Il 20 e 21 settembre si voterà anche per il referendum sul taglio dei parlamentari.
Il quesito - fissato in precedenza per il 29 marzo scorso e posticipato per l’insorgere dell’emergenza Covid - è stato indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale su 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari'.
Quello di settembre rappresenta il quarto referendum di tipo confermativo nella storia della Repubblica e non prevede il raggiungimento di un quorum per essere valido e quindi vincerà il 'Si' o il 'No' nelle percentuali che usciranno dallo scrutinio dei voti.
Il testo oggetto del quesito ha avuto il via libera definitivo da Montecitorio l'8 ottobre 2019 e prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato. La legge di revisione costituzionale è stata approvata in doppia lettura da entrambe le Camere a maggioranza assoluta, secondo quanto previsto dall’ex articolo 138 comma 1 della Costituzione.
Tuttavia, visto che in seconda deliberazione, al Senato (11 luglio 2019), il testo non è stato approvato a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti, un quinto dei senatori (il numero effettivo è stato 71) ha potuto richiedere il referendum confermativo, come stabilisce l'articolo 138, comma 2, della Carta Costituzionale, depositando una richiesta in Cassazione il 10 gennaio scorso.
Nel corso degli anni un ampio numero di costituzionalisti ha condiviso la necessità di ridurre il numero dei parlamentari nei due rami del Parlamento alla luce del varo delle amministrazioni regionali, nel 1970, e del Parlamento europeo, nel 1979, che prevedono degli eletti decisi con scadenze elettorali. Anche per questo in passato, più volte, il Parlamento ha cercato di legiferare - attraverso varie commissioni bicamerali - per favorire una riduzione del numero degli eletti a Montecitorio e a Palazzo Madama.