Matteo Renzi avrebbe deciso: il referendum istituzionale sarà quasi certamente il 27 novembre. Frenando il pressing di alcuni dei suoi, che spingevano per votare il prima possibile, e ascoltando la moral suasion di vari interlocutori istituzionali, Colle incluso, per mettere prima in sicurezza la legge di bilancio in almeno una delle due Camere, il premier, nel consiglio dei ministri del 26 settembre, fisserà la data attesa dai due fronti per dare il via alla battaglia sulla Costituzione. Indicando nel 26 settembre la riunione del consiglio dei ministri, il premier ha di fatto ristretto la forbice dei giorni, con l'obiettivo di stoppare il tormentone su quando si voterà. Secondo la legge, infatti, il decreto che indice il referendum indica un tempo tra i 50 e 70 giorni per fissare le urne. Le domeniche possibili, calendario alla mano, sono il 20, il 27 novembre ed il 4 dicembre. Ma, secondo quanto riferiscono più fonti parlamentari, si è già deciso per il 27. La data del referendum, però, non è solo un rovello per addetti ai lavori. Perchè incrocia un altro verdetto molto atteso dalla politica: il pronunciamento della Corte Costituzionale sui ricorsi contro l'Italicum. La data dell'udienza è fissata il 4 dicembre e, a quanto si apprende, dovrebbe essere confermata. Il governo si guarda bene dal lasciar trapelare qualsiasi desiderata che potrebbe apparire come un'ingerenza nelle scelte dei giudici. Ma fonti di maggioranza osservano la sensatezza delle tesi del 'partito del rinvio' della decisione a dopo il referendum. "L'Italicum è un sistema pensato con una sola Camera legiferante, quindi i ricorsi sarebbero ammissibili e valutabili dopo il referendum che ridisegna il bicameralismo e quindi rende applicabile la legge elettorale", spiega un dirigente dem.
Lorenzin, fondo Sanità a 113 mld e tagli solo gossip -Minaccia di nuovi tagli alla Sanità con la prossima legge di Bilancio. L'ipotesi, circolata nelle ultime ore, è stata però smentita dal ministro della Salute Beatrice Lorezin, la quale ha affermato che il Fondo sanitario nazionale per il 2017 è fissato a 113 miliardi, ovvero 2 miliardi in più rispetto al 2016, e le voci di tagli sono solo ''gossip''. A rassicurare è anche il premier Matteo Renzi ma, in attesa di una conferma 'nero su bianco', Regioni e sindacati medici levano gli scudi: con ulteriori tagli, avvertono, sarebbe ''la fine della sanità pubblica''. In gioco, infatti, vi sono partite importanti ed ancora aperte, a partire dall'applicazione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) appena varati - ovvero le cure garantite ai cittadini - oltre alla stabilizzazione del personale sanitario più volte indicata come una priorità dallo stesso ministro. Le ipotesi di tagli, ha affermato Lorenzin, ''sono solo indiscrezioni, gossip, che ho letto con interesse, ma nessuno mi ha parlato di tagli al Fondo sanitario e le parole odierne di Renzi mi rassicurano, come tutti gli italiani, che abbiamo obiettivi comuni per il 2017: garantire i nuovi farmaci antitumorali, rifinanziare il fondo per i farmaci anti-epatite C e rispondere al fabbisogno per il personale, stabilizzare il precariato e sbloccare il turn over. Il fondo sanitario è fissato a 113 miliardi''. Ed infatti lo stesso premier, stamani, ha precisato che ''i fondi alla sanità nel 2017 continueranno a crescere.
Ad accendere le polemiche anche l'ipotesi di una tassa sulle sigarette per garantire, tra l'altro, la sostenibilità della spesa per i farmaci innovativi ad alto costo. Un'idea lanciata un anno fa dall'Associazione degli oncologi italiani Aiom ed appoggiata da Lorenzin perchè ''valutata condivisibile dal punto di vista scientifico'' anche se, ha detto, ''la scelta di questa misura, di cui si parla per compensare gli eventuali tagli alla sanità, competerebbe tuttavia ad altri''. Renzi, però, precisa: ''Non ci sarà alcun intervento sui pacchetti di sigarette''. Ma la sola ipotesi di nuovi tagli ha già provocato la dura reazione delle Regioni. Critico anche il Movimento 5 Stelle, mentre i sindacati dei camici bianchi si dicono pronti alla mobilitazione.