Le nuove misure della manovra potrebbero pesare su partite Iva e famiglie. Almeno secondo quanto sostiene un'analisi pubblicata da Repubblica dopo l'arrivo del Def. Una tesi contestata, però, da M5s che parla di 'fake news' e di notizie comunque precoci tacciando la stampa di creare il panico.
LE STIME SU PARTITE IVA E DETRAZIONI - Il Def appena approvato dal governo mantiene invariata nella sostanza la pressione fiscale in Italia e - se prevede uno sconto alla piccole partite Iva, quindi ai lavoratori autonomi e professionisti con minore fatturato - introduce minori detrazioni per le famiglie e maggiore tassazione per 3,2 milioni di imprese: in particolare, su chi fattura più di 65mila euro. Lo sostiene un'analisi pubblicata da 'La Repubblica', secondo cui sarà difficile scongiurare un aumento del rapporto deficit-pil nel 2020 e 2021 al contrario di quanto previsto dall'esecutivo a causa di una crescita che difficilmente sarà delle dimensioni indicate nella nota di aggiornamento al Def. I margini per portare a casa la rivoluzione fiscale promessa con la flat tax "sono stati erosi dalla maggiore spesa previdenziale e assistenziale, ovvero da 'quota 100' e reddito di cittadinanza", scrive il quotidiano. In realtà, secondo Repubblica, anche la riduzione dell'imposizione per i piccoli "è un bluff", in quanto da una parte "mette due miliardi tra aliquota piatta al 15% e mini-Ires; dall'altra ne toglie tre abolendo Iri (imposta sul reddito imprenditoriale) e Ace (aiuto alla crescita economica che consente di portare in deduzione del reddito netto una quota degli utili reinvestiti), misure di vantaggio fiscale per professionisti e imprese". La flat tax al 15% esiste già per un milione di pmi, aver fissato la soglia per usufruirne a 65mila euro annui esclude di fatto dai benefici 2 milioni di partite Iva, afferma sul quotidiano di largo Fochetti Enrico Zanetti - commercialista, ex segretario di Scelta Civica ed ex viceministro all'Economia del governo Renzi - penalizzate dal fatto che non entrerà in vigore l'Iri al 24% ma resterà l'Irpef per scaglioni di reddito. Secondo Massimo Miani, presidente dei commercialisti, circa un milione e 200mila persone saranno penalizzate dall'abolizione dell'Ace. "per riassumere - si legge sempre sul quotidiano - nel 2019 circa 3,2 milioni tra partite Iva e imprese piccole e grandi pagheranno un miliardo di tasse in più. E il conto potrebbe salire se il governo decidesse di aumentare gli acconti sulle imposte dovuti da professionisti e aziende. Un'arma spuntata perché lo Stato incassa di più in un anno meno quello dopo". Per le famiglie poi i pericoli arrivano dall'aumento dello spread e dalle possibili ripercussioni provocate su di loro dalle misure per le banche che la prossima legge di Bilancio potrebbe prevedere: deducibilità degli interessi passivi dal 100% all'86% e svalutazioni diluite su più anni. Inoltre - conclude l'analisi di Repubblica - "il governo non è ancora entrato nei dettagli, ma nell'allegato al Def scrive di voler procedere ad un taglio delle detrazioni e delle deduzioni fiscali in attesa della riforma dell'Irpef".
LA REPLICA M5S - "La stampa dovrebbe informare i cittadini e non creare il panico. Su La Repubblica si fanno stime apocalittiche sulle tasse italiane, si generalizza e si fanno previsioni troppo precoci", afferma Alessandro Amitrano, deputato del M5s. "Non si dovrebbero terrorizzare le famiglie con delle semplici supposizioni - continua Amitrano - ed è paradossale che a fare queste considerazioni sul giornale siano esponenti dei vecchi esecutivi, come Enrico Zanetti, governi che hanno sempre appoggiato gli interessi delle banche". "Anche oggi il quotidiano La Repubblica apre con una bella notizia falsa in prima pagina. Pur di prestarsi ad una opposizione strumentale il quotidiano filo-piddino non si fa scrupoli nel pubblicare notizie prive di fondamento. Dove sono finiti l'etica professionale e il rispetto per i lettori?", attacca in una nota anche Francesco Silvestri, vice presidente del gruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera. "Si tratta di un giornale che si comporta in modo scorretto, che pubblica falsità pur di screditare i suoi 'nemici' e che inspiegabilmente non viene richiamato. Chissà se l'Ordine dei giornalisti legge questo quotidiano e ne approva l'etica, ma sta di fatto che ultimamente il giusto nome da attribuire a questo giornale è Fakepubblica", conclude Silvestri.