(di Stefano Intreccialagli)
Ancora una volta sono i civili a fare
le spese della guerra riesplosa in Siria, intrappolati come in
un limbo di morte e caos mentre gli schieramenti si danno
battaglia attorno ad Aleppo, dalla quale per il momento sembra
praticamente impossibile uscire nonostante gli sforzi umanitari
portati avanti dai Paesi occidentali - Italia compresa - sotto
l'ombrello dell'Onu.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani assicura che da Roma
e dall'ambasciata a Damasco si segue "minuto per minuto la
situazione dei nostri connazionali", esprimendo in mattinata un
"moderato ottimismo" su un epilogo positivo per i 120 italiani e
italo-siriani in città, un piccolo gruppo dei quali è pronto a
partire con un convoglio delle Nazioni Unite diretto a Damasco.
Ma col passare delle ore, si fa concreto il timore che le
violenze costringano i civili a restare, come testimoniato anche
da Davide Chiarot, operatore della Caritas Italiana che vive non
lontano dal centro di Aleppo, nella Comunità del Movimento dei
Focolari: "L'ambasciata francese stava organizzando un convoglio
sperando di uscire da Aleppo ma per oggi non è possibile, sembra
siano in aumento gli scontri nelle aree fuori dalla città", ha
raccontato l'operatore, che si trova in Siria da due anni.
"La preoccupazione maggiore delle persone è quella di far
scorte, non si sa bene cosa può succedere e la gente cerca di
prepararsi portando a casa quello che può", ha raccontato
Chiarot, spiegando che nel quartiere dove vive i servizi come
acqua e luce sono regolari. "Ogni tanto da lontano si sentono
dei colpi, e c'è molta preoccupazione per l'evoluzione della
situazione. Il problema è lasciare Aleppo: l'autostrada che
porta a Damasco è chiusa da giorni e percorrere la strada
alternativa è abbastanza complicato. Si sono create lunghe file
di pullman e auto: normalmente da Aleppo per raggiungere Damasco
ci vogliono 6 ore, in questo momento si può arrivare anche
impiegarne 24".
L'operatore ha confermato gli sforzi dell'ambasciata italiana
a Damasco per far uscire gli italiani che sono rimasti ad
Aleppo. "E' difficile passare dal Nord e andare da Aleppo verso
Damasco, stiamo vedendo con la nostra ambasciata come potere
aiutare i nostri", ha sottolineato il ministro Tajani, ribadendo
il rischio di un "collasso migratorio" che riporta alla memoria
l'esodo record dei rifugiati siriani nel 2015. "Sono molto
preoccupato per quello che sta accadendo in Siria, per le
migliaia di morti che rischiamo di avere ancora. Siamo a livello
di centinaia ma, se scoppia una guerra civile, ci saranno delle
ricadute anche migratorie, così come ci sono state in occasione
della prima guerra civile siriana". In ogni caso, secondo il
vicepremier, i ribelli "hanno fatto sapere che non ci sono
pericoli per i cittadini che non sono combattenti, e in modo
particolare c'è attenzione sugli italiani. Siamo convinti che le
cose per quanto riguarda i nostri cittadini", 300 in totale in
Siria, "possano andare nella giusta direzione".
La speranza è di trasferire il prima possibile i
connazionali, mettendoli in salvo da una guerra che continua a
mietere vittime: da mercoledì oltre 400 persone sono rimaste
uccise negli scontri, 61 i civili accertati.
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