business centrale per la piattaforma social. Ora la sfida è avere in esclusiva alcuni contenuti di grandi testate Usa e i primi test dovrebbero partire a breve. Il New York Times sarebbe vicino a un'intesa, anche se il ritorno economico non appare ancora chiaro.
"Stiamo lavorando sulla monetizzazione dei contenuti attraverso la pubblicità - afferma Mitchell -, in particolare dei video. Abbiamo già fatto dei test con la National Football League. In ogni modo anche la sola condivisione dei contenuti genera guadagni". Il futuro è nei video (ogni giorno ne vengono visualizzati su Fb 3 miliardi e la previsione è di una crescita di 14 volte della loro diffusione tra il 2013 e il 2018) e nel mobile (l'accesso con Android ha già superato quello da desktop e presto lo faranno anche gli iPhone). "Per questo - spiega Mitchell - stiamo lavorando molto sulla velocità della fruizione delle notizie". Il tempo di attesa per aprire le news su un altro sito è stimato intorno a 8 secondi: ancora troppo per il team di Fb. L'obiettivo è avere sempre più contenuti direttamente sulla piattaforma, personalizzandone la fruizione. Attraverso il sistema 'news feed', che capta automaticamente i gusti degli utenti, si può aver un proprio giornale online su misura, con contenuti già selezionati alla radice. Con tutti i rischi legati al possibile controllo dell'informazione e dell'opinione pubblica. "Noi non controlliamo nulla - assicura Mitchell -, raccogliamo solo i segnali che ci arrivano dalla rete per dare esperienze superpersonalizzate". Con gli ultimi sviluppi, il motto di Facebook è cambiato da 'Muoviti veloce e rompi le cose' a 'Muoviti veloce e costruisci le cose'. "Abbiamo di fronte persone, non utenti - dice Mitchell da perfetto uomo del marketing made in Usa -. Vogliamo che ognuno abbia ciò che realmente desidera".