"Non posso saltare davanti al microfono e spingerlo via...". Anthony Fauci è la massima autorità negli Usa in fatto di malattie infettive, il 'virologo in chief', e a volte davvero strapperebbe quel microfono dalle mani di Donald Trump, pur di non sentire quel che il presidente dice sull'emergenza Covid-19.
Le sue 'faccette' dietro al tycoon durante il quotidiano briefing con la stampa della task force anti-coronavirus della Casa Bianca sono oramai diventate virali: non solo l'espressione di una italianità innata (Fauci è nato a Brooklyn da genitori di origini siciliane e campane) ma spie di una incontenibile frustrazione di fronte alle uscite poco ortodosse del presidente di fronte a una materia così delicata. Da una parte il piglio severo e rigoroso dello scienziato, dell'immunologo che ha fornito contributi fondamentali nel campo della ricerca sull'Aids e altre malattie infettive. Dall'altra i metodi spiccioli e imprevedibili di un presidente da sempre scettico verso la scienza e che punta dritto al messaggio che vuole inviare al suo elettorato, spesso contraddicendo con fatti e parole quello che i 'suoi' medici e scienziati hanno appena spiegato. Così Trump tocca chi gli sta vicino, stringe mani, continua a minimizzare sulla virulenza del virus, lascia intendere su Twitter che è già stufo del 'social distancing', muove accuse alla Cina facendone un capro espiatorio di questa crisi, e parla di un forse improbabile uso dei farmaci per la malaria per curare il coronavirus. Dietro, Fauci, alza gli occhi al cielo, lo guarda storto, storce la bocca: non è facile - ha confessato in una intervista ad una rivista scientifica - apparire davanti al Paese per rappresentare i fatti e la verità quando vengono dette cose che non sono vere e fattuali".