L'omicidio di un altro afroamericano da parte di una guardia privata di un motel a Tulsa, dove Donald Trump ha teunto il suo primo comizio post pandemia, riaccende il dibattito sul razzismo e sull'abuso della forza.
La vittima è il 36enne Carlos Carson: si era andato a lamentare della sua auto vandalizzata col gestore del motel e poi con la guardia (bianca) Christopher Straigh. Ma quest'ultimo, quando è uscito, prima ha usato contro di lui lo spray urticante e poi, quando ha reagito, gli ha sparato alla testa.
L'episodio risale al 6 giugno ma solo ora ne sono emerse le esatte circostanze, come rivela il Washington Post, che ha esaminato le immagini della videosorveglianza.
Quando Carson, padre di tre figli, è uscito dal motel con una tazza di caffè in mano, Straigh ha causato quello che la polizia ha poi definito un attacco ingiustificato. Ora è accusato di omicidio premeditato.
L'uomo, 53 anni anni, è un ex sergente e un ex agente penitenziario del carcere della contea di Tulsa, dove ha subito varie accuse di cattiva condotta, anche per discriminazione razziale. Dopo quattro indagini interne fu degradato e mandato in pensione nel 2018, diventando poi una guardia di sicurezza. Era stato successivamente licenziato dalla compagnia che lo aveva assunto e indagato dalla polizia di Tulsa mentre lavorava per un'altra società, con l'accusa di aver usato spray urticante in un attacco gratuito contro una donna afroamericana, solo poche settimane prima dell'uccisione di Carson.
Uno dei problemi evidenziati dalla tragedia è che il settore della sicurezza privata gode di un potere simile a quello delle forze dell'ordine ma con minore controllo. In alcuni Stati come l'Oklahoma, le guardie armate non devono segnalare l'uso della forza a meno che non implichi l'uso di armi, il loro passato nelle forze dell'ordine non è passato al setaccio e possono conservare il lavoro anche dopo accuse per crimini gravi.