"Nel mondo siamo arrivati a un punto mai visto prima, sono quasi 80 milioni le persone in fuga a livello globale, un numero elevatissimo che rispecchia la realtà attuale: viviamo una serie di conflitti che vanno avanti da decadi, ma anche crisi molto più nuove". In questo panorama, "è responsabilità della comunità internazionale gestire le crisi e risolverle, altrimenti continueremo ogni anno a vedere i numeri alzarsi e a vivere in un mondo sempre più violento e diseguale. Nel frattempo dobbiamo concentrarci sulla solidarietà, e dobbiamo capire che i rifugiati sono vittime, non i responsabili di queste situazioni. Sta a noi dare un futuro a queste persone, che se lo meritano tanto quanto noi". È l'appello lanciato dalla rappresentante Unhcr per l'Italia, la Santa Sede e San Marino, Chiara Cardoletti, in vista della Giornata mondiale del rifugiato in programma il prossimo 20 giugno. Dal rapporto annuale dell'Unhcr Global Trends pubblicato oggi, emerge che ogni anno sempre più persone fuggono da violenze e persecuzioni. I numeri in crescita sono "un trend che ormai va avanti da parecchi anni", ha spiegato Cardoletti in un'intervista all'ANSA. Sono tante le crisi in corso nel mondo, come quelle di Siria, Afghanistan e Yemen che vanno avanti da molti anni, o le emergenze più recenti del Centroamerica o del Venezuela. Una regione particolarmente preoccupante per l'Unhcr è quella del Sahel, dove "negli ultimi sei mesi c'è stata una evoluzione molto grave, un inasprirsi delle violenze tra le comunità e un aumento dell'estremismo", ha spiegato la rappresentante dell'agenzia Onu. "È un conflitto molto violento che sta toccando oltre 3 milioni di persone sfollate e rifugiate, con casi di stupri, violenze, reclutamento di bambini, tutto in una situazione già difficile in questi Paesi, come ad esempio il Burkina Faso dove l'80% delle terre coltivabili sono state distrutte dal cambiamento climatico, e dove ora con Covid-19 abbiamo ancora più paura". In questo panorama di crisi mondiale, la pandemia del coronavirus "non ci voleva. La prima preoccupazione per noi oggi è il contagio: in situazioni di affollamento come i centri per i rifugiati, il contagio è più facile, quindi è necessario accertarsi che tutte queste realtà abbiano le risorse per tenere la situazione sotto controllo. La seconda preoccupazione riguarda il supporto all'integrazione delle persone che arrivano, in un contesto di gravi danni economici. Per Paesi in via di sviluppo, dove l'economia viene chiusa per la pandemia, è necessario capire le possibilità di lavoro per i rifugiati". In ogni caso, Cardoletti sottolinea che "i rifugiati continuano a portare grande voglia di aiutare. In Italia abbiamo visto i volontari rifugiati contribuire alla gestione della pandemia, per la produzione di mascherine, distribuzione di prodotti di prima necessità. Si sono dati da fare, per non essere visti come un peso ma per contribuire alla società. Oggi più che mai bisogna vedere il rifugiato in maniera positiva, guardando quello che può portare". Di fronte ai numeri delle persone in fuga nel mondo, "le sfide continuano a essere tante", e parlare di soluzioni è difficile. "I conflitti continuano, e fino a quando le persone non potranno tornare a casa, ci rimane ben poco da poter fare, se non aiutare le persone nei Paesi di accoglienza". Guardando all'Italia, per l'Unhcr "le più grandi sfide continuano essere gli arrivi e l'integrazione, mantenendo un approccio che vede l'Europa come elemento centrale, un'Europa che sia di aiuto, che sia presente e solidare. Questa per noi è una grande sfida, un'Europa che crei un sistema di gestione degli arrivi comune, e di redistribuzione più equa. Un'altra grande sfida è far capire che la popolazione rifugiata è una grande ricchezza che può essere portata all'Italia, e che tutti possiamo giovarne e lavorare insieme per un'Italia migliore". (ANSA).
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Unhcr