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Contratti e cuneo, piano salva-salari in due step 

Misure urgenti e strutturali. Salario minimo passa per rinnovi 

Interventi urgenti ma stavolta anche strutturali. Il governo è al lavoro contro i numeri "drammatici" di Inps e Istat sul lavoro povero e agirà in due step: un primo, importante, decreto estivo, in arrivo probabilmente entro la fine di questo mese, e la manovra di bilancio, in cui sarà inserito l'atteso taglio del cuneo fiscale. Mario Draghi ha illustrato le linee guida dell'azione dell'esecutivo ai sindacati ma è voluto intervenire anche in conferenza stampa per assicurare il pieno impegno del governo per fronteggiare la nuova emergenza dovuta agli effetti dell'inflazione. Gli obiettivi sono due: ridurre il carico fiscale sulle buste paga e assicurare i rinnovi contrattuali, magari incentivandoli, perché "non è accettabile" che alcuni contratti siano scaduti da tre anni, se non addirittura da nove. I contratti collettivi sono infatti proprio la chiave di volta che il governo ha identificato per introdurre in Italia il salario minimo europeo.

La versione italiana non sarà un'unica soglia precisa, non quindi la base minima dei 9 euro calcolata dall'Inps e sponsorizzata dal Movimento 5 Stelle. Il punto di partenza sarà la contrattazione, che Draghi definisce "un punto di forza" delle nostre relazioni industriali. L'idea è il Tec, il trattamento economico complessivo, messo a punto dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando: i salari minimi varranno per settore, con l'applicazione dei contratti maggiormente diffusi a tutti i lavoratori dei rispettivi comparti. Allo stesso tempo si punterà ad utilizzare delle "forme di sgravio" come stimolo alla qualità del lavoro e dei meccanisimi di premialità per sostenere la chiusura dei contratti non ancora rinnovati, considerando che tra i 6 e gli 8 milioni di lavoratori si trovano oggi in mano un contratto scaduto. Le proposte sono state portate al tavolo con i sindacati, sono state in gran parte condivise, quanto meno nelle intenzioni, ma non sono comunque state giudicate del tutte prive di problematicità. Ad evidenziarle è innanzitutto la Cgil, favorevole al meccanismo dell'estensione dei contratti maggiormente rappresentativi, purché accompagnato da una legge sulla rappresentanza. Il timore è che il sistema possa infatti scadere nell'arbitrarietà, di fronte ai circa 1.000 contratti depositati al Cnel, di cui però solo 200 effettivamente firmati dalle organizzazioni datoriali e sindacali più rappresentative. Sui meccanismi di premialità per i rinnovi mancano inoltre ancora i dettagli, anche se protrebbe trattarsi della detassazione degli incrementi salariali di cui si è parlato negli ultimi mesi.

Cgil, Cisl e Uil ne discuteranno ancora in nuovo tavolo che sarà convocato l'ultima settimana di luglio con l'obiettivo di anticipare il più possibile le misure e il quadro normativo necessario a dare una spinta e a tutelare gli stipendi. Il contenitore potrebbe già quindi essere il prossimo "corposo" decreto in cui, senza nuovo scostamento ma basandosi esclusivamente sugli spazi di finanza pubblica disponibili, saranno rinnovati anche gli interventi contro il caro-energia, dalle bollette al taglio delle accise (che potrebbe però arrivare anche tramite decreto ministeriale). I sindacati saranno poi coinvolti anche in altri tavoli, probabilmente di natura ministeriale e ancora da definire nel calendario, su energia e industria, con un occhio particolare alla trasformazione di automotive e acciaio, sul Pnrr, sul precariato e sulla legge di bilancio. E' proprio nella manovra infatti che dovrebbe trovare spazio il taglio del cuneo fiscale: anche in questo caso una misura strutturale, sicuramente più ampia dell'esonero contributivo varato per quest'anno per i redditi fino a 35.000 euro, costato alle casse dello Stato 1,5 miliardi. Le cifre di cui si ragiona sono stavolta decisamente più alte: Confindustria chiede 16 miliardi, i sindacati almeno una mensilità, quindi 100-150 euro al mese equivalenti a circa 10 miliardi. I conti saranno fatti nella Nota al Def ed è difficile ora fare previsioni, ma perché l'intervento possa essere percettibile per le tasche degli italiani non potrà essere inferiore ai 5-6 miliardi.

