La Germania, che ha accolto un milione di profughi, "ce la fa", perché l'identità del Paese è "nelle grandi sfide". Fiducia e inclusione sociale hanno mosso Konrad Adenauer, Ludwig Erhard ed Helmut Kohl. E oggi la Cdu non può tradire questo patrimonio politico e la sua stessa matrice cristiana, negando il diritto d'asilo. Dopo l'olocausto, la missione tedesca è "costruire ponti". Angela Merkel pronuncia il discorso più forte della sua carriera, e l'effetto è immediato.
Toni e parole rafforzano la sua leadership. Invece di essere scalzata dai conservatori, come si temeva andando incontro al difficile congresso di Karlsruhe, la cancelliera, da mesi in difficoltà a causa del fuoco amico, ha travolto il partito. Quella Cdu divisa dai profughi, e irritata dalla cosiddetta "retorica dell'invito", dagli azzardi della "cultura del benvenuto", le ha tributato ben 10 minuti di applausi, fra volti commossi, e grida di giubilo. E in serata arriva una votazione che non lascia dubbi: la mozione del presidio, che prevede la riduzione dei migranti, ma non il "tetto limite" invocato da più parti, passa con soli due voti contrari e qualche astensione. Un plebiscito.
"Il boss è tornato", sentenzia per tutti la Sueddeutsche Zeitung on line. Mentre la Frankfurter Allgemeine Zeitung, voce dell'anima conservatrice del Paese, deve convenire: "A Merkel la Cdu non ha alternative". "I migranti dovranno diminuire, perché questo è nell'interesse di tutti. Della Germania, dell'Europa e degli stessi profughi. Perché ricordiamoci che nessuno lascia a cuor leggero il proprio Paese. Ma la Germania fa fronte alle sue responsabilità umanitarie e chi ha diritto all'asilo otterrà protezione", ha affermato in termini inequivocabili la Bundeskanzlerin. La decisione del 5 settembre di aprire le frontiere per l'emergenza ungherese, ha aggiunto replicando direttamente a chi l'ha accusata d'aver commesso un errore, "è stata né più né meno che un imperativo umanitario". Merkel non ha affrontato però soltanto il tema della gestione dell'esodo - "la prova storica che vorremmo l'Europa superasse" - coi riferimenti al "ruolo chiave della Turchia" e un passaggio energico sulle aspettative verso Grecia e Italia: "devono fare hotspots che registrino e distribuiscano i migranti. Combattiamo per ottenere questo insieme a molti altri". La cancelliera ha posto in modo limpido e fermo una questione di senso al suo partito, a partire dall'ispirazione cristiana fondativa, che spinge a credere che "ogni uomo abbia la dignità che le è data da Dio". Partendo da questo principio, deve discendere la condotta coi profughi: "Da noi non arrivano masse, ma singole persone". Quindi ha stanato le paure dei tedeschi: "Dietro lo scetticismo c'è di più delle riserve di tipo giuridico o logistico. C'è la domanda su come cambia il nostro Paese. Che effetti ci saranno su di noi? Quanto saremo in grado di determinare il cambiamento". Ma l'isolamento "non può essere una opzione ragionevole", ha risposto. "Viviamo un aspetto della globalizzazione: gli effetti della guerra, del terrore e della povertà", che arrivano "davanti alle nostre porte". Quindi ha posto quell'implicita questione di fiducia, tornando al suo slogan: "Ho detto che ce la facciamo. ed è esploso un dibattito su come io abbia potuto dirlo. L'ho detto perché appartiene all'identità del nostro paese affrontare grandi sfide".
"Adenauer non ha detto 'scegliamo un po' di libertà', ha detto 'scegliamo la libertà'. Erhard non ha detto 'benessere per quasi tutti', ha detto 'benessere per tutti'. Kohl non ha detto 'paesaggi fioriti' per un paio di laender dell'est, ma 'paesaggi fioriti' per tutte le regioni dell'ex DDR". E l'assemblea dei 1000 delegati cristiano democratici le ha restituito lo scettro, almeno per ora. (ANSA)