Requisiti, come al tempo di guerra, anche se questa volta la guerra è contro il Covid-19: è accaduto ad alcuni alberghi di Delhi che, fino a tre mesi fa, prima che il virus del Corona li rendesse deserti, erano tra i luoghi più esclusivi della capitale. Cinque hotel a cinque stelle hanno dovuto piegarsi infatti a un'ordinanza del Governatore Kejriwal e trasformarsi, volenti o nolenti, in "padiglioni distaccati" di altrettanti ospedali privati, che gestiranno gli aspetti organizzativi e sanitari, per trattare ammalati di Covid con sintomi leggeri o, comunque, non gravi.
Si va dal centralissimo Taj Mansingh, l'iconico grattacielo nel cuore di Delhi, vicinissimo al quartiere delle Ambasciate, al Surya, meta preferita dei tour operator italiani, allo Sheraton, al Crowne Plaza: hotel famosi per gli ambienti scintillanti, i giardini e le piscine accessibili solo agli ospiti, i ristoranti dai menù internazionali e i saloni delle feste sempre full-booked, con mesi di anticipo. Tutti in fase di ristrutturazione. Un unico dettaglio non cambia: la disponibilità economica degli ospiti, ammessi solo se con solidi conti in banca: le stanze costeranno infatti almeno 130 euro al giorno, per il ricovero e l'assistenza medica minima.
La proprietà del Surya ha fatto ricorso all'Alta Corte di Delhi, sottolineando seri problemi logistici, dall'igenizzazione degli arredi, all'aria condizionata, dalla pulizia al trattamento dei rifiuti, al design dei bagni. Il gruppo Tata, proprietario del Taj Mansingh, ha obiettato che nell'hotel c'erano lavori in corso, già avviati durante il lockdown. Tutto inutile: il tribunale ha dato ragione a Kejriwal che, dopo avere requisito gli hotel, sta trasformando decine di sale per banchetti in spazi di accoglienza per la quarantena. Una foto di tre giorni fa lo mostra, in riunione, nella hall del Surya: niente trolley o valigie, solo mascherine, in attesa che, nelle centoventi stanze inizi il viavai di infermieri, medici, termometri e bombole d'ossigeno.