Passa la fiducia al premier Draghi in Senato, ma con soli 95 voti favorevoli: il risultato più basso che il governo ha ottenuto in questa legislatura. Un numero esiguo per proseguire il cammino del governo.
Il presidente del Consiglio annuncerà nell'aula della Camera, all'inizio della discussione generale, la propria intenzione di andare a dimettersi al Quirinale. La seduta è convocata per le ore 9:00.
GOVERNO AL CAPOLINEA
Mario Draghi non ha più la maggioranza. Alla fine di una giornata "di follia", come la riassume il segretario del Pd Enrico Letta, il non voto in Senato da parte non solo del Movimento 5 Stelle ma anche del "centrodestra di governo", come hanno continuato a definirsi fino all'ultimo Lega e Forza Italia, certifica la fine delle larghissime intese. Non c'è più quella unità nazionale che, nelle parole del premier in Aula, garantiva "legittimità democratica ed efficacia" all'esecutivo. La fiducia, tecnicamente, Draghi la incassa comunque da parte di Pd, Leu Ipf, il centro di Toti. Ma ottiene solo 95 sì. Un dato che lo porterà ad annunciare le dimissioni all'inizio del dibattitto sulla fiducia alla Camera per poi salire in giornata al Quirinale. Non sono bastati, insomma, i 5 giorni di decantazione che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva imposto al premier prima di rendere definitive le dimissioni, annunciate perché era venuto meno quel "patto di fiducia" che Draghi ha riproposto al Parlamento. Ma con toni e modi che hanno fatto infuriare soprattutto la Lega, poi tutto il centrodestra, riunito a Villa Grande. Ma anche i 5 Stelle, per "l'atteggiamento sprezzante", come lo definisce Giuseppe Conte, silente per tutto il giorno, ma che a sera sbotta: "siamo stati messi alla porta". "Noi ci siamo" ma "con una nuova maggioranza e un nuovo governo", con i 5S fuori, tuona nell'emiciclo di Palazzo Madama il capogruppo leghista Massimiliano Romeo. Una posizione dura, su cui Lega e Fi arrivano unite in Aula, anche se gli smottamenti iniziano subito dopo, con l'addio, che fa rumore, di Mariastella Gelmini al suo partito . La condizione posta dal centrodestra, si guardano intanto sconsolati alcuni ministri, è "irricevibile" per Draghi.
L'ULTIMO TENTATIVO DI MATTARELLA - Un ultimo tentativo con la consapevolezza che il quadro politico fosse ormai lacerato tra un centrodestra già ebbro di vittoria alle prossime elezioni e un Movimento Cinque Stelle in preda a rigurgiti di populismo e venti di scissione. Sergio Mattarella, come ogni presidente della Repubblica, ha fatto il possibile per evitare la fine traumatica della legislatura ed anche di un governo, quello guidato da Mario Draghi, da lui voluto per guidare il Paese tra Covid e guerra e gestire il difficilissimo percorso della messa a terra del Pnrr. Non a caso aveva rifiutato la settimana scorsa le dimissioni del premier: si vedeva ancora un pertugio da allargare, un viottolo da percorrere. E non è stato facile neanche per il capo dello Stato convincere l'ex Governatore della Bce a riflettere, meditare, provarci ancora. Un lavoro ai fianchi, è stato definito, che ha portato tempo per consegnare al premier la pancia del Paese, cioè quel mondo reale di cittadini e associazioni che lo hanno invitato, a volte pregato, a rimanere a palazzo Chigi. Non è bastato. Mattarella è stato costretto a prendere il telefono per un ultimo chiarimento con i leader delle forze politiche in colloqui che, viene riferito, si sono sviluppati a metà tra un'esplorazione delle residue possibilità in campo e una preparazione del dopo Draghi. Perchè il Quirinale era pronto da tempo all'evento traumatico.
MELONI ESULTA
"Mi ricordo quando tutti mi guardavano dall'alto in basso perchè non capivo niente di politica, che stavamo tornando in una fogna. Dopo un anno si è visto chi capisce le dinamiche della nostra democrazia". Giorgia Meloni risponde con un leggero sogghigno e l'espressione soddisfatta a chi le chiede se la travolgente giornata che si è consumata al Senato sia anche una vittoria di Fratelli d'Italia. Sono le 20:00 ed è appena arrivata alla festa organizzata dalla federazione romana del partito, a piazza Vittorio Emanuele II. Prima di lei sono già intervenuti sul palco il capogruppo a Montecitorio, Francesco Lollobrigida ("sì oggi sono contento") e il vice presidente della Camera Fabio Rampelli ("nel centro destra siamo noi adesso il partito da abbattere!"). Meloni non si sbilancia con i cronisti, il suo breve intervento dal palco è in linea con le uscite degli ultimi giorni, non canta vittoria, ma è lei a raccogliere i frutti migliori oggi. La sua battaglia contro la sopravvivenza del Governo la combatte fuori dall'aula di Palazzo Madama, picconando dal mattino il partito della continuità e l'unica persona in grado di condurlo avanti, il premier Mario Draghi: "Arriva in Parlamento e di fatto pretende pieni poteri, sostenendo che glielo hanno chiesto gli italiani", scrive su Facebook commentando il discorso dai banchi del presidente del Consiglio E' Draghi in persona nel suo secondo intervento a risponderle: "Voi decidete. Niente richieste di pieni poteri". Poi, mentre a Villa Grande Berlusconi, Salvini, Giorgetti, Lupi e l'alta rappresentanza del centro destra di governo decidono di staccare la spina all'ex banchiere europeo, sparisce per qualche ora e lascia ai suoi in Senato il compito di portare avanti il confronto parlamentare. Con gli alleati di centro destra parla a distanza e rimane aggiornata. Al termine del voto arriva la telefonata col Cavaliere. Quando sale sul palco della festa di Fdi la prima cosa che le viene da dire è che è stata "una giornata complessa", ma poi parte subito con il suo mantra: "Nelle democrazie occidentali la volontà dei cittadini si manifesta con un voto libero e segreto, le parate le fanno nei regimi", lanciando un'altra stoccata a Draghi. L'intervento è breve, Meloni dice di dover scappare dato il momento particolare. Oggi per lei si apre una nuova fase, che potrebbe riportarla al Governo: "Io ho le mie idee su come vada governata questa nazione". Ma una cosa è certa si sente la vera vincitrice di questa partita e non lo nasconde quando dice scappando dai giornalisti: "la storia ci ha dato ragione".
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