Uniti sui temi, seppur con qualche sfumatura, ma diversi nei toni. Si potrebbe sintetizzare così il fronte sindacale che esce da Palazzo Chigi dopo il confronto con il governo. Tagliare il cuneo fiscale per sostenere il potere d'acquisto dei lavoratori, eroso dall'inflazione, rivalutare le pensioni, detassare gli aumenti contrattuali e la contrattazione di secondo livello, tassare maggiormente gli extraprofitti, combattere la precarietà: i temi sono condivisi ma c'è chi vede un passo in avanti e chi invece, come il leader Cgil Maurizio Landini, non abbassa la guardia e vede un bicchiere ancora mezzo vuoto, senza cifre e con misure ancora da attendere. Cgil, Cisl e Uil convergono su larga parte dei temi e sulle tempistiche, avvertendo l'esecutivo che non si può attendere la prossima legge di stabilità: occorre agire subito, anche con uno scostamento di bilancio. Ciascuno, però, mantiene la propria chiave di lettura e il proprio approccio. Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, parla di incontro "positivo, potenzialmente decisivo" in vista di un provvedimento prima della pausa estiva. Il tono del leader della Cgil, Maurizio Landini, è sicuramente il più duro, pur riconoscendo passi avanti "sul piano del metodo", con l'esecutivo disposto ad aprire tavoli di confronto sui principali temi. E non risparmia una bacchettata nel merito: "Per ora non abbiamo risposte, non ci sono risultati, non ci sono stati fatti numeri".

Più cauto il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, che però non manca di incalzare il governo sui tavoli già aperti e non più chiusi: "Lavoro, riforma fiscale, riforma del welfare e delle pensioni. Su quei tavoli abbiamo chiesto di riprendere il confronto" afferma Bombardieri e affonda: "Basta bonus, servono interventi strutturali". C'è poi il grande tema del salario minimo ed è qui che sembra emergere qualche sfumatura. Sbarra si dice "preoccupato della prospettiva di una regolazione per legge del salario" perché "darebbe la stura a molte aziende a uscire dall'applicazione dei contratti e a schiacciarsi sul rispetto rigoroso della legge sul salario minimo". Aprono invece alla proposta del ministro del Lavoro Orlando Cgil e Uil. Proposta che, a ben vedere, prevede la definizione di un salario minimo per legge, in ogni comparto, usando proprio come riferimento i contratti più diffusi o firmati delle organizzazioni maggiormente rappresentative.

Intanto si ritorna a discutere di patto sociale, tema rilanciato in conferenza stampa dal presidente del Consiglio Mario Draghi, che trova favorevole il leader di Confindustria, Carlo Bonomi, circa la "necessità di un grande patto che unisca insieme la complessa transizione di essenziali filiere industriali e la necessità di preservare il potere d'acquisto di lavoratori". Di patto sociale, dopo il congresso di maggio, ha parlato stamani anche il leader Cisl Sbarra, ma è qui che Cgil e Uil storcono il naso. Per il segretario Uil Bombardieri serve parlare "di contenuti non di contenitori. Noi siamo perché i soldi del cuneo fiscale vadano tutti ai lavoratori: Bonomi è d'accordo?", ha dichiarato nei giorni scorsi. Sulla stessa linea il leader della Cgil Landini che sul taglio del cuneo è irremovibile: "Vada tutto ai lavoratori", sostiene, chiedendo anche una tassazione degli extraprofitti del 100%.

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