Nemmeno la Libia resta immune dalla rivolta per la libertà nel mondo arabo. E la popolazione scende in piazza e nelle strade di Bengasi, si scontra con la polizia, chiede la liberazione degli attivisti dei diritti umani e non teme gli spari delle forze dell'ordine. Ci sarebbero anche dei morti, forse una decina secondo i siti antigovernativi.
Ma alle manifestazioni contro il regime trentennale di Gheddafi si oppongono quelle filogovernative. Dalla Ue arriva l'appello perché vengano prese nella giusta considerazione "le legittime aspirazioni del popolo". Secondo informazioni concordanti giunte da Bengasi - spesso focolaio di tensioni contro il regime di Gheddafi - a protestare erano in maggior parte famigliari di detenuti uccisi nella repressione di una rivolta nel carcere Abu Slim di Tripoli nel 1996 (oltre mille morti), che chiedevano la liberazione del legale che li rappresenta, Fethi Tarbel, arrestato per "aver diffuso false informazioni", e poi rilasciato dopo poche ore. A questi si sarebbero poi aggiunti altri dimostranti, che, al grido di "Gheddafi vattene", "Libia libera", "Il popolo è stanco della corruzione", hanno innescato l'intervento delle forze di sicurezza.
Ma nello stesso tempo, sia nella capitale che nella stessa Bengasi, ma anche a Sirte, Sebha, Misurata, masse di persone sono scese in strada in un mare di bandiere verdi innalzando fotografie di Gheddafi, per proclamare la loro fedeltà al regime e al suo leader. Da Londra, l'organizzazione per la difesa dei diritti umani Amnesty International si è appellata al governo libico affinché "metta fine alla repressione delle manifestazioni" in corso nel paese nordafricano raggiunto dal movimento di protesta contro i regimi autoritari dell'area.